giovedì 19 dicembre 2019

La Banda nel Messaggero dei Ragazzi n. 1043!



Nel n. 1043 (dicembre 2019) del Messaggero dei Ragazzi, attualmente in distribuzione, è pubblicata una nuova storia della Banda, la serie per la quale scrivo da qualche anno, sempre con grande piacere, le sceneggiature.

Questo nuovo episodio si intitola Una notte all'inferno ed è disegnato, con la consueta grande perizia e immaginazione, dall'immarcescibile Luca Salvagno, che è stato anche il creatore grafico della serie. La storia appartiene al versante più umoristico della serie, ma tocca argomenti di notevole momento. Per dirla con Bob Dylan, What Good Am I? L'occasione è sempre buona per farsi un esame di coscienza e trarne, in qualche modo, le conseguenze.

Qui sopra alcune vignette tratte dalla storia: mi fa piacere segnalare l'omaggio di Luca a un personaggio dei fumetti che quelli della mia generazione - e anche della sua e di tante altre - hanno molto amato.

domenica 24 novembre 2019

The Making of George A. Romero's Day of the Dead




Il giorno degli zombi è il film più sfortunato dell’originale trilogia dedicata da George A. Romero ai morti viventi. Sfortunato perché condizionato da avverse convergere produttive che hanno portato Romero a rivedere drasticamente la sua visione originaria in seguito al consistente abbattimento del budget e sfortunato perché, per vari motivi, non ha incontrato, almeno all’epoca della sua uscita, né la fortuna commerciale né quella critica. Considerato dai più una sorta di prodotto minore, soprattutto in relazione ai suoi fratelli maggiori (La notte dei morti viventi e Zombi), è sempre stato difeso, soprattutto negli ultimi anni, da Romero che era arrivato al punto da considerarlo il migliore dei suoi film dedicati ai morti viventi.

Sia come sia, è un film interessante, anche per il modo in cui è venuto alla luce e per le circostanze che ne hanno caratterizzato la produzione. Per questo il libro di Lee Karr The Making of George A. Romero’s Day of the Dead (Plexus Publishing Ltd) si rivela una lettura indispensabile per ogni appassionato di horror e, soprattutto, per chi voglia approfondire il cinema di Romero. Io ho letto la Kindle Edition, in inglese: chi vuole può acquistarla a questo link.

Il libro è un’analisi completa, per quanto possibile tenuto conto che è stato pubblicato a circa trent’anni dall’uscita del film, della fase produttiva de Il giorno degli zombi, ricomprendendo anche la fase di preproduzione e quella relativa alla distribuzione e all’accoglienza del film. Il grosso del libro è dedicato a una sorta di diario di produzione con la suddivisione giorno per giorno e l’indicazione di quali scene sono state girate quando. Il tutto arricchito da dettagli, curiosità e dichiarazioni di quasi tutte le persone coinvolte nella produzione, dagli attori ai tecnici, da Romero stesso al team che si occupava di trucchi ed effetti speciali, capitanato da Tom Savini. Ne emerge il ritratto vivido di un capolavoro imperfetto che ha visto Romero costretto a riscrivere integralmente la sceneggiatura in seguito alla riduzione del budget (dovuta, com’è noto, al suo desiderio di realizzare un film unrated, che non subisse le pastoie della censura). E ne emerge anche un ritratto colorato e vivace del clima di lavorazione un po’ anarchico e pieno di buonumore tipico dei set di Romero. Le riprese del film sono durate ben oltre i 50 giorni e questo rende l’idea del perfezionismo e della dedizione di Romero, se teniamo conto di come molti degli horror dell’epoca - e di epoche precedenti - venissero girati in quattro settimane o anche meno. Le condizioni di lavorazione erano piuttosto estreme dato che gran parte del film è stata girata in una vera miniera, con tutto ciò che ne consegue.

Molto interessante è anche la dichiarazione di Romero contenuto nel libro che spiega perché, subito dopo la fine del film, lui ha lasciato la Laurel di Richard Rubinstein con cui aveva stretto un ferreo sodalizio: “La cosa con la Laurel, Richard voleva fare più televisione e io volevo fare film. È stata una specie di rottura naturale. La mia ragione per lasciare era puramente relativa a una strategia di business. Io volevo fare film, non ero molto interessato alla TV”. Il riferimento è alla serie televisiva Tales from the Darkside.

Interessante è anche il resoconto dell’andamento commerciale del film che, costato circa tre milioni e duecentomila dollari, ha incassato poco meno di sei milioni di dollari negli Stati Uniti e circa 28 milioni nel mondo. Perciò, alla fine, non un insuccesso totale.

Lettura consigliata, sotto molti profili.

sabato 16 novembre 2019

Cattive storie di provincia




Cattive storie di provincia è il nuovo film di Stefano Simone, regista di cui mi sono occupato più volte in questo blog, e rappresenta il suo ritorno al thriller dopo alcuni film nei quali erano state tematiche di impegno sociale a prevalere. Tratto liberamente dall’omonimo lavoro letterario di Gordiano Lupi, il film segue un percorso narrativo articolato, ma piuttosto semplice e lineare.

Giacomo Lupi (Luigi Armiento) è un giovane scrittore in difficoltà. Sono passati tre anni dal suo ultimo romanzo - che peraltro non ha nemmeno avuto un particolare successo - ed è in totale crisi creativa, del tutto paralizzato e incapace di creare qualcosa di nuovo. La moglie Mara (Rosa Fariello) non manca di manifestargli il proprio disprezzo sia perché la trascura sia perché non è in grado di garantirle un adeguato tenore di vita. L’editore (Filippo Totaro) lo sollecita a produrre dandogli una sorta di ultimatum: se non gli porterà qualcosa entro due mesi risolverà il contratto. Giacomo non sa che pesci pigliare. In suo soccorso arriva un amico che gli consiglia di guardarsi intorno e di trarre spunti dalla realtà che lo circonda. Incapace di trovare alternative, Giacomo segue il consiglio dell’amico e osserva. Il metodo sembra funzionare e arrivano i primi spunti permettendo a Giacomo di ricominciare a scrivere di buona lena. Ma qualche conseguenza c’è.

La storia presenta motivi di interesse e tratteggia in modo convincente l’arco psicologico del personaggio principale che da inerte diventa osservatore e poi sempre più partecipe agli avvenimenti. Le cose che non vengono spiegate o vengono presentate, per così dire, in lontananza con la conseguente (e preziosa) ambiguità danno un tono adeguatamente misterioso alla vicenda. Si alternano sequenze mute - in genere le più efficaci anche per la capacità di Simone nella scelta delle inquadrature e del contesto scenico - ad altre molto dialogate che spiegano la situazione sin troppo nei dettagli (pur senza, opportunamente, dire tutto) e sono talvolta un po’ piatte e meramente funzionali.

Ma il difetto principale del film è la sua lentezza che, unita a un’eccessiva lunghezza (quasi due ore), rallenta troppo il ritmo dilatando gli avvenimenti oltre quanto sarebbe opportuno per rendere del tutto avvincente e godibile la visione. Eppure, il montaggio (a cura di Simone) di alcune sequenze - veloce, con molti stacchi ripetuti - evidenzia una capacità narrativa che, se applicata anche al resto del film, lo avrebbe reso, a mio avviso, migliore. In questo senso, è esemplare in senso positivo la parte conclusiva, soprattutto la sequenza chiave del film, risolta quasi senza parole - con il solo monologo molto efficace di Rosa Fariello - e con un azzeccato uso della colonna sonora, in modo da massimizzare l’efficacia e da garantire un’economia narrativa altrove assente.

Gli interpreti hanno un’efficacia perlopiù variabile: a volte (più spesso, per la verità) si dimostrano efficaci e in parte, altre volte denotano incertezze dovute probabilmente a inesperienza. Il più continuo ed efficace è Filippo Totaro, aiutato anche dal fatto che il suo ruolo è giocato su toni ironici e sopra le righe che gli sono congeniali. Oltre alla regia e al montaggio, Simone cura anche la fotografia - molto buona e con ottima scelta dei colori - e scrive la sceneggiatura. Efficace ed espressiva la colonna sonora di Luca Auriemma.

Nell’insieme, il film è interessante e fa buon uso delle ambientazioni, ma gli avrebbe giovato una maggiore severità nel montaggio conclusivo, in modo da ridurne la durata e rendere più concisa e veloce la narrazione.

sabato 2 novembre 2019

Doctor Sleep


 Giovedì scorso è sucito nelle sale italiane Doctor Sleep, un horror un po' particolare in quanto è tratto da un romanzo di Stephen King (e questo non è per niente particolare) che è il seguito di un altro suo romanzo di successo, vale a dire The Shining (e questo è particolare perché, a quanto pare, King non aveva ancora fatto un seguito di un suo romanzo). Ma la cosa ancora più particolare è che è anche e soprattutto il seguito della versione cinematografica che il grande Stanley Kubrick trasse dal romanzo originario di King. Dirige Mike Flanagan (Il gioco di Gerald).

Chi è interessato a leggere la recnesione che ho scritto per MYmovies, può cliccare qui e andare su quel glorioso sito.

Quis opra un'immagine della protagonista Rebecca Ferguson.

sabato 19 ottobre 2019

Marco Zoppas, io e il cinema di Bob Dylan




Marco Zoppas, bravo esperto dylaniano di cui segnalo con piacere i libri a contenuto dylaniano Ballando con Mr D e Da Omero al rock,  mi ha intervistato  per il sito TomTomRock. Il titolo del pezzo è Bob Dylan e il cinema. Intervista a Rudy Salvagnini. E proprio di questo si tratta, Prendendo spunto dal mio libro Il cinema di Bob Dylan, Marco Zoppas mi ha infatti intervistato sui rapporti tra Dylan e il cinema, di recente riportati in vista a seguito del nuovo documentario di Martin Scorsese sulla Roling Thunder Revue. L'intervista mi ha dato la possibilità di affrontare ancora una tematica che mi interessa molto e di questo ringrazio Marco Zoppas.

Chi fosse interesato a leggerla deve solo cliccare qui ed essere catapultato su TomTomRock.

Qui sopra un'immagine da Masked and Anonymous.

venerdì 18 ottobre 2019

Scary Stories to Tell in the Dark



Tra poco meno di una settimana esce al cinema Scary Stories to Tell in the Dark, un nuovo horror prodotto da Guillermo del Toro e diretto da André Øvredal.  

Chi è interessato a sapere che cosa ne penso può cliccare qui e andare sul sito di MYmovies dove si trova la mia recensione.

Qui sopra un'immagine di Zoe Margaret Colletti, protagonista del film.

 

mercoledì 16 ottobre 2019

Segnocinema n. 219: tutti i film dell'anno




Il numero attualmente in distribuzione di Segnocinema è il n. 219 (settembre-ottobre 2019) ed è l'imperdibile numero che, come ogni anno di questi tempi, fa la summa della stagione cinematografica appena trascorsa recensendo tutti, ma proprio tutti i film distribuiti. Ogni recensione è accompagnata da una foto e c'è anche il consueto panel di critici che esprimono la loro cinquina di film preferiti, da cui poi si estrapola la classifica dei film preferiti dell'anno.

Insomma, molto da leggere e da valutare: il panorama completo di quanto si è visto o si deve ancora vedere, una guida insostituibile.

Ho contribuito anch'io con 11 recensioni relative a questi film: L'angelo del male - Brightburn, La casa delle bambole, Crucifixion, Die in One Day, The End? L'inferno fuori, Hostile, La llorona, Malerba, La settima musa, Terror Take Away, Unfriended: Dark Web).

giovedì 10 ottobre 2019

Hole - L'abisso



Oggi è uscito un nuovo horror irlandese diretto dall'esordiente Lee Cronin. Il film si intitola Hole - L'abisso e chi vuole sapere che cosa ne pesno può, come sempre, leggere la mia recensione andando su MYmovies grazie a questo link.

Qui sopra un'immagine dal film, con l'ottima protagonista Seána Kerslake in evidenza.

Sui titoli di coda del film mi ha colpito una canzone: un traditional, una canzoncina usata nei giochi dei bambini, ma in una versione molto inquietante e cupa. Leggendo i titoli, ho visto che la cantante era Lisa Hannigan, a me totalmente sconosciuta. Però la sua voce e il suo modo di cantare mi avevano incuriosito e quindi mi sono messo a cercare qualche sua canzone su YouTube e devo dire che sono rimasto molto piacevolmente sorpreso: è una cantautrice di notevole spessore e bravura che consiglio a chiunque di ascoltare. Se vi va, segnalo in particolare Lille, I Don't Know e Passenger, ma ce ne sono tante, generalmente tutte belle.

giovedì 3 ottobre 2019

La Banda nel Messaggero dei Ragazzi n. 1041!




Nel numero n. 1041 (ottobre 2019), attualmente in distribuzione, del Messaggero dei Ragazzi è pubblicata una nuova storia della Banda, la serie a fumetti che scrivo ormai da più di tre anni con immutato piacere. Questa nuova storia si intitola L'ospedale e vede un paio dei ragazzi della Banda alle prese con la malattia, qualcosa che dovrebbe essere lontana dal fulgore della giovinezza, ma talvolta, sotto varie forme, si manifesta ugualmente e va comunque affrontata.

Ai disegni torna l'ottimo Isacco Saccoman, che, come gli altri che si alternano nella serie, ha trovato una sua linea originale di approccio nella continuità, concretizzando le aspettative che erano proprio quelle di avere diversi apporti creativi pur rimanendo fedeli al modello, in modo da avere varietà e freschezza senza stravolgimenti.

Qui sopra le vignette di apertura della storia.

giovedì 19 settembre 2019

La Banda nel Messaggero dei Ragazzi n. 1040




Nel numero 1040 (settembre 2019) del Messaggero dei Ragazzi, attualmente in distribuzione, c'è una nuova storia de La Banda, la serie che scrivo ormai da diversi anni con immutato piacere e dedizione alla causa. Questa nuova storia si intitola La grande sfida e vede il gruppo dei ragazzi della banda, in questo caso in versione ridotta, confrontarsi in modo decisamente conflittuale con un altro gruppo di ragazzi.

I disegni sono del sempre ottimo Francesco Frosi, uno dei quattro disegnatori che si alternano con il risulktato di dare vivacità e varietà grafica alla serie (gli altri sono Giorgia Catelan, Isacco Saccoman e il creatore grafico della serie Luca Salvagno).

Da notare, nelle vignette qui sopra, l'intestazione della scuola: non sarebbe male se succedesse davvero sia con l'autore indicato nella storia sia con altri che se lo meriterebbero.

lunedì 16 settembre 2019

Eat Local - A cena coi vampiri




Giovedì esce in sala una nuova horror comedy, Eat Local - A cena coi vampiri diretta da Jason Flemyng, figlio di Gordon Flemyng che, tra tanta teelvisione, diresse i due film del dr. Who interpretati da Peter Cushing.

Chi è interessato può leggere qui la recensione che ho scritto per MYmovies.

domenica 8 settembre 2019

It - Capitolo 2




Giovedì è uscito al cinema It - Capitolo 2 di Andy Muschietti, che conclude la riduzione cinematografica di uno dei capolavori di Stephen King.

Chi è interessato a sapere che cosa ne penso può leggere la recensione che ho scritto per MYmovies cliccando qui.

mercoledì 4 settembre 2019

Il signor Diavolo (il libro)




Sapevo che il film Il signor Diavolo di Pupi Avati era tratto da un suo romanzo, ma non l’avevo letto. Anche se, in effetti, non essendo Avati in prima battuta un romanziere, la cosa era piuttosto singolare e destava curiosità. Dopo aver visto il film questa curiosità è molto aumentata e così ho letto anche il libro.

Normalmente avviene il contrario. Si legge il libro - che di solito esce prima - e poi si vede il film. Per la maggior parte delle persone, la successione delle frasi continua con la classica: “ma il libro era meglio”. Non per me, ovvio: non sono così banale. O almeno cerco di non esserlo ed evito di fare confronti qualitativi tra due media così diversi.

In questo caso, però, la cosa ancora più interessante - anche se certo non del tutto inedita - è che la riduzione (brutto termine, ma il fatto che venga normalmente usato rende l’idea) cinematografica sia a opera dello stesso autore del libro. Quindi, l’Avati cineasta si occupa di adattare e modificare quanto scritto dall’Avati romanziere per massimizzare l’esito nella forma del film.

La differenza che salta più all’occhio riguarda la figura del protagonista, Furio Momentè, l’oscuro funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia misteriosamente incaricato di una delicata missione dopo essere stato per anni relegato a compiti di scarso rilievo. Nel film, è un personaggio ricco di sottintesi, ma con poco retroterra caratteriale esplicito. La sua figura assomiglia - per l’apparente innocenza ed estraneità ai luoghi in cui va in missione - al protagonista di The Wicker Man, il Citizen Kane dell’horror. Oppure, per restare ad Avati, ricorda lo spiazzatissimo Lino Capolicchio de La casa dalle finestre che ridono. Nel libro, invece, è un personaggio con un passato sordido e ben poco commendevole che vive la sua avventura quasi con lo spirito di chi cerca l’espiazione. La differenza è notevole, ma si coglie molto bene come, cinematograficamente, la scelta di Avati sia stata vincente. Sfrondando il background di Furio, Avati si è concentrato, in una mirabile sintesi narrativa, sul cuore del racconto senza perdersi in diversioni e cambiando la psicologia del personaggio di quel tanto che bastava senza minimamente ridurne l’impatto sulla storia.

Altre differenze stanno in episodi che si trovano sia nel libro sia nel film, ma che risaltano in modo assai diverso. Per fare solo un esempio, il cruciale episodio dell’ostia calpestata nel libro è un passaggio veloce, pur restando importante, mentre nel film, per come Avati l’ha messa in scena, risalta con un’efficacia sinistra di grandissimo impatto.

Notevole è anche il lavoro sul personaggio del sagrestano, nel film, dove viene fatto risaltare ben più che nel libro.

Anche il finale, pur restando simile negli intenti e nella soluzione, nel film è arricchito di pathos e di sfumature arrivando a vette di inquietudine che nel libro restano più sotto traccia, in linea con la differente psicologia del protagonista.

Detto questo, che è interessante soprattutto a livello per così dire scolastico in quanto consente di esaminare i meccanismi della trasformazione, da parte dello steso autore, di un’idea da scritta a visuale, quello che più conta è valutare come sia il libro in sé. Ebbene, nonostante l’abbia letto dopo aver visto il film e sapessi quindi la storia e nonostante la storia resti in gran parte la stessa, devo dire che il libro mi ha convinto per la qualità della scrittura e della narrazione, fluide e avvincenti. Il mondo oscuro e segnato dal destino che emerge dalle parole di Avati è vivido e inquietante, anche dietro l’apparente freddezza burocratica dei tanti verbali di interrogatorio che punteggiano il racconto. Ne consiglio quindi la lettura sia a chi ha visto il film sia, ancora di più, a chi ancora non l’ha visto. Ovvio che il passaggio successivo, per quest’ultimo, sia comunque quello di vedere il film.

sabato 10 agosto 2019

Ricordando Pinù (1939-2019)




Ieri è mancato Pinù Intini, un grande del fumetto, dell'illustrazione e di molto altro. Una personalità poliedrica, una vera dinamo umana di iniziative che sembrava non poter mai esaurire la sua energia e la sua inventiva.

Il ricordo va subito, per me, a quel soleggiato pomeriggio di settembre 1970 quando con mio fratello Gianni sono andato alla redazione del Messaggero dei Ragazzi, che distava solo poche centinaia di metri da casa nostra, ma rappresentava un mondo magico nel quale aspiravamo a entrare, quello dei fumetti. Ci andammo con un fumetto realizzato apposta per l'occasione, ma, me ne resi conto anni dopo, tragicamente inadatto allo scopo, per argomento e qualità realizzativa (era un horror!). Eravamo però convinti che il Messaggero non avrebbe potuto rinunciare alla nostra collaborazione. Venimmo indirizzati a Pinù, che del Messaggero era redattore e colonna portante, occupandosi non solo dell'impaginazione – con una verve e una fantasia notevoli, ma sempre accompagnati da un rigore che faceva in modo di tenere sempre in preminenza la leggibilità della pagina (aspetto che molti impaginatori di oggi non sanno cogliere) – ma anche di tante altre cose, dai fumetti alle traduzioni. Pinù fu molto gentile e cordiale. Naturalmente non poteva accettare materiale come il nostro per il Messaggero né poteva proporci di lavorare per il giornale: non eravamo assolutamente pronti per farlo e lui lo sapeva bene. Seppe però cogliere qualche potenzialità e ci propose di collaborare per l'inserto per ragazzi de Il Santo dei Miracoli, che lui curava in prima persona. Fu l'inizio della mia carriera fumettistica e anche di quella di mio fratello. Già nel giugno 1971 pubblicammo il primo fumetto. Avevo solo 16 anni e per me fu un momento molto importante. Quello fu anche il momento dell'inizio della nostra conoscenza che col tempo si trasformò in amicizia.

Oltre a essere un ottimo artista in prima persona, Pinù aveva anche un grande talento per scoprire e valorizzare il talento degli altri. Tra le sue scoperte, la più importante – e mi sembra giusto ricordarlo qui – fu quella di Aldo Capitanio, un grandissimo disegnatore al quale Pinù diede spazio e fiducia proprio sulle pagine de Il Santo dei Miracoli e che da lì spiccò il volo per una carriera di grande distinzione culminata in quello che secondo me è uno dei migliori Texoni mai realizzati e terminata purtroppo prematuramente per un destino avverso.

Ma Pinù non si occupava solo di fumetti e di illustrazione (nel cui ambito ha realizzato disegni con il suo inconfondibile stile per molti libri): era curioso e interessato a tutto, anche a quello che non ti saresti aspettato da lui. Per esempio, quando esplose il fenomeno delle Tv private, lui divenne subito collaboratore – e colonna, inutile dirlo – della seconda Tv privata di Padova quanto a cronologia: la Radio Televisione Veneta. E, nel 1977, mi chiese di collaborare con lui, cosa che feci con grande piacere realizzando dei programmi sul cinema e sul fumetto. Ma, come detto, la vera colonna era lui, un tuttofare che con l'occasione si inventò figura televisiva a tutto tondo. Realizzammo anche un fumetto in Tv, come andava denominato allora, partendo da un fumetto realizzato da me e Gianni: Pinù non solo collaborò alla realizzazione, ma doppiò anche uno dei personaggi. In gioventù aveva anche recitato a teatro e non se l'era dimenticato. Purtroppo, quel fumetto in Tv, realizzato in super8, è andato perduto, ma io mi ricordo ancora benissimo la voce di Pinù che ne recitava le battute.

Pinù divenne anche redattore – e insostituibile colonna, come sempre – di Padova Sport, un settimanale dedicato al calcio Padova per il quale, oltre a curare l'impaginazione e la “forma” - disegnò vignette di grande umorismo e tempestività. Anche in quell'occasione mi chiese di collaborare e, sempre con mio fratello Gianni, creammo una serie di strisce ambientate nel mondo del calcio. L'entusiasmo che Pinù metteva in ogni sua iniziativa era contagioso e anche in quel caso si trasformò in un pieno successo.

Nei primi anni '90 ebbi anche la possibilità e il piacere di collaborare direttamente con lui per una serie di fumetti per l'amato Messaggero dei Ragazzi: io li scrissi e lui li disegnò, con grande abilità e dedizione, come sempre. Un paio di questi fumetti erano fantasy, con uno stile di disegno tra il comico e l'avventuroso che era la sua cifra stilistica ideale, ma uno era avventuroso-realistico a tutto tondo e lui lo realizzò ottimamente, pur confidandomi che gli era costato molta fatica proprio perché lontano dalla sua naturale inclinazione. La verità era che Pinù, da eclettico puro, era perfettamente in grado di disegnare il comico e il realistico con una qualità pressoché identica: cosa questa possibile a pochi.

Oltre a essere insostituibile colonna del Messaggero dei Ragazzi, Pinù ha realizzato fumetti di grande qualità nel corso di una carriera che si è sviluppata per molti decenni: Ottavio da Castellana, Ciuffo e Mike, Riccio Flint, la serie delle fiabe rivisitate fantascientificamente, Redazione zero, i titoli sono molti e a essi vanno aggiunte le collaborazioni a Prezzemolo, Più e molte altre testate. In tutti i suoi fumetti, Pinù ha saputo offrire qualità, fantasia e leggibilità. Ha avuto anche la soddisfazione di vedere suo figlio Stefano – con il quale anche ho avuto la fortuna e il piacere di collaborare spesso (ma mai abbastanza) – diventare un grande disegnatore, una figura di primo piano nel fumetto tramandando in questo modo la qualità di famiglia.

È difficile riassumere in poche parole la multiforme attività di Pinù e mi rendo conto di essermi soffermato soprattutto sui miei ricordi personali di lui, ma una cosa è certa: quello che ha fatto non può essere dimenticato né sottovalutato, per varietà, originalità e spessore artistico.

Ciao, Pinù.

(Qui sopra due vignette da un episodio di Ottavio da Castellana, 1974)

lunedì 22 luglio 2019

Il signor Diavolo




Tra un mese uscirà Il signor Diavolo, il nuovo horror di Pupi Avati. Chi è interessato può leggere la recensione che ho scritto per MYmovies, cliccando qui

Quando, molti anni fa, mi proposi a Fernaldo Di Giammatteo per scrivere un Castoro Cinema, collana da lui creata e diretta magistralmente, uno dei due registi che proposi era Pupi Avati e, per convincerlo, scrissi una lunga e articolata recensione de La casa dalle finestre che ridono. L'esito fu positivo nel senso che la recensione credo gli piacque, ma non mi affidò Avati, bensì - tra un'altra cerchia di nomi che gli proposi in seguito - Hal Ashby. Sono molto contento d'aver scritto il Castoro su Ashby, ma avrei potuto forse essere il primo a compiere uno studio completo su Avati e mi rammarico di non averlo fatto, dato che è un regista poliedrico e molto bravo.

L'altro regista che proposi in prima battuta, per la croncaca, era Terence Fisher, accompagnato, anche in quel caso, da una dissertazione su Dracula. Credo che, diversamente da Avati, il Castoro su Fisher non l'abbia poi scritto nessuno.

mercoledì 3 luglio 2019

Annabelle 3


Oggi è uscito in sala Annabelle 3, il nuovo episodio della bambola maledetta che, come tutti sanno, si inserisce nell'universo cinematogarfico creato a partire da L'evocazione - The Conjuring. Lo dirige Gary Dauberman, lo sceneggiatore della serie. Lo interpretano, tra gli altri, gli ineffabili Patrick Wilson e Vera Farmiga assieme alla bravissima Mckenna Grace che con il passare degli anni ha perso la K maiuscola, ma continua a guadagnare in bravura.

Chi vuole leggere la recensione che ho scritto per MYmovies può cliccare qui.

Qui sopra un'immagine di Mckenna Grace nel film.

giovedì 27 giugno 2019

Ma



Oggi esce nelle sale italiane Ma, un nuovo horror psicologico diretto da Tate Taylor e interpretata dalla, come si dice, Premio Oscar Octavia Spencer.

Chi vuole sapere cosa ne penso può cliccare qui e andare sul sito di MYmovies dove si trova la recensione che ho scritto.

Qui sopra Diana Silvers in una scena del film.

giovedì 20 giugno 2019

La bambola assassina

Ieri è uscito in sala anche in Italia La bambola assassina, diretto da Lars Klevberg (Polaroid). Si tratta del remake del famoso film omonimo del 1988 che, diretto da Tom Holland, ebbe notevole successo e generò diversi seguiti.

Chi è interessato a leggere la mia recensione su MYmovies, può cliccare qui.

Qui sopra un'immagine dal film, con Aubrey Plaza in evidenza.

venerdì 14 giugno 2019

Rolling Thunder Revue: Martin Scorsese racconta Bob Dylan


Il 12 giugno ha esordito sulla piattaforma Netflix il nuovo documentario di Martin Scorsese dedicato a Bob Dylan, dopo l’eccellente No Direction Home di qualche anno fa. Questa volta l’oggetto del documentario è la famosa Rolling Thunder Revue, quello scatenato, scalcinato, turbolento tour ensemble che Dylan lanciò nel 1975 andando a bordo di corriere (guidava anche lui!) In giro per piccoli teatri nel cuore degli Stati Uniti, annunciando con volantini l’arrivo alle popolazioni interessate, quasi a sorpresa. Il tour ebbe due parti: la prima nel 1975 e la seconda, un po’ diversa come intendimenti ed effettuazione, nel 1976 (testimoniata, quest’ultima, nello speciale televisivo Hard Rain, che necessiterebbe di una bella edizione in blu ray con magari, tra gli extra, l’altro speciale televisivo che fu girato e non trasmesso).

Il documentario si intitola Rolling Thunder Revue: A Bob Dylan Story by Martin Scorsese e già il titolo ci fa intuire che non è un documentario normale. L’inizio poi è rivelatore: compaiono le immagini di un film di George Méliès, il grande illusionista della storia del cinema, quello che ha dato al cinema la magia dei primi effetti speciali che, in quanto tali, ingannavano la realtà. Infatti, il film mescola testimonianze vere a testimonianze artefatte e volutamente false per costruire un quadro immaginario dove la verità è costituito dalle canzoni, come in un certo senso ha sempre sostenuto Bob Dylan. Dylan che mostra qui in pieno il suo senso dell’umorismo un po’ maligno, ma divertente. Lo vediamo all’inizio sbottare con ironia dicendo che non si ricorda niente della Rolling Thunder Revue perché: “è successo così tanto tempo fa che non ero neanche nato”.

L’intreccio tra bugie e verità è affascinante e condotto con maestria. Così un certo Stefan van Dorp (personaggio inventato) spiega d’aver voluto girare un film sulla Revue per svelarne causticamente la realtà, Bob Dylan rivela di aver contattato Sam Shepard perché aiutasse van Dorp con la sceneggiatura (e anche Dylan qui sta al gioco della falsità), mentre poi vediamo Shepard (in una dichiarazione invece “vera”) che ricorda d’essere stato ingaggiato per scrivere la sceneggiatura. Ma naturalmente Shepard si riferisce al fatto che è stato ingaggiato per scrivere la sceneggiatura (o meglio collaborare alla scrittura) di Renaldo & Clara, il film, vero ma ormai nascosto da decenni (e per il quale anche sarebbe necessaria una bella uscita in blu ray), girato da Dylan nel corso della Rolling Thunder Revue.

Il gioco che inscenano Scorsese e Dylan è sottile e anche divertente, ben lontano da No Direction Home, che era un vero documentario. Questo invece rasenta, senza mai arrivarci del tutto, il mockumentary.

Anche l’intervento di Sharon Stone e la citazione dei Kiss sono fasulli in modo divertente. Dylan sembra voler suggerire d’essersi dipinto la faccia di bianco (come faceva nella Revue) quasi per fare come i Kiss, ma appena finisce la dichiarazione di Dylan, si parte con un estratto da Les enfants du paradis (1945) di Marcel Carné, che all’epoca Dylan rivelò essere uno dei suoi film preferiti dicendo d’essersi ispirato a quello per la pittura bianca in faccia. Il gioco prevede quindi la falsità e nel contempo la chiave per coglierla.

Ma non è solo un gioco futile. È invece forse in linea con lo spirito picaresco, teatrale e affascinante della Revue, che non è stato un tour normale. È stato un tour del tutto al di fuori della normalità. E anche il film che lo ricorda è al di fuori della normalità. E come sempre accade nei suoi interventi ogni tanto Dylan ti prende di sorpresa dicendo, tra ricordi semiseri, delle verità profonda che spiazzano, come quando parla di Kerouac e Ginsberg.

Il tocco più geniale, in questo gioco, avviene quando compare sulla scena il deputato Jack Tanner, che non è solo un personaggio inventato da altri, ma è anche e soprattutto un personaggio inventato da altri. Precisamente da Robert Altman per la sua miniserie televisiva Tanner ’88 (1988). Qui Tanner compare interpretato dallo stesso attore, Michael Murphy, che lo interpretava per Altman. La cosa rende il gioco evidente anche a chi fosse stato prima distratto, dato che Murphy è attore ben noto (anche per diversi film di Woody Allen). Sembra quasi che Scorsese e Dylan abbiano inserito questa “testimonianza” alla fine proprio appunto per rendere noto a tutti che quello che hanno visto non era un normale documentario.

Alcuni momenti musicali sono molto intensi e inusuali, come quando Dylan canta da solo The Ballad of Ira Hayes scritta da Peter La Farge nella riserva indiana di Tuscarora, ricordando, a un pubblico che sa bene di cosa si tratta, la storia dell’eroe di guerra indiano finito male anche a causa dell’ingratitudine dello Stato per cui aveva combattuto e che già, quello Stato, aveva depredato di tutto gli indiani.

Le esibizioni della Rolling Thunder Revue sono fiammeggianti e di qualità eccezionale. Scorse si sofferma soprattutto su The Lonesome Death of Hattie Carroll (forse qui nella sua versione migliore delle tante che abbiamo sentito nel corso degli anni) e Isis (una canzone appena scritta in quel momento e che Dylan “sentiva” molto). E Hurricane che Scorsese presenta praticamente per intero compiendo il colpo di genio di interromperla poco prima della fine per mostrarci il vero Hurricane, il pugile Rubin Carter, che racconta le sue impressioni sulla canzone e su Bob Dylan. Canzone che poi riprende per il finale, preso da un altro concerto.

Il film finisce, praticamente (c’è una sorta id bis nei titoli di coda con Romance in Durango), come già lo speciale Hard Rain, con Knockin' On Heaven’s Door, che in quel tour era magia pura, mescolata alle parole serene di auspicio e saggezza del grande Allen Ginsberg che, come molti altri, partecipò a quella grande e strana kermesse che fu la Revue.

giovedì 6 giugno 2019

Polaroid




Oggi esce al cinema Polaroid, un nuovo horror diretto dal norvegese Lars Klevberg. all'origine c'è un cortometraggio dallo stesso titolo diretto dallo stesso regista. Chi vuole sapere cosa ne penso può leggere qui la recensione che ho scritto per MYmovies.

giovedì 30 maggio 2019

The Bad Batch





The Bad Batch è un film strano, ma ci sono dei casi in cui la stranezza non ha connotati positivi. Questa non è una vera e propria recensione, ma solo alcune riflessioni sul film. Ci sono i cosiddetti spoiler, per cui chi non vuole sapere niente della trama, di come si sviluppa o va a finire, è meglio che non legga. Il film è stato in concorso al Festival di Venezia nel 2016. Del resto, è il secondo lungometraggio dell’acclamata regista di A Girl Walks Home Alone at Night, Ana Lily Amirpour.

La storia è semplice e anche piuttosto schematica. In sostanza, in un futuro più o meno prossimo dalle tinte distopiche, una vasta zona desertica è recintata e i criminali vi vengono rinchiusi perché vivano liberamente come vogliono, purché non rompano le scatole alla società. La zona è dichiarata fuori dalla giurisdizione statale. L’idea non è nuova a chi mastichi un po’ di fantascienza, anche cinematografica, ma non è che si possano sempre pretendere idee nuove. Basta che funzionino. Arlen (Suki Waterhouse) è una giovane ragazza che qualcosa di male deve averlo fatto, almeno secondo i parametri sociali imperanti, perché viene mandata nella zona dei senza legge. Spaesata, Arlen vi si addentra, ma viene aggredita da due tizi che la portano in un accampamento dove, senza tanti giri di parole, le tagliano un braccio e una gamba e se la pappano. Perché quello è il modus vivendi di quella comunità. Arlen, vede che ci sono altri nelle sue stesse condizioni, amputati e incatenati in attesa di essere mangiati un po’ alla volta. Ma Arlen è una tipa tosta e sia pure con l’handicap fisico che adesso si ritrova riesce a liberarsi, a fracassare il cranio alla sua carceriera e ad allontanarsi in qualche modo su uno skateboard. Però tanta strada non ne farebbe se non trovasse un vagabondo (Jim Carrey) che la trasporta sino a un’altra comunità dove le cose vanno decisamente meglio. Tempo dopo, Arlen è rimessa in sesto: ha un arto artificiale e viene nutrita e riverita. Questa nuova comunità è retta da un tizio mellifluo che si fa chiamare The Dream (Keanu Reeves) e dispensa droga e pillole filosofico-religiose ai suoi, chiamiamoli così, sudditi. Il tenore di vita è molto più alto che nell’altra comunità, tutti mangiano, i cessi funzionano (come spiega nei dettagli proprio lui ad Arlen) e c’è anche musica, oltre che buonumore. Ma Arlen è sempre imbronciata. Si prende una pistola e, vagando fuori dai confini del villaggio, si imbatte in una donna della comunità cannibale accompagnata dalla figlioletta. Detto fatto, la vendicativa Arlen spara in testa alla donna, rende orfana la bambina e se la porta al villaggio. Il tozzone babbo della bambina si fa chiamare Miami Man (Jason Momoa): lo vediamo uccidere a sangue freddo, per preparare la cena, una povera donna implorante, ma ha anche buone qualità nel disegno e, scopriamo, un grande spirito paterno. Perciò si muove per recuperare la figlia e imprigiona Arlen, che, strafatta dagli allucinogeni, era uscita di nuovo dal villaggio. Intanto, The Dream si è preso a cuore la bambina e l’ha portata nella sua lussuosa casa tra molte donne incinta: le dà anche un piatto di spaghetti, che alla bambina piacciono molto. Per tagliare corto, in sostanza, Arlen prende le parti del tozzone, gli recupera la bambina e poi, anche se lui è riluttante, decide di vivere con lui, con il cannibale cioè. La bambina chiede al babbo gli spaghetti e lui invece gli fa arrosto il coniglietto che la bambina teneva stretto a sé con tanto amore. Ci dev’essere qualcosa di simbolico.

L’ambientazione desertica è interessante e alcuni momenti del film sono bizzarri nel senso giusto, come quando l’eremita interpretato da un irriconoscibile Jim Carrey, per svelare a
Miami Man se ha visto sua figlia, lo costringe a fargli un ritratto. Il più delle volte, però, il film è vittima della sua pretenziosità che lo porta ad allegorie e simbolismi spesso senza sostanza e anche a popolare la vicenda di personaggi senza costrutto. Il principale tra questi è quello interpretato dal povero Giovanni Ribisi, costretto a fare la macchietta dello squinternato. Un personaggio, tra l’altro, totalmente inutile anche ai fini narrativi. La diversità dei due villaggi o accampamenti è anch’essa potenzialmente interessante, pur se anch'essa molto schematica, ma la filosofia del film risulta poco convincente. Non direi tanto ambigua, quanto davvero poco convincente. In definitiva, il succo del film dovrebbe portarci a credere che sia meglio una comunità di cannibali - forse perché più schietti e diretti - rispetto a una comunità retta da una sorta di santone che, nella realizzazione pratica del detto marxiano che la religione è l’oppio dei popoli, rende la sua comunità serena e felice con le droghe, ma anche con un grado di civiltà e di bonarietà maggiore, direi. Mi spiace, ma questa non la compro. La ribelle Arlen, dapprima spara a bruciapelo, novella Charles Bronson, alla mamma della bambina per vendicarsi delle mutilazioni, poi invece cambia idea - ma non c’è un percorso motivazionale a rendere credibile tale cambiamento - e decide di diventare la compagna del tozzone - un torvo Jason Momoa (nientemeno che Aquaman) - che si nutre di poveracci e poveracce e se magna pure er coniglietto della sua figlioletta (figlioletta che il “cattivo” interpretato da Keanu Reeves aveva invitato gentilmente a prendersi cura dell’animaletto).

In sostanza, la storia è sin troppo schematica e i personaggi tutti sopra le righe e monodimensionali. Il fatto che il tozzone cannibale sia un immigrato clandestino che è finito nella zona senza legge apparentemente - dice lui - solo per quel motivo dovrebbe rendercelo umanamente simpatico, anche perché nutre sinceri sentimenti paterni. Il fatto che uccida persone a sangue freddo e se le mangi (e le dia da mangiare anche alla sua famigliola) evidentemente è da considerarsi un difetto scusabile. Keanu Reeves è visto come il volto umano e ammaliante del potere, mentre Miami Man ne è il volto brutale: naturalmente secondo il film bisogna parteggiare per il cannibale. Forse il concetto che il film vuol far passare è che la vera natura dell’umanità è quella predatoria e assassina e quindi bisogna accettarla senza schermature ideologico-religiose. Non so. Vedete voi. Keanu Reeves recita dando l’impressione di chiedersi come abbia fatto a finire lì. Suki Waterhouse si impegna, ma se ha capacità espressive qui le limita a una sola espressione, in sostanza.

Peccato, perché le qualità della regista si vedono, qua e là. Ma tra queste non c’è la concisione: il film dura 119 interminabili minuti. il primo quarto d'ora è ottimo: essenziale, vivace, terso e pugnace. Ho letto che a qualcuno il film è piaciuto. A qualcuno è anche piaciuto molto. A me no, però magari mi sbaglio. Non chiedetemi però di rivederlo per cambiare eventualmente idea.

venerdì 24 maggio 2019

Bob Dylan 78




Oggi è il giorno del settantottesimo compleanno di Bob Dylan ed è bello pensare che è ancora pienamente in attività e tutt’altro che relegato alla santificazione della nostalgia, caso forse più unico che raro e che è giusto celebrare.

Quest’anno apparentemente - speriamo ancora in notizie nuove - il suo tour non passa per l’Italia ed è un peccato. Però ci sono state delle interessanti uscite discografiche. In particolare More Blood More Tracks - The Bootleg Series vol. 14, dedicato a tutto ciò che è Blood on the Tracks. Molto interessante anche perché, oltre alle molte cose belle che contiene, permette di seguire l’estro creativo in azione, tra esitazioni, tentennamenti e diverse versioni egualmente pregevoli. Tra pochi giorni, inoltre, uscirà un nuovo gigantesco cofanetto dedicato alla Rolling Thunder Revue e anche quello si preannuncia imperdibile. Per non parlare del nuovo film documentario di Martin Scorsese, anch’esso dedicato alla Rolling Thunder Revue, che uscirà tra qualche giorno su Netflix.

Certo, sarebbe bello che uscisse anche un nuovo album di materiale originale (che manca ormai dal 2012), ma non si può avere tutto.

Quello passato è stato anche l’anno in cui una certa attenzione dei media (che come sempre si focalizzano sulle cose più importanti) è stata data alla reazione seccata di Bob Dylan nei confronti di tutti quelli che lo bombardano di flash fotografandolo con il telefonino durante i concerti. C’è chi ha sposato la causa di Bob Dylan e chi invece ha ritenuto esagerata la sua reazione e immotivato il divieto che impone (rectius, cerca di imporre) alle fotografie durante gli spettacoli. Io sono andato tante volte a vedere Dylan (e anche tanti altri, per la verità) e non mi è mai venuto in mente di scattare una foto durante i concerti perché stavo ascoltandoli. Una cosa che mi sono sempre chiesto ascoltando le registrazioni dei concerti nel corso degli anni è come mai ci sono molte persone che pagano il biglietto e poi passano il concerto a parlare ad alta voce tra loro oppure (e questo non lo rilevo dalle registrazioni, ovviamente, ma dalla presenza fisica ai concerti) a tenere alto il telefonino per filmare o fotografare. Capisco che per qualcuno sul palco la cosa sia seccante soprattutto se quel qualcuno ritiene di presentare uno spettacolo che richiederebbe attenzione. Se vi capita di vedere qualche filmato dei concerti di Bob Dylan negli anni ’60 (o anche di ascoltare le registrazioni dal vivo), potrete agevolmente vedere come all’epoca il suo pubblico semplicemente restava ad ascoltarlo in modo quasi religioso e poi, alla fine di ogni brano, applaudiva. In quegli anni, tra l’altro, non era raro che Bob Dylan parlasse al pubblico, per tornare su un altro argomento di lagnanza che ho visto avanzare più volte contro di lui. C’è sempre un motivo per cui le cose cambiano. Per quanto mi riguarda, quando vado a un concerto di Bob Dylan, mi siedo e ascolto.

E buon compleanno a lui.

giovedì 23 maggio 2019

L'angelo del male - Brightburn




Oggi esce nelle sale italiane L'angelo del male - Brightburn, un horror atipico che mescola orrore e superomismo in modo piuttosto originale (non è il primo film a farlo, ma non ce ne sono stati poi tanti). Regista è David Yarovesky, produttore il James Gunn di Guardiani della galassia.

Chi vuole leggere la recensione che ho scritto per MYmovies deve solo fare clic qui.

giovedì 16 maggio 2019

Unfriended: Dark Web




Oggi è uscito nelle sale italiane Unfriended: Dark Web, il seguito di Unfriended.

Sia questo che quello hanno come caratteristica quella di svolgersi interamente sullo schermo di un computer con l'utilizzo di familiari applicazioni cosiddette social.

Chi è interessato può leggere la recensione che ho scritto per MYmovies cliccando qui.

Qui sopra un'immagine dal film, con Rebecca Rittenhouse in evidenza.

Suspiria di Luca Guadagnino



Il remake, o meglio la reinvenzione, del capolavoro di Dario Argento, Suspiria, a opera di Luca Guadagnino è ora disponibile in streaming su Amazon Prime Video. Per l'occasione ho scritto qualche considerazione sul film per MYmovies. Chi è interessato a leggere tali considerazioni può fare clic qui e andare su MUmovies. Buona lettura.

sabato 11 maggio 2019

La Banda sul Messaggero dei Ragazzi n. 1036



Nel nuovo numero del Messaggero dei Ragazzi (il n. 1036 datato maggio 2019) compare una nuova avventura della Banda, il variegato gruppo di ragazzini per il quale scrivo le sceneggiature.

Il titolo di questa nuova storia è Tutti in gita e proprio di questo si tratta, di una gita in una città d'arte per ammirare chiese e monumenti che si trasforma in dramma per l'improvvisa scomparsa di una bambina. I ragazzi della Banda così si mobilitano per ricercare la bambina smarrita, mentre i genitori si preoccupano e sale la concitazione.

Tra umorismo e azione, la storia è stata questa volta disegnata dalla brava Giorgia Catelan che ha fatto davvero un ottimo lavoro, come si può intuire anche dalle poche vignette ripprodotte qui sopra.

lunedì 29 aprile 2019

Chambers



Da venerdì scorso è disponibile su Netflix la prima stagione di una nuova serie horror, Chambers. Sono dieci episodi e tra gli attori c'è la gloriosa Uma Thurman.

Chi è interessato può cliccare qui ed essere catapultato sul sito di MYmovies, alla recensione che ho scritto per loro.

martedì 23 aprile 2019

Annabelle 3



Il prossimo 4 luglio è prevista l'uscita nelle nostre sale di Annabelle 3, nuovo capitolo nella saga della bambola malefica che questa volta è diretto da Gary Dauberman, lo sceneggiatore degli altri episodi (e, va da sé, anche di questo).

Nell'attesa di vedere il film, chi vuole può leggere cliccando qui le considerazioni che ho scritto per MYmovies per presentare questo nuovo sequel.

mercoledì 17 aprile 2019

La llorona - Le lacrime del male




Oggi è uscito nelle sale italiane un nuovo horror, La llorona - Le lacrime del male, diretto da Michael Chaves e prodotto da James Wan.

Chi apprezza il cinema messicano di genere, soprattutto quello di qualche anno fa, sa bene chi sia la llorona. Un paio di film (o anche tre mi pare) con la llorona ci sono anche nel mio Dizionario dei film horror. Bisogna dire che è curioso questo recupero di una figura appartenente a una cinematografia così diversa e lontana (più nel tempo che nello spazio), da parte del sempre attento Wan. Ma tant'è: le curiosità sono sempre bene accette.

Chi vuole, può leggere la recensione che ho scritto per MYmovies, cliccando qui.

Qui sopra invece un'immagine dal film con la protagonista Linda Cardellini e Tony Amendola, nel ruolo di padre Perez sostenuto anche in Annabelle.

lunedì 15 aprile 2019

Polaroid




Polaroid è l'esordio nel lungometraggio per il giovane regista norvegese Lars Klevberg. Tra non molto esce anche nelle nostre sale e, in attesa della sua uscita, ho scritto un articolo di presentazione che, se siete interessati, potete leggere sul sito di MYmovies cliccando qui.

Ma in preparazione alla visione del film è interessante anche guardare il cortometraggio, bello e fulminante, che è all'origine del lungometraggio e ha lanciato la carriera di Lars Klevberg.

Pet Sematary, 2019



Da giovedì 9 maggio esce anche nelle sale italiane la  nuova versione del romanzo di Stephen King, Pet Sematary, già portata sulo schermo 30 anni fa (come passa il tempo) da Mary Lambert. Incaricati della regia sono Kevin Kolsch e Dennis Widmyer, di cui molti penso ricorderanno il riuscito Starry Eyes.

In attesa dell'uscita chi è interessato può leggersi qualche considerazione di presentazione che ho scritto per MYmovies: basta cliccare qui.

giovedì 4 aprile 2019

La Banda sul Messaggero dei Ragazzi n. 1035



Nel nuovo numero del Messaggero dei Ragazzi (il n. 1035 datato aprile 2019, attualmente in distribuzione) ricompare La Banda con una nuova storia intitolata La partenza, scritta come sempre da me e illustrata dal grande Luca Salvagno, il creatore grafico della serie.

Come ho già spiegato, La Banda è una serie che vede per protagonisti un gruppo di ragazzini alle prese con avventure di vario genere e, soprattutto, con problemi e questioni che concernono la vita di tutti i giorni.

In questo caso, il problema è di quelli importanti e va a toccare una questione che molte volte può presentarsi nella vita dei più piccoli. In sostanza, la storia tratta dei riflessi di decisioni prese dalla famiglia per i più svariati motivi che vanno a toccare la vita dei ragazzini, i quali si sentono del tutto impotenti di fronte a quello che accade. Nella storia, infatti, uno dei ragazzi della Banda, Chen, deve confrontarsi con la decisione dei suoi di tornare in Cina con tutta la famiglia, lui compreso. E gli altri ragazzi della Banda devono confrontarsi con il senso di vuoto che sentono imminente. Naturalmente la loro reazione sarà quella di cercare di scongiurare il destino imminente...

Mi sembra il caso di sttolineare la bravura di Luca che riesce a essere come sempre e più di sempre molto espressivo nel dare vita alle sensazioni e alle reazioni dei personaggi. Un esempio lo potete avere dalle vignette qui sopra.

Buona lettura a chi lo leggerà.

giovedì 28 marzo 2019

The Prodigy - Il figlio del male



Tornano i bambini malefici al cinema. Oggi è uscito The Prodigy - Il figlio del male, un  nuovo horror diretto da Nicholas McCarthy e interpretato da Taylor Schilling.

Può essere che ci sia qualcuno interessato a sapere che cosa ne penso. Quel qualcuno può cliccare qui e fiondarsi così sul sito di MYmovies proprio nel punto in cui si trova la mia recensione.

lunedì 25 marzo 2019

Border - Creature di confine


Tra qualche giorno - giovedì 28 marzo per l'esattezza - esce al cinema Border - Creature di confine di Ali Abbasi, un film molto particolare.

Chi è interessato a conoscere la mia opinione al riguardo può cliccare qui e andare sul sito di MYmovies dove si trova la mia recensione.

domenica 17 febbraio 2019

Shanda's River



Shanda's River è un piccolo e interessante film horror indipendente italiano, diretto da Marco Rosson.

Emma (Margherita Remotti) è una professoressa dell’Università di Sydney giunta sino a Voghera per compiere degli studi particolari. La accoglie Giulia (Claudia Marasca), una sorta di guida turistica, che la scorta sino all’albergo. L’indomani mattina è infatti previsto che Giulia le faccia da guida sino a un fiume particolare, nei pressi. Emma è molto stanca per il viaggio, ma si sveglia di soprassalto nel cuore della notte, alle quattro in punto. Fa una doccia ed è pronta al mattino per l’appuntamento con Giulia, che le rivela che ci sarà un partecipante in più: Daniel (Diego Runko), un giornalista investigativo croato che è lì sulle tracce di alcuni strani omicidi rituali. Emma spiega a sua volta che sta scrivendo un libro sull’origine di alcune mutilazioni femminili attuate da una setta e praticate tramite un sacrificio di sangue. Durante il viaggio in auto, Giulia racconta che il fiume - o meglio, come precisa, torrente - dove sono diretti ha una storia particolare. Nel 1520 circa scoppiò in quella zona una misteriosa epidemia. La locale abbazia di San Nicola fu così trasformata in un luogo cura e quarantena per i malati. Shanda, una contadina, cercò di dare una mano con erbe medicinali coltivate da lei stessa, senza però ottenere alcun risultato positivo. L’epidemia si propagò e si propagò anche la diceria che la responsabile fosse proprio Shanda con le sue erbe. Così Shanda fu annegata dagli stessi monaci in quel torrente. Mentre sono in viaggio verso il torrente, in una stradina di campagna, i tre hanno un problema all’auto e sono costretti a fermarsi. Due sconosciuti con mantelli neri e strane maschere li attaccano. Emma e Daniel si ritrovano così legati a un albero nei pressi del torrente. Sotto gli occhi di Emma, Daniel viene eviscerato da uno dei tizi mascherati che prima fa mangiare le budella di Daniel a Emma e poi la sgozza. Ma era tutto un sogno: Emma si sveglia in camera sua, sempre alle quattro del mattino. Poche ore dopo Giulia viene a prenderla ed è tutto come nel sogno, compresa l’imprevista presenza di Daniel. Giulia è sorpresa che Emma lo sappia. Emma è ancora più sconcertata nel rivivere tutto quanto ha sognato. E non sarà la prima volta, in un crescendo di orrore.

Gli incubi orrendi, i continui risvegli sempre più affannati, le morti sanguinose contribuiscono a costruire una struttura narrativa singolare che genera interesse e spiazzamento. Un po’ come in Ricomincio da capo o, in versione horror, Auguri per la tua morte, la protagonista sembra intrappolata in un loop malefico dal quale è impossibile uscire. Ogni volta un tassello nuovo, un briciolo di conoscenza in più, la portano verso la soluzione del mistero, creando immedesimazione nello spettatore. La gestione del racconto - tra numerosi e spesso inventive varianti all’interno dei singoli intervalli tra i risvegli - è abbastanza buona, riuscendo a suscitare una discreta tensione, alimentata dall’inspiegabilità e dall’indubbia suggestione di quanto sta succedendo.

Quando si accumulano fatti inspiegabili, però, il problema è che a un certo punto bisogna arrivare a una spiegazione ed è anche sulla “qualità” di quel momento che si valuta l’insieme della storia. In questo caso, dal punto di vista della logica interna del racconto, la conclusione non è deludente, anche se non è nemmeno memorabile. Solo che si risolve principalmente in uno “spiegone” che lascia a lunghi dialoghi il compito, appunto, di spiegare tutto. Un piccolo difetto - in una sceneggiatura (di Nicola Pizzi) per il resto equilibrata e ben scritta - che riduce un po’ l’impatto, ma non compromette l’esito complessivo del racconto, che si mantiene comunque godibile e con qualche elemento di originalità nel contesto del sottogenere stregonesco.

L’evidente ammirazione del regista verso i maestri dell’horror italiano di qualche anno fa si traduce in particolare - sembra di poter dire - in un riuscito omaggio a Lucio Fulci, con svariate efferatezze a condire con efficacia il racconto grazie anche ai buoni effetti speciali di Eleonorita Acquaviva (significative, per l'inquietante design, anche le maschere indossate dagli adepti della setta malefica).

La recitazione si mantiene su livelli nel complesso adeguati: si possono segnalare, in particolare, le buone prove della protagonista Margherita Remotti, cui spetta il compito più impegnativo sostenendo spesso da sola la scena, e di Diego Runko, convincente nel ruolo del giornalista investigativo che la sa lunga, ma forse non abbastanza.

Nel complesso promettente la prova del giovane regista Marco Rosson: non manca qualche asperità nella messa in scena, dovuta principalmente a inesperienza e budget ridotto, ma vengono alla luce buone qualità sia nella capacità di narrare per immagini sia nella scelta delle inquadrature.

giovedì 14 febbraio 2019

Crucifixion - Il male è stato invocato



Per chi vuole passare un San Valentino un po' diverso, oggi esce nelle sale un nuovo horror: Crucifixion - Il male è stato invocato. Il reegista è Xavier Gens, di cui molti ricorderanno Frontiers. La porotagonista è Sophie Cookson. L'ambientazione è la Romania rurale.

Chi lo desidera, può leggere cosa ne penso nella recensione che ho scritto per MYmovies: basta cliccare qui.

domenica 3 febbraio 2019

I mercoledì di Pippo (again)


Nel periodo, non breve, in cui uscirono i vari episodi della serie I mercoledì di Pippo, ricevetti attestati di stima da parecchi colleghi e anche dalla maggior parte dei componenti la redazione di Topolino (ci fu infatti anche chi mi disse candidamente - e del tutto legittimamente - che non ne apprezzava lo spirito, ma che dato che al pubblico piacevano…). Anche qualche critico di fumetti mi disse che li apprezzava molto. Però, che io sappia, nessuno, in quel periodo, ne scrisse qualcosa. Dal punto di vista critico, ufficialmente, passarono del tutto inosservati. Molti anni sono passati da allora: considerate che l’ultima sceneggiatura per un Mercoledì di Pippo l’ho ultimata il 18 settembre 2002 (I mercoledì di Pippo: nelle segrete più segrete). Quindi, è più che normale pensare che l’oblio che già c’era prima, oggi sia ancora più consistente.

Ho notato invece che - forse anche per l’abortita ristampa organica della serie tentata recentemente - qualcuno ne ha parlato sul web e ha cercato di analizzare in modo compiuto anche i meccanismi che contraddistinguevano quella serie. Mi fa piacere perciò segnalare anche qui questo paio di articoli comparsi sul web.

Il primo è questo, comparso sul blog nonquelmarlowe: si sofferma in particolare su una delle storie dei Mercoledì (Il libro della ricchezza), svolgendo considerazioni interessanti. A questo proposito, posso precisare che non conosco il romanzo di Edgar Wallace citato. Invece, uno spunto mi venne in quell’occasione da un vecchio e strano film: poi, come capita spesso in questi casi, lo spunto diede origine a qualcosa di completamente diverso, tanto che non ne rimase nulla nella storia, se non nella mia mente, nel senso che ricordo i processi mentali che partendo da una cosa mi portarono a un’altra.

Il secondo, invece, è questo, comparso sul sito Ventenni Paperoni con il titolo Il meraviglioso nonsense meta-narrativo dei Mercoledì di Pippo. Scritto da Michela Nessi, è un’analisi articolata della serie e delle sue strutture narrative. Molto interessante, anche e soprattutto per me che ho scritto quelle storie.

Se vi interessano i Mercoledì di Pippo, troverete probabilmente interessanti anche questi articoli.

mercoledì 30 gennaio 2019

L'esorcismo di Hannah Grace



Domani esce nelle sale un nuovo horror dal titolo molto esplicativo (anche se in effetti c'è molto altro, oltre all'esorcismo): L'esorcismo di Hannah Grace. Chi è interessato a leggere che cosa ne penso, può cliccare qui e andare sul sito di MYmovies dove si trova la mia recensione. Buona lettura (e buona visione nel caso decidiate di andare al cinema),

Qui sopra un'immagine dal film, con la protagonista Shay Mitchell in evidenza.

martedì 29 gennaio 2019

Cinema e zombie


Segnalo con piacere un'intervista che mi ha fatto Davide Girardi per il suo interessante sito Filmaboutit (un sito che è una miniera di informazioni sul cinema di genere). L'argomento dell'intervista sono gli zombie nel cinema: uno dei sottogeneri più frequentati e significativi del cinema horror soprattutto dopo la rivoluzione copernicana realizzata da Romero con La notte dei morti viventi. Ma, senza indugio, chi vuole leggere l'intervista non deve far altro che cliccare qui e andare sul sito di Filmaboutit dove consiglio poi si soffermi per le altre cose che ci sono. Buona lettura.

domenica 27 gennaio 2019

Lion



Lion è un cortometraggio scritto e diretto da Davide Melini.
La storia parte da una situazione ben delineata. Un uomo collerico e forzuto in canottiera si abbrutisce di birra davanti al televisore, guardando varie cose (anche Psycho!), ma focalizzandosi alla fine su un documentario naturalistico con i leoni. Un bambino dallo sguardo spaurito e dagli evidenti segni di percosse è nel suo lettino e cerca conforto in un leoncino di peluche. Una donna indaffarata e rassegnata è in cucina. Un quadro di squallore familiare che viene disintegrato quando accade qualcosa di incredibile. Il leone del documentario sembra attraversare lo schermo (come Sadako o, per restare in ambito italiano, come i demoni baviani) e piombare nel salotto di casa.

Davide Melini racconta con stile ed economia narrativa una storia esemplare che in un contesto horror tratta un argomento tristemente all’ordine del giorno quale quello delle violenze in famiglia nei confronti dei minori. L’irruzione dello straordinario nella quotidianità rappresenta la forza dell’ordine naturale quale unica possibilità di salvezza per chi, invece, si trova a essere, nella quotidianità della società umana, vittima inerme della sopraffazione. Il parallelo tra la forza del desiderio e la possibilità della sua realizzazione richiama alla mente echi bradburiani, con il famoso racconto The Veidt (trasposto al cinema nell’ambito del film antologico L’uomo illustrato), ma in quel caso i bambini, come spesso nei racconti di Ray Bradbury, erano tutt’altro che vittime e i genitori tutt’altro che aguzzini, anche se, pure in quel caso, le sfumature e le interpretazioni sociologiche erano molteplici. Nel caso di Lion, la situazione è ben diversa e più definita: si capisce da quale parte sta il torto e da quale la ragione e si capisce anche che una soluzione non può essere trovata all’interno degli equilibri familiari né sembra poterci essere un aiuto esterno che provenga dalla società civile. La sensazione di solitudine e di impotenza del bambino è ben delineata. La salvezza, se c’è, deve cercare purtroppo strade straordinarie.

Tutto questo, Melini non lo enuncia, fortunatamente, ma lo fa scaturire da una narrazione che evita quanto più possibile i didascalismi e le banalità. Certo, i personaggi sono prototipi, ma lo sviluppo dell’azione e della storia avviene attraverso un raffinato gioco di giustapposizioni e di montaggio, senza enfasi e con un attento uso delle ombre e dei suoni a ricreare un effetto magico e straniante che richiama i vecchi horror di Val Lewton. Il risultato - creare un piccolo film efficace in se stesso quale racconto horror e anche efficace nel veicolare il suo messaggio - è raggiunto.

Tra gli interpreti, Michael Segal, bravo attore, ricorrente in molto horror indipendente. Suggestive e appropriate le musiche di Francesco Tresca. Efficace la fotografia di Juanma Postigo.

Davide Melini è stato aiuto regista di Dario Argento per La terza madre, oltre che per alcune importanti produzioni televisive, e si è già fatto notare per diversi cortometraggi. Lion ha vinto una consistente quantità di premi in vari festival in giro per il mondo e fa ben pensare per un prosieguo di carriera di rilievo.

Il trailer è visibile a questo link.