lunedì 28 dicembre 2020

Dante va alla guerra


Roberto Albanesi è noto nel panorama dell’horror indipendente italiano per i suoi film bizzarri e divertenti, come il dittico Non nuotate in quel fiume 1 e 2. Dante va alla guerra è, nell’ambito della sua produzione, un film decisamente diverso che affronta, da un punto di vista prettamente personale, problematiche esistenziali di carattere universale.

Dante (Stefano Galli) è un giovane piuttosto solitario e incerto sul da farsi, oppresso da una madre che è insieme, appunto, opprimente e assente. Ha perso il padre e sente molto questa mancanza, anche in relazione a quella che ritiene una profonda ingiustizia del destino. Va regolarmente dallo strizzacervelli e prende pastiglie per superare i suoi problemi psicologici. Ignazio Virgilio Fagaroni (Ivan Brusa) - Faga per gli amici che non ha - è un altro giovane solitario, con un fratello spacciatore e un futuro incerto, che crede di trovare in Giorgia, ragazza che ha appena apparentemente mollato il fidanzato che la tradiva, la risposta alle sue domande. I percorsi di Dante e di Ignazio si intrecciano alla ricerca di un avvenire che abbia qualche significato.

Elegia dell’emarginazione, ma anche, alla fine, della capacità e insieme della necessità di andare avanti contro ogni delusione, il film è un viaggio esistenziale alla ricerca di una ragione per vivere senza limitarsi a sopravvivere. C’è una naturale felicità di invenzione che colora spesso la storia con siparietti ironici di buon impatto. Alcune volte le trovate sono meno riuscite, soprattutto quando si abbraccia un tono per così dire felliniano, ma nell’insieme l’apologo è convincente: qualche parte un po’ scontata e qualche momento morto ci sono, quindi, ma l’impatto complessivo è buono. Il film sprigiona sincerità anche quando sembra fermarsi per esprimere i suoi concetti correndo il rischio di essere didascalico.

All’inizio prevalgono i toni ironici e divertenti, nel tratteggio di una vita senza scopo e apparentemente senza qualità, ma poi, mentre il disegno caratteriale e quello complessivo si approfondiscono, i toni si fanno più sommessi, più intimistici, più, se vogliamo, sentimentali, lasciando trasparire come questo film sia qualcosa di importante che l’autore sente di voler condividere, la sua visione del mondo. Tra parti poetiche e parti umoristiche, in una struttura narrativa composita, il film ricorda il cinema pop - libero e selvaggio - degli anni ’60 e questo è un bene. Del resto, le caratteristiche migliori degli horror di Albanesi sono sempre state quelle ironiche e umoristiche.

Il cast, composto in gran parte da fedelissimi di Albanesi, risponde in modo efficace alle necessità, mostrando buone qualità e poche incertezze: su tutti, naturalmente, i due protagonisti: Galli disinvolto e Brusa lunare. Il film dà la misura delle capacità di Albanesi come autore e credo indichi una direzione anche per i futuri sviluppi della sua attività.

Oltre che in dvd, il film è disponibile anche su Amazon Prime ed è senz’altro il caso di vederlo.

venerdì 18 dicembre 2020

Topolino Writers Edition - recensione Ventenni Paperoni


Segnalo con piacere questa bella recensione della Topolino Writers Edition dedicata alle mie storie. La trovate nel sito Ventenni Paperoni a cui potete arrivare anche premendo qui.

martedì 15 dicembre 2020

Dizionario dei film horror - recensione di Luca Ruocco


La nuova edizione del mio Dizionario dei film horror (Bloodbuster) sta affrontando la perigliosa avventura delle librerie da qualche settimana, ormai. In questo contesto, mi fa piacere segnalare una bella recensione che al Dizionario ha fatto Luca Ruocco, che ringrazio per l'attenzione, per il sito Ingenerecinema.com. Chi vuole leggerla può cliccare qui ed essere trasportato proprio lì.

domenica 13 dicembre 2020

Flesh Contagium


Nel 2029, una pandemia ha provocato migliaia di morti portando presto al collasso le strutture sanitarie nei vari stati del mondo. Le grandi case farmaceutiche hanno sprintato per produrre un vaccino che battesse il virus, ma, come si dice in Veneto, el tacon xe sta peso del sbrego. Prodotto in fretta, infatti, il vaccino ha causato effetti collaterali consistenti in orribili mutazioni negli esseri umani. I morti da migliaia sono divenuti milioni e per i sopravvissuti le cose sono state comunque terribili. L’economia ha collassato e sono fioriti regimi militari che hanno istituito gruppi armati denominati “esecutori”, incaricati di eliminare i mutanti. In preda alla fame e alla disperazione, la gente ha cercato rifugio e cibo nelle campagne, ma squadracce di esecutori battono anche quelle alla ricerca di esseri umani da eliminare. Poiché si tratta di un horror indipendente a basso budget, tutto questo ci viene raccontato in dense didascalie per poi concentrarsi sulla fuga di una coppia composta dal cinico Helmut (Lorenzo Lepori) e dall’esile e impaurita Ornella (Shiri Binder), incinta. Cercando rifugio in un casolare che sembrava abbandonato, i due sono vittima di una coppia di coniugi su cui gli effetti delle mutazioni virali si sono già fatti sentire pesantemente. Vera (Simona Vannelli) è diventata una demente cannibale: uccide Helmut e se ne ciba. Suo marito Udolfo (Pio Bisanti) invece cattura Ornella e, mentre le racconta come stanno le cose, la stupra un paio di volte. Udolfo ha una strana escrescenza sulla schiena: in sostanza, è una sorta di esserino dentuto e famelico generato in qualche modo con la moglie. L’esserino si ciba di sangue e l’idea di Udolfo è quella di dargli il sangue di Ornella che, dopo qualche iniziale e comprensibile esitazione, si dichiara disponibile. Ma le cose sono destinate a complicarsi.

Dopo Catacomba e Notte nuda, Lorenzo Lepori scrive (con gli esperti Antonio Tentori e Alex Visani), produce (con Visani e Luca Di Silverio), dirige e interpreta (in un ruolo di supporto) un nuovo horror piccolo, ma sincero. Lo spirito resta quello dei fumettacci horror erotici degli anni ’70 e ’80 cui Lepori aveva già reso omaggio più esplicitamente in Catacomba, uniti alla rivisitazione, forse più che dell’horror, del post-atomico italiano dei medesimi anni con qualche rimando naturalmente anche al romeriano La città verrà distrutta all’alba. Ne consegue una notevole insistenza su gore e frattaglie, sul nudo e sul politicamente scorretto, categoria quest’ultima che in quegli anni non esisteva nemmeno.

La storia è esile, ma con qualche svolta interessante. Il ritmo, pur con qualche cedimento nella fase centrale, è sostenuto. L’ultimo terzo del film vira decisamente verso il delirio, il che, dato il contesto e le finalità, può essere considerato un pregio. La creaturina, direi quasi henenlotteriana, è una mutazione simpatica e introduce un elemento disturbante nel già strano ménage a trois che si instaura tra Udolfo (nome che rimanda a una maestra del gotico d’epoca come Ann Radcliffe), la fragile Ornella e la delirante e affamata virago che è diventata Vera, la moglie di Udolfo. Lo scenario pandemico e apocalittico - piuttosto attuale, direi - è il pretesto per mettere in scena questo rapporto malato e seguirne gli sviluppi, con le complicazioni causate dall’intervento dei cosiddetti esecutori e anche dal sanguinoso distacco della creatura dal suo alveo. Alcune sequenze allucinate sono ben realizzate e l’apprezzabile fotografia di Visani aiuta molto la creazione di atmosfere macabre e suggestive soprattutto nelle scene in interni, con una buona scelta dei colori.

Pio Bisanti e Simona Vannelli, fedelissimi del regista, offrono buone prove, un po’ sopra le righe, ma tutto il film, intenzionalmente, lo è. Shiri Binder ha qualche momento di incertezza, ma il suo ruolo non era facile e lo svolge con impegno e discreti risultati. Il film conferma la vivacità e la personalità dell’approccio di Lepori al genere: forse talvolta eccede in entusiasmo e non sempre riesce a mantenersi focalizzato sul racconto, ma nel complesso ottiene il risultato di rivisitare e riproporre in modo efficace un cinema che era estinto.

giovedì 3 dicembre 2020

L'uomo col cilindro


Le amiche Natalie (Natalie La Torre) e Rosa (Rosa Fariello) stanno lavorando a un progetto fotografico con il quale concorrere per un premio di tremila euro che a loro farebbe molto comodo. Il bando scade tra poco e per migliorare il progetto e renderlo imbattibile servirebbero ulteriori fotografie da scattarsi a Villa Rosa, un grande edificio abbandonato e degradato sul quale girano strane voci e leggende oscure. Natalie e Rosa non si fanno condizionare e si recano nella villa anche se Rosa ha da tempo strani incubi e visioni. E anche se su tutto aleggia la strana figura di un misterioso uomo col cilindro.

Dopo una nutrita filmografia fatta di film di vari generi, Stefano Simone si cimenta con un lungometraggio che, sia pure con le sue particolarità, può essere ascritto al genere horror; genere nel quale Simone aveva iniziato anni fa con il format del cortometraggio. E forse non è un caso che il problema principale del film è che, pur durando all’incirca ottanta minuti, consta di una materia narrativa che sarebbe stata più adatta per un mediometraggio. Questo si traduce in una certa lentezza nel procedere, con l’insistere sulle pause e sui paesaggi (peraltro suggestivi e filmati in modo efficace), a volte contro la tensione che la storia suggerisce. L’ambientazione nella villa diroccata e abbandonata è interessante e riesce a dare il senso di una misteriosa desolazione e della minaccia incombente, anche se l’uomo col cilindro, a livello iconico, non è particolarmente incisivo.

Se il film soffre di un eccesso di dilatazione della storia, qualche buona atmosfera c’è e tutto è giocato sulle attese e sui momenti sospesi. Simone riprende in questo senso i toni del suo mediometraggio Il passaggio segreto, anch’esso interpretato dalle protagoniste di questo film, Natalie La Torre e Rosa Fariello che confermano il loro affiatamento e danno discreta credibilità ai loro personaggi, profondamente radicati nel territorio. La parte conclusiva, sostanzialmente senza parole, almeno prima del sottofinale, è la migliore e la più incisiva anche a livello visuale, con qualche riuscito gioco ottico, così da chiudere in modo efficace un film che avrebbe guadagnato da una maggiore articolazione della vicenda o da una riduzione della durata. Resta, comunque, il fascino di un mistero oscuro dai contorni metafisici ed esistenziali con il quale le ragazze si trovano inaspettatamente a confrontarsi, inermi e attonite. Notevoli, come sempre, le musiche di Luca Auriemma. Buone le prove di Diego Carli e di Antonio Del Nobile nei loro brevi, ma incisivi ruoli. Il film è stato prodotto da Massimo Bezzati, tra l’altro encomiabile organizzatore del festival cinematografico La Selva Nera.

Qui sopra, Natalie La Torre e Rosa Fariello in una scena dal film.

Antebellum

Antebellum è un nuovo horror (più o meno) in uscita su Amazon Prime. Diretto da una coppia di registi esordienti, Gerard Bush e Christopher Renz, punta a spiazzare lo spettatore con un paio di particolari colpi di scena.

Chi vuole leggere la recensione che ho scritto per MYmovies può cliccare qui.

Qui sopra un'immagine dal film con la protagonista Janelle Monáe in evidenza.

lunedì 30 novembre 2020

Topolino Writers Edition - recensione Papersera


Del volume della Topolino Writers Edition uscito recentemente e dedicato alle mie storie disneyane ho già parlato qui.

Segnalo adesso una bella recensione scritta da Manuel Crispo, che ringrazio, e pubblicata sul sito del Papersera, dedicato a tutto quanto è disneyano. Chi vuole leggerla può cliccare qui e andare su quel sito.

venerdì 20 novembre 2020

Il Dizionario dei film horror sul Corriere del Veneto

 


Sul Corriere del Veneto (inserto locale del Corriere della Sera) di oggi compare una mia ampia intervista a cura di Francesco Verni, che ringrazio. L'argomento è naturalmente la nuova edizione del Dizionario dei film horror (edito da Bloodbuster). Chi vuole leggerla comodamente può acquistare il quotidiano (cosa sempre molto utile): qui sopra ne po sto una foto fatta alla meglio con il telefonino.

mercoledì 18 novembre 2020

Frontiers nella Zona Morta


Di Frontiers - Il cinema horror franco-belga degli anni zero (Shatter Edizioni), libro curato da Fabio Zanello e al quale ho partecipato con un breve saggio su Pascal Laugier, si parla nel sito web La Zona Morta con un'intervista di Davide Longoni al curatore e un paio di domande ad alcuni dei collaboratori, tra i quali io. Chi vuole leggere quanto è stato detto può cliccare qui e andare nella Zona Morta, un sito nel quale troverà molte cose interessanti.

martedì 17 novembre 2020

Il Dizionario dei film horror sul gr2!


Segnalo con piacere che nell'edizione delle 10.30 di oggi del gr2 è presente un'intervista fattami dal giornalista della RAI Claudio Marinelli (che ringrazio molto) relativamente alla nuova edizione del Dizionario dei film horror (Bloodbuster). Chi vuole sentire il giornale radio di RAI Radio 2 in questione può andare a questo link e scaricare il podcast (è il secondo della giornata).

domenica 15 novembre 2020

Dizionario dei film horror - Intervista per il Giusy Capone Blog

 


Sempre restando in ambito Dizionario dei film horror (Bloodbuster) segnalo con piacere la bella intervista che mi ha fatto sull'argomento Giusy Capone - che ringrazio - per il suo blog. Chi vuole leggerla può seguire questo link.

Dizionario dei film horror - terza edizione

 

La data ufficiale di uscita della nuova edizione del mio Dizionario dei film horror è il 27 novembre, ma il libro è già in pre-order sui consueti siti online e presso l’editore, Bloodbuster, che dovrebbe averlo disponibile qualche giorno prima rispetto alla data suindicata. Chi è interessato può vedere il filmato di presentazione del libro realizzato in occasione di BookCity, unitamente alla presentazione di un altro interessante libro pubblicato da Bloodbuster (Il gatto nel cervello di Lucio Fulci di Fabio Melelli e Antonio Tentori). La presentazione era moderata da Sara Sagrati e Manuel Cavenaghi, quest’ultimo uno dei due boss di Bloodbuster (l’altro è Daniele Magni).

Dopo nove anni e mezzo, dunque, finalmente arriva la terza edizione che segue quelle edite da Corte del Fontego nel 2007 e nel 2011. La progressione dei numeri è imponente. I film recensiti in questa nuova edizione dovrebbero essere 4129, vale a dire 1107 in più rispetto alla precedente edizione. Il numero complessivo va preso con le molle perché potrei essermi sbagliato a contare (sapete com'è), ma dovrebbe essere piuttosto attendibile. Il numero delle schede in più invece è certo perché deriva da un file numerato in mio possesso. I film introdotti per la prima volta coprono, com’è naturale, la produzione intervenuta dalla fine redazionale della precedente edizione a quella di questa nuova edizione, che è il 31 dicembre 2019. Ma non solo. Infatti, benché la meta sia come sempre quella di “coprire” tutti i film usciti in Italia in qualunque modo (cinema, home video, televisione, piattaforme), va da sé che qualcosa sfugge sempre. Le nuove edizioni sono quindi anche l’occasione per recuperare qualcosa che era sfuggito. Tra i film recuperati posso citare Mania di Polselli, Il medium di Amadio, Riflessi di sangue, Ritorno dalle acque maledette e molti altri ancora, magari ci torneremo su. Completa il dizionario anche una consistente quota di film inediti in Italia. Anche in questo caso non mi sono limitato a inserire film usciti dopo la seconda edizione, ma ho recuperato altri film usciti in precedenza che mi pareva importante ci fossero. Classico esempio sono i Nekromantik di Buttgereit, che con questa edizione fanno il loro ingresso nel Dizionario.

Ma come sempre (e più di sempre, direi) c’è stato un capillare lavoro di aggiornamento delle “veccchie” schede per correggere eventuali errori e aggiornare dati e riferimenti. Inoltre, 66 schede sono state riscritte, talvolta modificando anche il giudizio finale in stellette. È importante, secondo me, questo lavoro di revisione perché consente di dare maggiore precisione, per esempio, alle trame (magari di film che avevo visto in un tempo lontanissimo e quindi la memoria poteva avermi tradito in qualche dettaglio) e per rivedere il giudizio critico. Qualche titolo delle schede modificate? Il mostro e le vergini, L’altra casa ai margini del bosco, Prigionieri dell’eternità, L’ombra del gatto, Primitiv, Il segreto di Mora Tau, Il mistero dell’isola dei gabbiani e via dicendo. Nell’insieme, tutte queste aggiunte, queste correzioni e queste modifiche credo diano alla nuova edizione del Dizionario un valore decisamente superiore a quella della precedente edizione in un cammino di continuo miglioramento che spero non si concluderà qui. Molto, naturalmente, dipenderà dall’accoglienza che avrà questo volume.

 Il libro è acquistabile presso l'editore e presso svariati siti online: per esempio qui, qui e qui. E naturalmente nelle migliori librerie che si qualificano tali proprio perché ce l'hanno.

giovedì 29 ottobre 2020

Topolino Writers Edition


È attualmente in edicola un numero della serie Topolino Writers Edition che per me è molto particolare perché è dedicato alle storie che ho scritto io. Ho partecipato alla scelta delle storie da pubblicare in questa antologia e non è stato un compito facile. Ho scritto varie centinaia di storie. Tante, ma molte meno di quante avrei voluto. Comunque, scegliere tra centinaia di storie è un problema anche perché, come potete immaginare, le mie storie a me sembrano tutte più o meno belle perché, in linea di massima, di ciascuna ricordo la difficoltà e la soddisfazione della creazione. O almeno mi piace pensare che sia così perché in effetti alcune delle storie che ho scritto me le sono totalmente dimenticate al punto che quando mi capita di rileggerle mi sorprendo a pensare che lo ho scritte io. E sì, mi sembrano belle anche quelle che ho dimenticato.

In ogni caso, una scelta doveva essere fatta e una scelta è stata fatta. Come tutte le scelte è opinabile e come tutte le scelte è stata anche figlia delle circostanze. Per esempio, qualcuno potrebbe stupirsi per l’assenza di almeno un Mercoledì di Pippo. In fondo, è la serie per cui sono maggiormente ricordato, se sono ricordato. Ma l’assenza dei Mercoledì di Pippo - avevo pensato a un titolo da inserire e avevo scelto Ali in fiamme - è causata dal fatto che l’intera serie è oggetto di questi tempi di una riproposizione organica in volumi interamente a essa dedicati perciò metterne uno anche qui sarebbe stata una duplicazione che di certo qualcuno avrebbe potuto stigmatizzare. Altre storie che potevano essere selezionate sono state scartate giustamente perché ristampate da poco o in procinto d’essere ristampate. Mi sembra una cosa ragionevole: anche se questo è un volume particolare dedicato a un autore è opportuno evitare sovrapposizioni con altre pubblicazioni e dare ai lettori qualcosa il più possibile appetibile e non ridondante. Inoltre, come ho detto sopra, non è che manchino le storie belle tra quelle che ho scritto io, anzi (di questi tempi dovrei forse inserire un emoticon per segnalare che sono ironico, ma mi auguro che la cosa si colga lo stesso). Perciò, la selezione finale mi sembra ottimale e comunque sono praticamente tutte storie che ho indicato io.

Il volume si apre con una straordinaria prefazione (corredata da una grandiosa caricatura) scritta per l’occasione da Stefano Intini, compagno di mille avventure e fantastico disegnatore. Stavolta dimostra anche di saper scrivere e soprattutto di saper scrivere bene di me, cosa che me lo rende ancora più caro. Io e Stefano abbiamo creato molte storie disneyane che sono tra le mie preferite (un paio sono comprese anche in questo volume), ma abbiamo collaborato anche per altri fumetti spesso (non abbastanza spesso, per quanto mi riguarda) e volentieri: il suo tratto personalissimo mi è sempre piaciuto molto e l’ho sempre trovato adattissimo alle mie sceneggiature. Inoltre, per anni abbiamo giocato a tennis e a calcio balilla insieme finché non ho più retto allo stress fisico (si fa per dire) e lui invece è rimasto perfettamente atletico come un Dorian Gray in stile Schwarzenegger. A conclusione c’è una mia postfazione in cui svolgo alcune considerazioni in generale e sulle storie contenute nel volume. E c’è anche una mia foto recente che è stata scattata nientemeno che da Marco Gervasio a casa di ancor più nientemeno che di Giorgio Cavazzano. Infine, in quarta di copertina ci sono delle belle parole di Davide Catenacci, che ringrazio, come ringrazio Stefano.

Non ripeto le cose che ho scritto nella postfazione che vi invito a leggere nel volume, ma posso spendere qualche altra parola per le storie pubblicate.

Zio Paperone e l’inutile statuetta è un esempio del tipo di storie che mi è sempre piaciuto scrivere e cioè storie che avessero qualche elemento di stranezza e di particolarità pur mantenendosi facilmente leggibili e divertenti. In questo caso, l’idea - non nuova, forse, ma pur sempre interessante - era quella di coinvolgere un po’ tutti (o comunque parecchi) i personaggi del mondo dei paperi mantenendo come filo conduttore un oggetto che passa dall’uno all’altro in modo scorrevole e naturale per arrivare poi a una quadratura narrativa del cerchio. La gradevolezza della storia è naturalmente molto aiutata dai superlativi disegni di Giorgio Cavazzano, maestro supremo dell’accattivante leggibilità.

Topolino e i sogni ricorrenti invece dovrebbe rappresentare un’altra faccia di quella che spero essere la mia versatilità. Ho sempre desiderato non fossilizzarmi su un solo tipo di storia, ma mantenere ampio il ventaglio affrontando vari generi e tematiche. In questo caso, il genere sarebbe in qualche modo lo psycho-thriller in chiave topoliniana. Mi piaceva giocare con il personaggio, renderlo insicuro e avere la possibilità, anche qui, di inserire vari personaggi in modo diverso dal solito, riesumando anche il pirata Orango. Ottimamente disegnata da un valente disneyano come Valerio Held, è una storia che mantiene un certo grado di complessità e mi è piaciuto scrivere.

Paperino e Paperoga allenatori super allenati è una delle mie storie calcistiche preferite. Il calcio è da sempre una delle mie passioni (passione che condivido tra l’altro con Stefano Intini) e scrivere storie calcistiche con i paperi mi ha sempre divertito. Questa, in particolare, mi sembra riuscita e abbastanza scatenata con i cugini che per una volta formano un coriaceo sodalizio e remano tutti dalla stessa parte, purtroppo a bordo di una barca che fa acqua. Il calcio è una miniera di spunti per storie divertenti che, se realizzate bene, possono essere tali (divertenti, cioè) anche per chi il calcio non lo apprezza. L’importante è conoscerlo bene per poterlo rappresentare o deformare in modo credibile. Anche qui i disegni di Giorgio Cavazzano sono un plus inarrivabile.

Quando Ciccio va fare la spesa è uno dei miei classici, se così si può dire. Avevo già provato a rendere Ciccio protagonista assoluto con la storia I sogni di Ciccio, disegnata da Paolo Ongaro. Qui ho perfezionato la formula cercando di sfruttare al meglio le caratteristiche di un personaggio particolare che fa del sonno e delle mangiate pantagrueliche le sue peculiarità (ed è quindi difficile da utilizzare). La formula è venuta piuttosto bene e l’ho riutilizzata più volte per altre storie con Ciccio cercando sempre di apportare le dovute variazioni per non stancare (e non stancarmi io stesso). I disegni di Stefano Intini sono perfetti e valorizzano alla grande situazioni che tendono sempre più all’assurdo per poi rientrare in un’apparente normalità.

Topolino e l’incredibile situazione è una di quelle storie che mi ero dimenticato d’aver scritto. Guardando nel mio database per fare la scelta mi ci sono imbattuto e, vedendo che era disegnata da Enrico Faccini (autore che per inciso è sempre in grado di divertirmi e che trovo assolutamente spassoso anche come sceneggiatore), mi sono incuriosito e sono andato a rileggermela. Quindi l’ho scelta perché mi è piaciuta e mi sono ricordato di quando, ere fa, l’ho scritta. Il divertimento era quello di mettere in difficoltà Topolino in modo che lui, onesto e buono, si ritrovasse a essere ingiustamente sospettato di atti di vandalismo e non trovasse sponda in alcuno dei suoi amici o conoscenti. I disegni di Faccini sono perfettamente in linea con la storia e la valorizzano. Il colpo di scena finale adesso può sembrare un po’ scontato, ma all’epoca della prima uscita era piuttosto buono (e, si sa, a volte bisogna contestualizzare). Inoltre, mi è sempre piaciuta l’ultima vignetta con un Topolino che, in parte, perde la sua bonarietà.

Paperino e il supertraining da concorso è una tipica vicenda in cui Paperino e Paperoga si confrontano in un crescendo distruttivo di detonante assurdità sino a un finale che mi pare simpatico e a un sottofinale che riporta ancor più le cose nella sfera della credibilità. Scrivere queso genere di storie non è facile perché bisogna mantenere un buon ritmo e disseminarle di trovate comiche, ma è anche molto divertente perché ci si può scatenare, soprattutto se si è coadiuvati da un grande come Stefano Intini che riesce a rendere perfettamente espressivi i suoi disegni.

Paperino procuratore sopraffino è un’altra storia calcistica, un po’ diversa. In questo caso affrontavo il fenomeno dei procuratori calcistici che è diventato sempre più preminente nel mondo del calcio, affidandone il ruolo a un Paperino perfettamente a suo agio in un lavoro che gli piace perché gli permette di sfruttare le proprie passioni e le proprie competenze. Ma soprattutto, in questo caso, mi era piaciuto tratteggiare la figura del calciatore che garantisce un gol a partita e solo quello per poi scandagliarne prerogative e superstizioni. Ottimi come sempre i disegni di Alessandro Gottardo, un altro amico con cui ho collaborato spesso anche in ambiti extra disneyani. Da una vignetta di questa storia è tratta la copertina del volume.

Topolino, Pippo e il rubinetto irriducibile è un esempio dei cosiddetti filler (riempitivi), vale a dire storielle corte e comiche che completano gli albi. Sono storie semplici che però permettono di affrontare, in genere, la quotidianità dei personaggi alle prese con le piccole cose della vita, che nel caso di Pippo possono essere strambe e divertenti. Ai disegni un’altra valente disneyana dalla lunga carriera come Maria Luisa Uggetti.

Topolino e la principessa del lago invisibile è la storia più recente tra quelle pubblicate ed è disegnata magistralmente da un altro degli indiscutibili grandi del fumetto disneyano, Massimo De Vita. De Vita ha disegnato diverse delle mie storie - tra cui due delle primissime, Topolino e il ricattatore misterioso e Topolino e il fantomatico ritorno di Macchia Nera - ed è sempre stato un piacere vederle perché è uno di quei disegnatori che aggiunge sempre valore alle storie. Anche in questo caso i suoi disegni sono eccezionali e accompagnano una storia nella quale ho cercato di inserire un colpo di scena finale e di dare una densità narrativa particolare. Paradossalmente, può essere che in questo caso il colpo di scena risulti migliore che al momento della prima pubblicazione.

domenica 25 ottobre 2020

The Turning - La casa del male


 

The Turning - La casa del male è una nuova versione cinematografica del famoso romanzo breve Giro di vite di Henry James. Lo dirige Floria Sigismondi e ne è protagonista Mackenzie Davis.


Chi vuole leggere la recensione che ho scritto per MYmovies può cliccare qui ed essere trasferito proprio lì, su MYmovies.

giovedì 8 ottobre 2020

Bob Dylan and Cinema: la citazione mancante

 

 


L’altro giorno ho segnalato l’intervista che mi ha fatto Marco Zoppas con riferimento al rapporto tra Bob Dylan e il cinema e che, come potete leggere nel post che ho richiamato, è stata pubblicata sia in italiano sia in inglese, grazie all’attenta traduzione di Marco. L’ultima parte dell’intervista si riferisce in particolare alle citazioni cinematografiche che si rinvengono nell’ultimo album di Dylan, il maestoso Rough and Rowdy Ways. Le citazioni sono molte e varie e ho cercato di elencare tutte dopo aver ascoltato con attenzione molte volte il disco. È naturale però che qualcosa poteva essermi sfuggito. E qualcosa in effetti mi era sfuggito. Me ne sono accorto proprio stasera riascoltando per l’ennesima volta False Prophet, un fascinoso bluesaccio contenuto nell’album.

Nell’ultima strofa, infatti, Bob Dylan dice: “Something’s got to give”. Something’s Got to Give è il titolo dell’ultimo film di Marilyn Monroe, che doveva essere diretto dal grande George Cukor e che è rimasto incompleto proprio per l’improvvisa morte dell’attrice. Il riferimento è interessante proprio in considerazione dell’unitarietà dell’album in cui non mancano rimandi interni e in cui è contenuta l’epica Murder Most Foul, dedicata all’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. Di JFK si mormora che Marilyn fosse stata l’amante e proprio la Monroe è espressamente citata in Murder Most Foul rendendo ancora più suggestivo il richiamo proprio al film non realizzato che ha chiuso in modo inquietante e inquieto la sua formidabile carriera di diva per antonomasia.

Va da sé che ho intitolato questo post "la" citazione mancante, ma più correttamente avrei dovuto dire "una" citazione mancante perché è assai probabile che qualcos'altro emergerà e io e Marco cercheremo nel caso di darne conto.

Qui sopra un’immagine dal celeberrimo set di foto scattate da Lawrence Schiller durante la lavorazione di Something’s Got to Give, in cui Marilyn rifulge ancora di un fascino rimasto intaccato dagli anni.

mercoledì 7 ottobre 2020

I mercoledì di Pippo 4

 

È in edicola il quarto volume dedicato ai Mercoledì di Pippo, la serie che ho ideato (su stimolo di Lino Gorlero, come ho più volte raccontato) molti anni fa e che ho scritto per una decina di anni (dal 1992 al 2002, a parte Pippo e il giallo a premi che ho scritto nel 1991 e che è, com’è noto, l’inconsapevole prototipo della serie). Questo quarto volume consta di 208 pagine più le copertine in un grande formato che consente di apprezzare in pieno la qualità dei disegni e contiene ben sette Mercoledì disegnati da cinque disegnatori diversi, con il compianto Giuseppe Dalla Santa a fare la parte del leone con tre episodi.

Gli episodi appartengono alla fase per così dire centrale della vita dei Mercoledì, quando la serie si era consolidata e mi appariva fondamentale l’esigenza, per preservarne la qualità e la vitalità, di trovare varianti stimolanti e ambientazioni sempre diverse.

Ai confini dell’irrealtà, disegnata dal magistrale Silvio Camboni, è il decimo Mercoledì in ordine di scrittura: l’ho scritto nel novembre del 1994 ed è stato pubblicato per la prima volta nel giugno 1996. È un chiaro omaggio sin dal titolo a una serie di telefilm, Ai confini della realtà, che mi aveva assolutamente colpito, quasi forgiato direi, quando l’avevo vista da piccolo, trasmessa dalla RAI in orari in cui non avrei avuto il permesso di guardare la TV. In qualche modo c’ero riuscito lo stesso, anche se solo per alcuni episodi: abbastanza, comunque, da lasciare un ricordo indelebile. Essendo un romanzo di Pippo, peraltro, la vicenda prende solo spunto da una situazione che sarebbe potuta appartenere all’immaginario spiazzante di quei telefilm per poi invece deragliare nell’assurdo pippesco. Una cosa da notare è come cercassi di lavorare, in questo e in altri episodi, anche sulla parte introduttiva, quella in cui Topolino deve affrontare l’incontro con il Pippo narratore, che è sempre stato un momento cruciale da non rendere, possibilmente, ripetitivo.

Il primo scienziato, disegnato dal bravo Giorgio Di Vita, è il quindicesimo Mercoledì in ordine di scrittura: l’ho scritto nel gennaio del 1996 ed è stato pubblicato per la prima volta nel luglio del 1996. È un episodio che mi è sempre sembrato abbastanza simpatico perché affronta, alla maniera di Pippo, un argomento curioso e anche per certi versi cruciale: se è vero che alcune invenzioni fondamentali per l’umanità sono state create in un tempo immemorabile, chi può aver avuto quelle intuizioni geniali? Pippo dà una risposta precisa e si inventa una sorta di scienziato Alfa capace di inventare cose fondamentali come la ruota o il fuoco e spiega anche come mai non si è mai saputo niente di lui. E sempre per quell’esigenza di movimentare anche le parti non cruciali della storia, come il prologo e l’epilogo, c’è un’inconsueta apertura nel finale ad ampliare il parterre che ascolta le storie di Pippo.

Il giallo dei gaillisti, disegnato con l’abituale maestria e precisione da Giuseppe Dalla Santa, è il quattordicesimo Mercoledì in ordine di scrittura: l’ho scritto nel gennaio del 1996 (una settimana prima del Primo scienziato) ed è stato pubblicato per la prima volta nell’agosto del 1996. Qui si ritorna almeno in parte alle atmosfere poliziesche che avevano caratterizzato Pippo e il giallo a premi e che sono particolarmente congeniali, a mio avviso, all’interazione comica tra Pippo e Topolino.

Attraverso lo specchio, che vede l’ottimo ritorno alla serie del suo disegnatore principale, Lino Gorlero, è l’undicesimo Mercoledì in ordine di scrittura: l’ho scritto nel marzo del 1995 ed è stato pubblicato per la prima volta nell’ottobre del 1996. Lo specchio quale mezzo di passaggio tra dimensioni diverse è un elemento simbolico molto interessante e molto usato in vari ambiti. Normale quindi che avesse attirato la mia attenzione quale elemento molto adatto a un Mercoledì nel quale poter giocare ancora di più con i personaggi. La cosa divertente tra l’altro è che quando i Pippo e Topolino del racconto di Pippo incontrano i loro alter ego al di là dello specchio trovano in sostanza i veri personaggi come noi abitualmente li conosciamo. La vicenda mi pare simpatica e consente di ribaltare le personalità anche di diversi comprimari e antagonisti, tra cui in modo particolare Macchia Nera e Gambadilegno.

Motori rombanti, ancora con le ottime matite di Giuseppe Dalla Santa, è il sedicesimo Mercoledì in ordine di scrittura: l’ho scritto nell’aprile del 1996 ed è stato pubblicato nel gennaio del 1997. In questo caso, mi era sembrato interessante affrontare l’ambiente delle corse automobilistiche che fornisce uno sfondo perfetto per una vicenda bizzarra con il cambio in corsa tra i protagonisti del romanzo (ma Topolino se lo aspettava…). Alcune gag - come il cattivo che trama nell’ombra e ne subisce le conseguenze - fanno parte del continuo gioco con le convenzioni narrative.

Invasione dallo spazio, con la new entry nella serie della brava Lara Molinari, è il diciassettesimo Mercoledì in ordine di scrittura: l’ho scritto nell’aprile del 1996 ed è stato pubblicato per la prima volta nel febbraio del 1997. Anche qui ho cercato di movimentare il prologo per differenziarlo, per poi presentare una vicenda piuttosto sfrenata nella quale la predilezione di Pippo per la fantascienza più assurda e per gli alieni trova compimento in un tripudio di bizzarrie.

Il segreto dell’agente segreto, di nuovo disegnato da Giuseppe Dalla Santa, è il ventesimo Mercoledì in ordine di scrittura: l’ho scritto nell’aprile del 1997 ed è stato pubblicato per la prima volta nell’ottobre del 1997. Ho affrontato qui un genere, quello spionistico, che spesso contiene in se stesso elementi di auto parodia ed è quindi più difficile da parodiare. Ho cercato di farlo in modo simpatico, esagerando certe caratteristiche e dando a Topolino e Pippo lo spazio per un’interazione comica adeguata, ponendoli di fronte a un super cattivo dagli scopi paradossali.

Inutile dire che per me è stato un grande divertimento scrivere queste storie e devo dire che l’occasione della ripubblicazione organica me le ha fatte rileggere con piacere: alcune non me le ricordavo proprio e devo dire che tutto sommato reggono bene anche adesso. Ma io sono piuttosto di parte, devo ammetterlo.

domenica 4 ottobre 2020

Bob Dylan and cinema

 

L'intervista che Marco Zoppas, dylanologo di chiara fama, mi ha fatto con riferimento al rapporto tra Bob Dylan e il cinema e di cui ho già parlato qui si è adesso arricchita con un aggiornamento all'ultimo disco di Bob Dylan, il celebrato e bellissimo Rough and Rowdy Ways, che colpevolmente non ho recensito, ma ho ascoltato parecchio e con piacere.

Marco Zoppas non solo ha realizzato l'intervista aggiornata, ma ne ha anche curato la traduzione in inglese in modo che anche chi non conosce l'italiano possa leggerla. Gli sono molto grato per questa, per così dire, internazionalizzazione del mio pensiero: chissà che un giorno non si arrivi ad avere una versione in inglese anche del mio libro Il cinema di Bob Dylan, magari anch'esso aggiornato.

Chi ha piacere di leggere l'intervista in italiano può seguire questo link, chi invece vuole leggerla in inglese può seguire invece quest'altro link.

Following this link you can read in english the interview with me (by Marco Zoppas) about the relation between Bob Dylan and cinema.

mercoledì 30 settembre 2020

Il legame

 


Dal 2 ottobre sarà disponibile su Netflix un nuovo horror italiano, Il legame, che segna l'esordio nel lungometraggio per il regista Domenico de Feudis. Tra gli interpreti Riccardo Scamarcio, Mia Maestro e Mariella Lo Sardo.

Chi è interessato a sapere che cosa ne penso può andare qui, sul sito di MYmovies, e leggere la recensione che ho scritto.

martedì 29 settembre 2020

Segnocinema 225: tutti i film dell'anno

 

Il numero attualmente in distribuzione di Segnocinema, vale a dire il n. 225 (settembre-ottobre 2020), è il consueto e del tutto imperdibile numero che, come sempre di questi tempi, fa il resoconto della stagione cinematografica appena trascorsa recensendo tutti i film distribuiti. Ogni recensione è accompagnata da una foto e c'è anche il consueto panel di critici che esprimono la loro cinquina di film preferiti, da cui poi si estrapola la classifica dei film preferiti dell’anno. A questa consultazione ho partecipato anch’io indicando i miei cinque film preferiti.

Insomma, molto da leggere al fine anche di ricordare quanto si è visto e di appuntarsi quanto si è perso, con il proposito magari di recuperarlo: una guida, va da sé, insostituibile.

Ho contribuito anch'io con 10 recensioni relative a questi film: Doctor Sleep, Scary Stories to Tell in the Dark, Annabelle 3, Almost Dead, La bambola assassina, Eat Local, The Grudge, Isabelle, Zombieland - Doppio colpo, Ma).

venerdì 18 settembre 2020

Jack in the Box

 

Ieri è uscito nelle sale italiane un nuovo horror di nazionalità britannica. Si intitola Jack in the Box ed è diretto da Lawrence Fowler. Come si può intuire ne è protagonista uno di quei pupazzi che escono di scatto da una scatola quando la si apre. Essendo un horror si può altrettanto facilmente intuire che quella scatola non sarebbe da aprire, ma se il protagonista non la aprisse non ci sarebbe neanche il film per cui va da sé che la scatola viene aperta con tutto ciò che ne consegue.

Chi vuole, può leggere qui la recensione che ho scritto per MYmovies.

martedì 15 settembre 2020

FRONTIERS - Il cinema horror franco-belga degli anni zero


È da poco uscito un nuovo volume di saggistica cinematografica, FRONTIERS - Il cinema horror franco-belga degli anni zero (Shatter Edizioni, 198 pagine, € 14). Curato da Fabio Zanello, il libro contiene una serie di saggi che copre il variegato panorama dell’horror franco-belga di questi anni.

L’argomento è interessante e stimolante. Ed è anche un po’ misterioso come sia avvenuta l’improvvisa fioritura dell’horror in latitudini che prima l’avevano in sostanza ignorato. Infatti, a ben guardare c’è molto poco horror nel cinema franco-belga prima dell’attuale esplosione. Si possono ricordare pochi nomi e pochi titoli: Jean Rollin, naturalmente e soprattutto, Franju, Lemoine, Mulot, Chevalier e alcuni di questi solo con uno o due titoli a testa. Harry Kümel, se vogliamo. E prima di loro praticamente nulla se non si vuole risalire al Maurice Tourneur de La mano del diavolo. Poi, improvvisamente, il diluvio: i francesi hanno cominciato a fare horror e li hanno fatti e continuano a farli bene, in modo personale e molto interessante. Qualcosa del genere era per la verità successo anche in Italia dove, prima di Freda e Bava, l’horror non esisteva e poi invece si è sviluppato un movimento significativo e per molti versi originale.

Il volume contiene saggi di Fabio Zanello (che è anche il curatore), Aurora Auteri, Danilo Arona, Gian Luca Castoldi, Francesco Saverio Marzaduri, Davide Ottini, Michele Raga ed Elisa Torsiello: tra gli autori trattati, Xavier Gens, Bustillo & Maury, Aja, Du Welz, Cattet e Forzani, Noè e via via tutti gli altri, come diceva Alessandro De Zan. Non manca nulla di quanto è horror franco-belga ed è significativo: i nomi di chi ha scritto i saggi, inoltre, sono una garanzia di autorevolezza critica.

Tra i saggi, ce n’è anche uno scritto da me. Io mi sono occupato di Pascal Laugier e va da sé che ritengo che sia uno degli autori più interessanti del gruppo. Scriverne in modo compiuto e articolato mi è stato utile perché mi ha costretto a rivedere, in sequenza, i suoi film riuscendo a coglierne le continuità stilistiche e le notevoli peculiarità. Non ha fatto molti film, ma, con l’eccezione forse del primo che rivelava qualche incertezza, non ne ha sbagliato nessuno, arrivando anche, in particolare con Martyrs, a vette di originalità notevoli. Vi consiglio quindi di leggere quanto ho scritto su di lui, ma soprattutto di vedere i suoi film. E ancor più soprattutto - se si può dire - vi consiglio di leggere questo libro che analizza uno dei movimenti più significativi nell’ambito dell’horror di questi anni e può essere foriero di visioni indimenticabili.


lunedì 31 agosto 2020

A.N.I.M.A.



Anio Modor (Pino Ammendola) è un navigato onorevole che ha dedicato tutta la vita alla politica e al suo partito. Improvvisamente, mentre litiga al telefono per questioni politiche con i vertici del partito, è colpito da un ictus ed è ricoverato in coma in ospedale. Al capezzale la moglie attende invano buone notizie, mentre il figlio adolescente sembra serenamente disinteressato alle sorti del babbo. Anio riprende conoscenza in uno strano aeroplano dove una persona in divisa da ufficiale di bordo gli si presenta come capolinea, contrassegnato con la sigla K666 (Adolfo Margiotta). Viene poi accompagnato da un altro uomo in divisa che gli viene presentato come il suo tutor ed è contrassegnato con la sigla AP39 (Massimo Olcese). I due gli spiegano che lui è nella Zona Nera, la peggiore. È lì a causa dei suoi comportamenti poco commendevoli. Anio obietta d’essersi sempre comportato bene, ma i due, con rilassato puntiglio, cominciano a mostrargli in video episodi della sua vita e le conseguenze causate dalle sue azioni in modo che prenda coscienza di quello che ha fatto.

Come un lungo episodio di Ai confini della realtà, il film utilizza con sapienza il formato del racconto metafisico per soffermarsi in modo suggestivo sulla finitezza della vita e sull’importanza delle scelte che si fanno nel suo corso. Il protagonista, che ha svenduto alla ricerca del successo personale i suoi principi morali, è posto di fronte alle conseguenze degli atti che, con irresponsabile leggerezza unita a gretto opportunismo, ha compiuto durante la sua carriera politica, quando avrebbe avuto la possibilità di fare il bene collettivo e invece l’aveva sacrificato al proprio interesse. Sono tematiche già affrontate altre volte nel cinema, ma mantengono sempre validità e interesse.

I toni sono quelli della commedia agrodolce con momenti comici e ironici ad accoppiarsi ad altri suggestivi e tristi, nei quali il ricordo delle cose irrimediabilmente perdute si rende struggente. Talune situazioni sono forse un po’ scontate e la denuncia dei mali della politica è percepibile forse come un luogo comune, ma l’andamento e le svolte del racconto sono spesso azzeccati e la narrazione è gradevole e avvincente, grazie anche alla buona prova di un cast nel quale si vedono volti noti e dalla sicura professionalità. L’uomo politico è forse un personaggio un po’ troppo tipico, nella percezione popolare, del malaffare e delle opportunità sprecate, ma il personaggio va preso in termini generali, come modello per identificare chiunque abbia sprecato le sue possibilità e comunque è chiaro che chi ricopre un ruolo pubblico quelle possibilità le avrebbe in misura maggiore, almeno per la capacitò di incidere nella vita degli altri. La parte conclusiva, in una sorta di tribunale metafisico che viene definito postazione di revisione, vira sul grottesco e sul didascalico perdendo in parte di efficacia, ma il finale riprende vigore e non lascia spazio a facili redenzioni.

L’alternanza tra colore e bianco e nero garantisce una varietà formale interessante e la regia è sicura e attenta. La firmano il protagonista Pino Ammendola, che offre anche un’autorevole e variegata prova d’attore, e Rosario M. Montesanti, che, già collaboratore, quale fotografo di scena, di Alberto Cavallone nell’ultramitico Maldoror, firmò qualche anno fa un interessante e spettrale film ambientato sul lago di Bolsena, Oltre la notte. Oltre ad Ammendola, brillano anche le prove di Adolfo Margiotta e Massimo Olcese, mentre sono simpatici e riusciti i cameo di Andrea Roncato e Franco Oppini. Si fa notare anche Maria Letizia Gorga che, quale presidente del “tribunale”, sfoggia un look simpaticamente alieno che sembra uscire da Spazio 1999.

Il film è visibile su Amazon Prime.

sabato 29 agosto 2020

Paolo Mottura e La valle della dimenticanza


In questi giorni mi è capitato di prendere un volume dedicato alle opere di Paolo Mottura, un disegnatore molto bravo e simpatico. Si intitola Disney d’autore - Paolo Mottura oltre il Duemila (Panini Comics, 194 pagg, € 14,90, cartonato) ed è il secondo di due volumi a lui dedicati. Disney d’autore perché Mottura è anche (ma non solo) un disneyano. Il volume lo consiglio perché contiene alcune belle storie arricchite dai disegni sempre notevoli di Mottura. Ne parlo soprattutto però perché una delle storie che sono contenute nel libro l’ho scritta io. Si intitola Topolino e la valle della dimenticanza ed è stata originariamente pubblicata su Topolino n. 2390 del 18 settembre 2001.

Paolo Mottura la presenta nel volume con alcune belle parole - e di questo lo ringrazio molto - definendola “la mia storia del cuore” e spiegando, riferendosi a Seamus O'Fog. il personaggio che accompagna Topolino specificamente in quella storia, che “anche Topolino, come me, vorrebbe incontrarlo una seconda volta”.

Ricordo bene quella storia e la fatica che ho fatto a scriverla in modo da farla venire esattamente come volevo che fosse. Era una storia che si basava su un’idea forte (un’idea simile è stata poi usata anche dai fratelli Pang per un apprezzabile dark fantasy, Re-Cycle) che mi piaceva molto e volevo che diventasse una storia importante. Per me lo è diventata ed, evidentemente, lo è diventata anche per Paolo che l’ha disegnata in modo magistrale, arricchendola enormemente e non risparmiandosi in impegno e creatività. Anche a me sarebbe piaciuto dare un seguito a quell’avventura riportando Topolino a incontrare Seamus O’Fog nella valle della dimenticanza (e dintorni) e, dato che se mi piace una cosa cerco di realizzarla, un seguito l’avevo scritto, già nel dicembre 2001, e mi piaceva pure parecchio. Però non è andato: è stato giudicato troppo complesso e perciò è stato rifiutato. Quindi Topolino e la valle della dimenticanza è rimasto un unicum. Almeno in ambito disneyano perché le idee che erano alla base del sequel mi piacevano troppo per non utilizzarle e quindi le ho utilizzate per creare una cosa del tutto diversa, una delle migliori che ho scritto. 


Un unicum è rimasta comunque La valle della dimenticanza anche nel senso che è l'unica mia storia per Topolino disegnata da Mottura (i Burton La Valle realizzzati un po' prima per PK sono un'altra cosa) e questo è un vero peccato. 

Qui sopra un'immagine da Topolino e la valle della dimenticanza.

Beyond the Omega - Il tuo sepolcro… la nostra alcova


Il timido e complessato Aristodemo, detto Aris (Lorenzo Lepori), è rimasto traumatizzato dall’uccisione della promessa sposa Iris (Lucia Pirchak) a opera di un maniaco seriale che, prima di ucciderle, violenta le sue vittime. Aris ha lasciato la città ed è andato a vivere in una casetta isolata ai margini del bosco. Iris era vergine al momento della morte: nonostante le imminenti nozze, infatti, tra Aris e iris non c’erano intercorsi sessuali, si presume per la religiosità di lei. L’irruente amico Pietro (Alex Lucchesi) cerca invano di scuotere Aris dal suo isolamento. Le cose si fanno ancora più strane e contorte quando Aris acquista online una bambola lifesize che sembra la sorella maggiore di Annabelle e fa l’amore con lei di gusto. Le cose si complicano quando Persefone (Benedetta Rossi), il nome della bambola, prende vita e comincia a interagire. Intanto il serial killer continua a uccidere nei boschi vicino a casa di Aris.

La derivazione dal cinema horror italiano degli anni ’80 è chiara sin dal titolo e rappresenta la chiave interpretativa specifica con cui misurare le tematiche e i risultati del film, che è il ritratto di un’ossessione - di più ossessioni - che hanno a che fare con le problematiche relazioni con l’altro sesso. La narrazione è volutamente confusa, l’atmosfera malatissima con più di qualche momento in cui la ricerca dell’eccesso si fa anch’essa ossessiva. Il ritmo è molto lento, quasi torpido, appoggiato sull’inerzia decisionale del protagonista. La deriva allucinatoria prende il chiaro sopravvento nella seconda metà del film con sfoggio di discrete qualità visionarie in alcune sequenze. In questo, è di molto aiuto l’ottima fotografia di Ruben Spizzichino, un plus che garantisce accarezza formale alle immagini anche nell’azzeccata scelta dei colori.

La storia è esile e piuttosto prevedibile: asseconda gli impulsi larvatamente (le larve in effetti non mancano) necrofili del protagonista che sprofonda sempre più nella sua ossessione. Le vicende del serial killer e di Aris si sfiorano, si intersecano e procedono congiuntamente sino al finale che riporta tutto a una difficile e ambigua unità con più di qualche inquietudine. La tematica di fondo, come è facile intuire, è un po’ già vista, ma come omaggio/rivisitazione del cinema di genere che fu il film ha una sua validità e riesce nel suo intento. La regia di Mattia De Pascali (McBetter), autore anche della sceneggiatura, è attenta e ricercata sia in termini filologici sia nell'aggiornamento ai tempi dei modelli d'origine.

Lorenzo Lepori, regista di Notte nuda, e qui anche produttore offre una buona caratterizzazione nei panni dello spiritato protagonista: una parte per niente facile da interpretare, visto quello che Aris fa (o, piuttosto, commette). Ancor più notevole è la prova di Benedetta Rossi che, nel ruolo di Persefone, riesce a dare toni genuinamente alieni al proprio personaggio. Tra erotismo, perversione, sangue e delitti, il film, pur con qualche incertezza e qualche digressione di troppo, mantiene quel che promette.

venerdì 28 agosto 2020

The Vigil



Nei prossimi giorni esce al cinema The Vigil, un nuovo horror che segna l'esordio alla regia di un lungometraggio per Keith Thomas, autore anche della sceneggiatura.

Chi vuole sapere che cosa ne penso non deve fare altro che cliccare qui e andare sul sito di MYmovies per leggere la recensione che ho scritto.

giovedì 27 agosto 2020

Il passaggio segreto




Il passaggio segreto è il nuovo mediometraggio con cui il regista Stefano Simone torna sui territori  di arcano mistero che negli ultimi lavori aveva abbandonato per tematiche di carattere più sociale.

Natalie (Natalie La Torre) incontra casualmente al bar l’amica d’infanzia Rosa (Rosa Fariello). Dopo i prevedibili convenevoli, la conversazione si sposta su un argomento un po’ scomodo, un ricordo dei vecchi tempi rimasto in qualche modo irrisolto: un passaggio segreto nel quale, secondo quanto credevano da ragazzine, chiunque fosse andato da solo non sarebbe mai tornato. Detto fatto, nonostante entrambe ritengano sia una sciocchezza, le due ragazze decidono di affrontare separatamente il passaggio segreto senza portare con sé i cellulari (“Altrimenti sarebbe troppo facile”). Rosa, più paurosa, attende che Natalie compia il tragitto misterioso per prima, ma le cose non filano lisce.

 Il tema un po’ kinghiano dei patti tra ragazzi, da rispettare anche da adulti, e dell’amicizia che si perpetua anche e soprattutto di fronte ali pericolo, vero o immaginato, è esplorato con un profondo radicamento sul territorio supportato da location di discreta suggestione e unito a un'interessante riflessione su quanto
ciò che vediamo è reale e quanto invece non lo è. L’andamento è molto lento, come se tutto fosse rallentato per dare solennità al tentativo di attraversare il fantomatico e misterioso passaggio. Il mistero, per quanto bizzarro, è ben posto e suscita una certa curiosità e una certa tensione nell’attesa di scoprire il suo svelamento, che è quello sulla cui efficacia poi si deve inevitabilmente misurare, data la struttura narrativa, l’efficacia del film nel suo insieme.

La soluzione, dopo una lunga conversazione che cerca di riportare le cose sul piano della razionalità e della normalità, ma è piuttosto protratta e piatta, torna ad appoggiarsi alle immagini e alla narrazione senza parole in modo efficacemente evasivo,  richiamando, per certi aspetti, Picnic ad Hanging Rock, anche se qui atmosfere e tematiche sono ben diverse.

Buona la prova delle due protagoniste, Rosa Fariello e Natalie La Torre, che danno intensità ai loro ruoli. Positivo anche l’apporto della suggestiva musica di Luca Auriemma che contribuisce a creare un’efficace atmosfera sospesa.

Il film è disponibile su Amazon Prime.

lunedì 24 agosto 2020

Gretel e Hansel


 
Il nuovo horror di Osgood (figlio fi Anthony) Perkins si intitola Gretel e Hansel e affronta in modo serio e cupo la famnosa fiaba dei fratelli Grimm.

Chi vuole leggere la recensione che ho scritto per MYmovies può cliccare qui e conseguentemente andare su quel fondamentale sito di tutto quanto è cinema.

Qui sopra un'immagine con la protagonista Sophia Lillis, resa celebre da It.

Caleb



Caleb è il nuovo horror di Roberto D'Antona, che come sempre interpreta anche il ruolo del protagonista.

Chi vuole sapere che cosa ne penso può leggere la recensione che ho scritto per MYmovies.

giovedì 6 agosto 2020

Nel buio, racconti horror di Rudy Salvagnini





Come ho già scritto, Nel buio è il mio nuovo libro, una raccolta di racconti horror pubblicata da Weird Book. Pur essendomi dedicato nel corso degli anni a tantissime cose diverse, anche molto diverse, l’orrore ha sempre avuto per me un’attrattiva particolare sia a livello di lettore o spettatore sia a livello creativo. O anche a un livello, naturalmente, che si pone in qualche misura in mezzo a quelli che ho indicato, vista la mia cospicua attività nel campo della crtiica cinematografica.

Anche nel campo della critica cinematografica mi sono occupato di molte cose diverse e non mi sono certo limitato all’horror, ma è evidente da quello che ho prodotto negli anni che l’horror è stato molto spesso al centro della mia attività critica. Basterebbe pensare al Dizionario dei film horror per rendersene conto.

E il cinema è speso presente anche nei racconti compresi in questa raccolta. Avrei sempre voluto fare del cinema, ma non l’ho mai fatto, tranne che per alcuni cortometraggi sperimentali a cavallo tra gli anni ’70 e anni ’80 dai titoli bizzarri (ve ne dico uno: Il canonico del Bufalo parla davvero con la Madonna e la vede spesso. È abbastanza bizzarro? L’ho realizzato nel 1979 assieme a mio fratello Massimo e abbiamo anche vinto un premio a una rassegna specializzata. Una volta o l’altra magari dedico un post ai miei film). La vita è andata in altre direzioni e si è ormai in gran parte consumata per cui posso tranquillamente pensare che non farò mai del cinema. E questo, ne sono piuttosto convinto, è un bene per gli spettatori. Ma non divaghiamo. Il cinema, dicevo, è spesso presente in questi racconti. A volte come suggestione, a volte come spunto, altre volte come luogo fisico. In particolare nell’ultimo racconto (intitolato proprio Nel buio), che chiude la raccolta in modo più che ideale ed è ambientato in un cinema. Un cinema in cui proiettano un film che cito in modo espresso e un cinema nel quale il protagonista ne ricorda altri, anch’essi citati espressamente. Naturalmente, come si sa, non tutto quello che gli scrittori scrivono è basato su fatti autobiografici, altrimenti i gialli li scriverebbero solo gli assassini, ma molo spesso ciò che è davvero successo - o la sua trasfigurazione - fornisce la materia necessaria al racconto e fa in modo di dotarlo di uno spessore concreto che favorisce realismo e identificazione. Il cinema in cui è ambientato il racconto è vero o meglio era vero: io ci sono davvero stato anche se non vi ho visto il film citato nel racconto, ma ne ho visti altri. Uno di quelli che vi ho visto l’ho citato nel racconto, ma senza rivelarne il titolo perché in effetti non me lo ricordo. E anche il topo l’ho visto davvero, in quel cinema che ormai è diventato quello che si definisce un luogo della memoria. Una memoria sempre più labile e destinata a scomparire se non la si trasferisce su carta. Anche per questo si scrive, per dare un altro po’ di tempo alla memoria e al ricordo, il tempo che ci mette la carta a degradarsi nel nulla. Un bel po’ di tempo, quindi.

Quando si scrive narrativa, come dicevo, molto del proprio vissuto fornisce la sostanza che dà credibilità ai particolari, ai dettagli che sono così importanti per le caratterizzazioni, le svolte narrative e i momenti che possono rappresentare elementi di condivisione con le esperienze di chi legge. È probabile che molti si siano trovati a sostenere conversazioni con un addetto al numero verde di una compagnia telefonica come avviene al protagonista del racconto Il telefono, o magari possano comprendere la tipologia di tassista con cui si trova ad avere a che fare il protagonista del racconto La lettera. Naturalmente, in questi casi, nei racconti citati le cose si fanno un tantino più weird di quanto non avvenga nella realtà, ma questo fa parte del gioco dell’horror, il genere metaforico per eccellenza.

Tutto in questi racconti è finalizzato all’intrattenimento del lettore, nel senso che ho scritto storie che mi sarebbe piaciuto leggere, cercando di avvincere e sorprendere. E nello stesso tempo di andare nelle profondità di quello che sentivo.

Chi è interessato, può trovare il libro sul sito dell’editore a questo link. E l’occasione è sempre buona per mostrare la meravigliosa copertina di Giorgio Finamore.

martedì 4 agosto 2020

La Banda nel Messaggero dei Ragazzi n. 1051



Nel numero di agosto (quello attualmente in distribuzione) del Messaggero dei Ragazzi c’è una nuova storia della Banda. Si intitola Il segreto di Robertino e come sempre è scritta da me. I disegni questa volta sono di Giorgia Catelan che, come suo solito, se l’è cavata ottimamente riuscendo a dare molta espressività e anche parecchio dinamismo ai personaggi.

In questa storia viene affrontato un tema che trovo molto importante, quello del bullismo. Il bullismo nella fase adolescenziale e giovanile è una piaga che andrebbe sradicata e che fa parte di sopraffazioni più generali articolate nelle più svariate situazioni, età e stratificazioni sociali. Il nonnismo tra i militari (soprattutto tra queli di leva, quando c’era la leva) o in ambito sportivo o le deviazioni sopraffatorie della goliardia in ambito studentesco ne sono aspetti tristemente noti, ma sono in fondo tutte facce della stessa medaglia, quello del sopruso verso i più deboli. Però forse il bullismo tra i ragazzini è il fenomeno da affrontare in modo preminente proprio perché è il primo a presentarsi, per questioni anagrafiche: se si riesce a far capire a chi fa il bullo che è sbagliato che lo faccia, è probabile che si asterrà poi dal farlo anche in futuro. C’è da sperarlo, almeno. Naturalmente, la nostra pretesa con questa storia è solo di portare un piccolo mattonino di comprensione senza l’ambizione di risolvere una questione complessa.

Qui sopra alcune vignette della storia, da cui si rende evidente la maestria grafica di Giorgia Catelan.

venerdì 24 luglio 2020

47 metri - Uncaged





Esce in digitale 47 metri - Uncaged, seguito di 47 metri. ancora diretto da Johannes Roberts, il film rimette in scena due sorelle e gli squali, ma cambia un bel po' nella formula.


Chi è interessato può leggere la recensione che ho scritto per MYmovies andando su quel sito, molto interessante: può farlo anche cliccando qui, per arrivare direttamente alla recensione, ma poi consiglio che si soffermi a leggere qualcuna delle molte cose signifcative che si trovano nel sito.

lunedì 6 luglio 2020

La Banda nel Messaggero dei Ragazzi n. 1050



Nel numero 1050 del Messaggero dei Ragazzi (luglio 2020), attualmente in distribuzione, compare una nuova avventura della Banda, la serie a fumetti di cui scrivo regolarmente le sceneggiature. Questo episodio si intitola Santa Merenda ed è disegnato dal bravo Isacco Saccoman, uno dei disegnatori che si alternano nella realizzazione della serie: gli altri sono Giorgia Catelan e Francesco Frosi, oltre al creatore grafico della serie Luca Salvagno.

Per dare un po' di numeri, cosa che fa sempre bene e serve a storicizzare e precisare il contesto, posso dire che questa è la ventitreesima avventura della Banda ed è anche la novantesima storia a fumetti che pubblico su questa gloriosa testata. Questa volta si tratta di una storia semplice e spero divertente, giocata su toni di mistero comico. Mi auguro vi vada di leggerla.

martedì 30 giugno 2020

Nel buio



A luglio, intorno al 20, esce Nel buio, il mio nuovo libro. È una raccolta composta da otto racconti dell’orrore. Alcuni di questi racconti sono horror a tutto tondo, altri sono più weird o ambientati, per così dire, ai confini della realtà. Come forse si può intuire soprattutto dalla mia attività nel campo della critica cinematografica, l’horror è un genere che amo frequentare, ma sino ad ora non ho potuto praticarlo troppo dal punto di vista narrativo. Negli anni ’70 ho scritto qualche fumetto dell’orrore disegnato da mio fratello Gianni Salvagnini, pubblicato su testate dimenticate come Sorry o negli Horror Pocket di Sansoni. Nello stesso periodo ho pubblicato anche qualche racconto horror (su Supervip, Alterlinus e altrove). Poi mi sono dedicato in prevalenza ad altro, ma l’horror non ha mai smesso di interessarmi perché è il genere metaforico per eccellenza e permette di scrivere con grande libertà. Di questi otto racconti sono soddisfatto e spero che possano piacere a qualcuno e soprattutto possano essere letti da qualcuno: molti sono i riferimenti cinematografici, come è forse normale, e penso che possano interessare agli appasssionati di horror filmico oltre che letterario. Per intanto ringrazio Weird Book per averli pubblicati. La copertina di Giorgio Finamore è eccezionale: di questo artista ho già parlato in occasione dell’uscita di Movieman, qualche anno fa, ed è un autore sempre sorprendente per qualità e inventiva. Per chi è interessato il libro è in pre-order presso l’editore. Per il momento mi fermo qui, ma tornerò a scrivere di questo libro prossimamente su questi schermi.

mercoledì 17 giugno 2020

La Banda nel Messaggero dei Ragazzi n. 1049





Nel nuovo numero del Messaggero dei Ragazzi - il n. 1049 (giugno 2020), attualmente in distribuzione - compare una nuova storia della Banda, intitolata Il cadavere.


Come si capisce sin dal titolo, è una storia un po' particolare che va a toccare un argomento serio e di particolare interesse. Il tentativo, spero riuscito, è quello di farlo in modo sereno e positivo, intrattenendo e facendo riflettere.

I disegni sono del bravo Francesco Frosi e si può coglierne la bellezza sin dalla pagina di apertura, qui sopra riprodotta.