giovedì 6 agosto 2020

Nel buio, racconti horror di Rudy Salvagnini





Come ho già scritto, Nel buio è il mio nuovo libro, una raccolta di racconti horror pubblicata da Weird Book. Pur essendomi dedicato nel corso degli anni a tantissime cose diverse, anche molto diverse, l’orrore ha sempre avuto per me un’attrattiva particolare sia a livello di lettore o spettatore sia a livello creativo. O anche a un livello, naturalmente, che si pone in qualche misura in mezzo a quelli che ho indicato, vista la mia cospicua attività nel campo della crtiica cinematografica.

Anche nel campo della critica cinematografica mi sono occupato di molte cose diverse e non mi sono certo limitato all’horror, ma è evidente da quello che ho prodotto negli anni che l’horror è stato molto spesso al centro della mia attività critica. Basterebbe pensare al Dizionario dei film horror per rendersene conto.

E il cinema è speso presente anche nei racconti compresi in questa raccolta. Avrei sempre voluto fare del cinema, ma non l’ho mai fatto, tranne che per alcuni cortometraggi sperimentali a cavallo tra gli anni ’70 e anni ’80 dai titoli bizzarri (ve ne dico uno: Il canonico del Bufalo parla davvero con la Madonna e la vede spesso. È abbastanza bizzarro? L’ho realizzato nel 1979 assieme a mio fratello Massimo e abbiamo anche vinto un premio a una rassegna specializzata. Una volta o l’altra magari dedico un post ai miei film). La vita è andata in altre direzioni e si è ormai in gran parte consumata per cui posso tranquillamente pensare che non farò mai del cinema. E questo, ne sono piuttosto convinto, è un bene per gli spettatori. Ma non divaghiamo. Il cinema, dicevo, è spesso presente in questi racconti. A volte come suggestione, a volte come spunto, altre volte come luogo fisico. In particolare nell’ultimo racconto (intitolato proprio Nel buio), che chiude la raccolta in modo più che ideale ed è ambientato in un cinema. Un cinema in cui proiettano un film che cito in modo espresso e un cinema nel quale il protagonista ne ricorda altri, anch’essi citati espressamente. Naturalmente, come si sa, non tutto quello che gli scrittori scrivono è basato su fatti autobiografici, altrimenti i gialli li scriverebbero solo gli assassini, ma molo spesso ciò che è davvero successo - o la sua trasfigurazione - fornisce la materia necessaria al racconto e fa in modo di dotarlo di uno spessore concreto che favorisce realismo e identificazione. Il cinema in cui è ambientato il racconto è vero o meglio era vero: io ci sono davvero stato anche se non vi ho visto il film citato nel racconto, ma ne ho visti altri. Uno di quelli che vi ho visto l’ho citato nel racconto, ma senza rivelarne il titolo perché in effetti non me lo ricordo. E anche il topo l’ho visto davvero, in quel cinema che ormai è diventato quello che si definisce un luogo della memoria. Una memoria sempre più labile e destinata a scomparire se non la si trasferisce su carta. Anche per questo si scrive, per dare un altro po’ di tempo alla memoria e al ricordo, il tempo che ci mette la carta a degradarsi nel nulla. Un bel po’ di tempo, quindi.

Quando si scrive narrativa, come dicevo, molto del proprio vissuto fornisce la sostanza che dà credibilità ai particolari, ai dettagli che sono così importanti per le caratterizzazioni, le svolte narrative e i momenti che possono rappresentare elementi di condivisione con le esperienze di chi legge. È probabile che molti si siano trovati a sostenere conversazioni con un addetto al numero verde di una compagnia telefonica come avviene al protagonista del racconto Il telefono, o magari possano comprendere la tipologia di tassista con cui si trova ad avere a che fare il protagonista del racconto La lettera. Naturalmente, in questi casi, nei racconti citati le cose si fanno un tantino più weird di quanto non avvenga nella realtà, ma questo fa parte del gioco dell’horror, il genere metaforico per eccellenza.

Tutto in questi racconti è finalizzato all’intrattenimento del lettore, nel senso che ho scritto storie che mi sarebbe piaciuto leggere, cercando di avvincere e sorprendere. E nello stesso tempo di andare nelle profondità di quello che sentivo.

Chi è interessato, può trovare il libro sul sito dell’editore a questo link. E l’occasione è sempre buona per mostrare la meravigliosa copertina di Giorgio Finamore.

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