Sul numero 74 (agosto 2024) di Zio Paperone, attualmente in edicola, c’è una mia vecchia storia, Zio Paperone e l’inutile statuetta, originariamente pubblicata su Topolino n. 1705 del luglio 1988 e poi più volte ristampata. Ai disegni, magistrale come sempre, il grande Giorgio Cavazzano. Qui viene presentata sotto la gratificante egida di Storia Superstar e le viene dedicato un servizio di presentazione scritto da Marco Travaglini (che ringrazio per l’attenzione). Non capita spesso (anzi, non capita quasi mai) che venga riservata qualche elaborazione critica al mio lavoro disneyano e per questo lo segnalo volentieri, anche perché è un servizio, pur breve, ma ricco di spunti e di riflessioni interessanti anche per il lettore occasionale. Era quello un periodo in cui mi piaceva lavorare sulla struttura delle storie alla ricerca di risvolti originali e di una narrazione il più delle volte sincopata e, nei miei auspici, brillante. In questo caso, come risulta evidente, l’intenzione era raccontare una storia semplice, curiosa e volutamente circolare che consentisse un siparietto significativo a ciascuno dei personaggi del mondo dei paperi. Era praticamente l’inizio - il vero inizio lo situo nella storia Paperino e i fulmini spiazzanti dell’anno precedente, ma siamo lì - di un periodo molto fertile in cui, per varie circostanze, mi sono sentito più libero di creare e ho dato fondo alla mia inventiva. Pertanto, chi vuole leggersi quella che ritengo una storia simpatica e riuscita sa dove trovarla.
martedì 20 agosto 2024
Zio Paperone e l’inutile statuetta su Zio Paperone n. 74
lunedì 29 aprile 2024
Carcere modello: breve storia di una breve storia
È in edicola (io non l’ho ancora trovato, ma dovrebbe esserci), un meritevole volumetto edito dall’Editoriale Cosmo e dedicato a Smalto & Jonny, personaggi creati da Giorgio Pezzin ai testi e Giorgio Cavazzano ai disegni. In appendice due storie “libere”, per così dire. Una di queste è Carcere modello, scritta da me e magistralmente disegnata da Giorgio Cavazzano. Questa è, in linea di massima, la prima ristampa dopo oltre trent’anni per cui mi sembra interessante raccontare la sua travagliata genesi.
La storia di Carcere modello nasce infatti da molto lontano. La prima forma in cui si è materializzato è quella di un racconto, che ho finito di scrivere il 17 maggio 1977 ed è rimasto inedito. L’avevo proposto a The Time Machine, una fanzine padovana di fantascienza con cui ogni tanto collaboravo, ma non l’avevano voluta. Successivamente, mi resi conto che avrebbe potuto funzionare meglio come fumetto e quindi ne ho tratto una sceneggiatura, completata il 24 febbraio 1978. In quel periodo, collaboravo con Giorgio Cavazzano per alcune storie di fantascienza pubblicate sul Mago, perciò gli proposi anche quella. Gli piacque e provò a disegnarla, ma, fatti alcuni disegni preparatori, si rese conto, mi disse, di non avere il “segno” giusto per realizzarla. Mi suggerì allora di proporla a Milo Manara che, secondo lui, avrebbe potuto essere interessato per l’argomento e le tematiche sottese. Così spedii via posta, come si faceva allora, la sceneggiatura (assieme a qualche altra, credo) a Manara. Giorgio mi aveva dato il suo numero di telefono e così, dopo un certo lasso di tempo (non ricordo quanto, ma non moltissimo), gli telefonai. Il numero di telefono corrispondeva a un indirizzo del veronese, un paesino di campagna. Giorgio mi aveva avvertito che la cosa sarebbe stata un po’ particolare perché Manara non rispondeva direttamente a quel numero di telefono. Non so se non fosse il suo o se comunque lui stesse a una certa distanza, in ogni caso sapevo che poteva volerci un po’ di tempo. Al telefono, mi rispose una voce femminile che mi disse di restare in linea. Sentii i suoi passi allontanarsi, poi, dopo un certo periodo di tempo, sentii dei passi, diversi, che si avvicinavano. La cornetta fu sollevata e Milo Manara mi parlò, in prima persona. Molto gentilmente, mi disse che aveva letto le sceneggiature, ma, proprio in quel periodo, aveva preso la decisione di scriversi da solo le storie che avrebbe disegnato. Oggi, a ripensarci, spero che una tale drastica decisione Manara non l’abbia presa dopo aver letto le mie sceneggiature, come conseguenza diretta. Non mi disse se Carcere modello gli era piaciuto: era dirimente il fatto che aveva deciso di fare da sé. Lo ringraziai - era stato molto cortese - e lo salutai. Appresa la notizia, Giorgio mi disse che, se per me andava bene, avrebbe tenuto lui la sceneggiatura per vedere se, col tempo, gli veniva l’ispirazione per il segno giusto con cui disegnarla. A me andava benissimo, così gli dissi che poteva considerarla sua in esclusiva. Gli anni passarono e io ormai davo per persa la possibilità di vedere Carcere modello diventare un fumetto. Invece, nel settembre 1984, Giorgio mi telefonò: aveva trovato l’ispirazione e aveva già disegnato Carcere modello. Ma c’era di più: aveva fatto leggere la sceneggiatura - non so se prima o dopo averla disegnata, probabilmente prima, a pensarci - a Luigi Bernardi, allora curatore di Orient Express, e questi gli aveva detto che era la più bella sceneggiatura che aveva letto negli ultimi anni, o, adesso non ricordo più bene, la più bella sceneggiatura che aveva letto nell’ultimo anno o, più probabilmente, la più bella sceneggiatura che aveva letto negli ultimi cinque minuti. Insomma, gli era piaciuta. Carcere modello sarebbe stato pubblicato su Orient Express. Non solo, avremmo avuto la possibilità di creare una serie ex novo per Orient Express. Proposi a Giorgio un noir con protagonista un detective ironico e disincantato (il riferimento era il Marlowe di Elliott Gould, anche graficamente), ma hard boiled, da ambientare a Pittsburgh (ero romeriano già allora). Scrissi il soggetto, molto lungo e dettagliato, per la prima storia, dura, che toccava tematiche all’epoca assai scabrose, di un pessimismo cosmico alla Chinatown di Polanski. A Giorgio piacque e cominciò a fare i disegni preparatori (molto belli, li ricordo ancora), ma questa è un’altra storia (che naturalmente non ha portato a niente). Tornando a Carcere modello, Orient Express cessò le pubblicazioni prima di poterlo pubblicare. A quel punto, l’entusiasmo si dissolse come una bolla di sapone e rimanemmo col cerino in mano. Nel corso degli anni, Carcere modello è stato vicino alla pubblicazione più di qualche volta e ogni volta sembrava fatta: a un certo punto sembrava che sarebbe stato pubblicato in pompa magna in Francia, ma non se ne fece nulla. Sembrava certo, certissimo, anzi probabile che sarebbe stato nel primo numero di una nuova e ambiziosa rivista a fumetti, mi pare che dovesse chiamarsi Odeon o qualcosa del genere (comparve la notizia su Fumo di china, quando ancora era in formato piccolo), ma l’iniziativa si chiuse improvvisamente prima di aprirsi veramente. E ce ne sono state altre ancora: ogni volta Giorgio - era lui che si occupava di tutto, molto generosamente - mi telefonava entusiasta dicendomi: “Questa volta ci siamo”. E invece non c’eravamo mai. Gli anni passavano e io rischiavo di acquisire l’infausto titolo dello sceneggiatore dell’unica storia inedita di Giorgio Cavazzano, un disdoro che mi avrebbe inserito per sempre nell’elenco dei paria dei comics. Di punto in bianco, Giorgio mi avvertì - si era arrivati al 1990 - che Carcere modello sarebbe stato pubblicato su Fumo di china. Sì, certo, bene, risposi io, pensando che cosa sarebbe potuto succedere: che so, un asteroide che si schianta sulla sede di Fumo di china? Un po’ mi dispiacque apprendere la notizia, comunque, perché Fumo di china era l’unica rivista di critica fumettistica che usciva in edicola: vista la rogna che Carcere modello si portava addosso, pubblicarlo avrebbe di certo significato la sua repentina scomparsa e di ciò non avrei voluto essere responsabile. Ma non avevo voce in capitolo e d’altronde se l’erano voluta loro. Ma non sapevo che, come dicono gli americani, the joke was on me. Carcere modello fu finalmente pubblicato nel numero 3-4 di Fumo di china del 1990 e avrei potuto esserne contento anche se la pubblicazione avveniva a distanza di anni e in una rivista di limitata diffusione per cui era prevedibile non avrebbe avuto alcun impatto sulla mia carriera (infatti, non ne ebbe). Ma quello che inizia male non può che finire male. Mi accorsi infatti con sorpresa e con sgomento che qualcuno era intervenuto pesantemente su parte dei dialoghi. Il senso, il contenuto e il significato della storia non era possibile alterarli, ma l’ironia e l’equilibrio di alcuni dei dialoghi erano stati trasformati, in peggio secondo me. Chi l’aveva fatto? L’ho scoperto solo nei giorni scorsi quando, sempre in occasione della ristampa su Smalto & Jonny, chi l’ha fatto ha “confessato”. E ho apprezzato la cosa. Perché l’aveva fatto? Evidentemente, ritenni all’epoca (oggi, sapendo come sono andate le cose, ho una visione un po' diversa), perché pensava di saper scrivere meglio di me (il che, in astratto, è anche possibile: molti scrivono meglio di me, ma, avvedutamente, si scrivono le loro storie, non le mie). Qualcuno mi avvisò di tale massacro? No. E perché mai avrebbe dovuto? In fondo, ero solo l’autore. Così Carcere modello che avrebbe potuto essere, se fosse uscito al momento giusto e nel posto giusto, un fumetto importante nella mia storia fumettistica, è diventato, sempre nella mia storia fumettistica (se ne esiste una), un fumetto irrilevante e deludente. Preparai - e ce l’ho ancora - un file con le modifiche per ripristinare il testo originario in caso di ristampa, ma per anni il fumetto non è mai stato propriamente ristampato (se non, surrettiziamente, nel volume Percorsi dedicato a Giorgio Cavazzano: in quel volume sono state pubblicate, come illustrazioni al testo, tutte le tavole del fumetto, com’erano uscite su Fumo di china). E adesso che è stato ristampato, naturalmente non è stato possibile ripristinare il testo originario perché questo avrebbe significato riletterare il tutto con costi insostenibili. Perciò, tutto è ormai cristallizzato. Avevo pensato - e in effetti qualche tempo fa per un paio d’ore su questo blog l’avevo anche fatto (prima di cancellare il post) - di pubblicare qui il testo originale di Carcere modello per consentire a chi fosse interessato di fare una collazione (non cappuccino e brioche, ma un confronto tra i testi). Poi però mi balzata prepotentemente addosso l’evidenza che a nessuno gliene sarebbe importato qualcosa e quindi ho pensato di farne a meno e di chiuderla qui.
giovedì 29 ottobre 2020
Topolino Writers Edition
È attualmente in edicola un numero della serie Topolino Writers Edition che per me è molto particolare perché è dedicato alle storie che ho scritto io. Ho partecipato alla scelta delle storie da pubblicare in questa antologia e non è stato un compito facile. Ho scritto varie centinaia di storie. Tante, ma molte meno di quante avrei voluto. Comunque, scegliere tra centinaia di storie è un problema anche perché, come potete immaginare, le mie storie a me sembrano tutte più o meno belle perché, in linea di massima, di ciascuna ricordo la difficoltà e la soddisfazione della creazione. O almeno mi piace pensare che sia così perché in effetti alcune delle storie che ho scritto me le sono totalmente dimenticate al punto che quando mi capita di rileggerle mi sorprendo a pensare che lo ho scritte io. E sì, mi sembrano belle anche quelle che ho dimenticato.
In ogni caso, una scelta doveva essere fatta e una scelta è stata fatta. Come tutte le scelte è opinabile e come tutte le scelte è stata anche figlia delle circostanze. Per esempio, qualcuno potrebbe stupirsi per l’assenza di almeno un Mercoledì di Pippo. In fondo, è la serie per cui sono maggiormente ricordato, se sono ricordato. Ma l’assenza dei Mercoledì di Pippo - avevo pensato a un titolo da inserire e avevo scelto Ali in fiamme - è causata dal fatto che l’intera serie è oggetto di questi tempi di una riproposizione organica in volumi interamente a essa dedicati perciò metterne uno anche qui sarebbe stata una duplicazione che di certo qualcuno avrebbe potuto stigmatizzare. Altre storie che potevano essere selezionate sono state scartate giustamente perché ristampate da poco o in procinto d’essere ristampate. Mi sembra una cosa ragionevole: anche se questo è un volume particolare dedicato a un autore è opportuno evitare sovrapposizioni con altre pubblicazioni e dare ai lettori qualcosa il più possibile appetibile e non ridondante. Inoltre, come ho detto sopra, non è che manchino le storie belle tra quelle che ho scritto io, anzi (di questi tempi dovrei forse inserire un emoticon per segnalare che sono ironico, ma mi auguro che la cosa si colga lo stesso). Perciò, la selezione finale mi sembra ottimale e comunque sono praticamente tutte storie che ho indicato io.
Il volume si apre con una straordinaria prefazione (corredata da una grandiosa caricatura) scritta per l’occasione da Stefano Intini, compagno di mille avventure e fantastico disegnatore. Stavolta dimostra anche di saper scrivere e soprattutto di saper scrivere bene di me, cosa che me lo rende ancora più caro. Io e Stefano abbiamo creato molte storie disneyane che sono tra le mie preferite (un paio sono comprese anche in questo volume), ma abbiamo collaborato anche per altri fumetti spesso (non abbastanza spesso, per quanto mi riguarda) e volentieri: il suo tratto personalissimo mi è sempre piaciuto molto e l’ho sempre trovato adattissimo alle mie sceneggiature. Inoltre, per anni abbiamo giocato a tennis e a calcio balilla insieme finché non ho più retto allo stress fisico (si fa per dire) e lui invece è rimasto perfettamente atletico come un Dorian Gray in stile Schwarzenegger. A conclusione c’è una mia postfazione in cui svolgo alcune considerazioni in generale e sulle storie contenute nel volume. E c’è anche una mia foto recente che è stata scattata nientemeno che da Marco Gervasio a casa di ancor più nientemeno che di Giorgio Cavazzano. Infine, in quarta di copertina ci sono delle belle parole di Davide Catenacci, che ringrazio, come ringrazio Stefano.
Non ripeto le cose che ho scritto nella postfazione che vi invito a leggere nel volume, ma posso spendere qualche altra parola per le storie pubblicate.
Zio Paperone e l’inutile statuetta è un esempio del tipo di storie che mi è sempre piaciuto scrivere e cioè storie che avessero qualche elemento di stranezza e di particolarità pur mantenendosi facilmente leggibili e divertenti. In questo caso, l’idea - non nuova, forse, ma pur sempre interessante - era quella di coinvolgere un po’ tutti (o comunque parecchi) i personaggi del mondo dei paperi mantenendo come filo conduttore un oggetto che passa dall’uno all’altro in modo scorrevole e naturale per arrivare poi a una quadratura narrativa del cerchio. La gradevolezza della storia è naturalmente molto aiutata dai superlativi disegni di Giorgio Cavazzano, maestro supremo dell’accattivante leggibilità.
Topolino e i sogni ricorrenti invece dovrebbe rappresentare un’altra faccia di quella che spero essere la mia versatilità. Ho sempre desiderato non fossilizzarmi su un solo tipo di storia, ma mantenere ampio il ventaglio affrontando vari generi e tematiche. In questo caso, il genere sarebbe in qualche modo lo psycho-thriller in chiave topoliniana. Mi piaceva giocare con il personaggio, renderlo insicuro e avere la possibilità, anche qui, di inserire vari personaggi in modo diverso dal solito, riesumando anche il pirata Orango. Ottimamente disegnata da un valente disneyano come Valerio Held, è una storia che mantiene un certo grado di complessità e mi è piaciuto scrivere.
Paperino e Paperoga allenatori super allenati è una delle mie storie calcistiche preferite. Il calcio è da sempre una delle mie passioni (passione che condivido tra l’altro con Stefano Intini) e scrivere storie calcistiche con i paperi mi ha sempre divertito. Questa, in particolare, mi sembra riuscita e abbastanza scatenata con i cugini che per una volta formano un coriaceo sodalizio e remano tutti dalla stessa parte, purtroppo a bordo di una barca che fa acqua. Il calcio è una miniera di spunti per storie divertenti che, se realizzate bene, possono essere tali (divertenti, cioè) anche per chi il calcio non lo apprezza. L’importante è conoscerlo bene per poterlo rappresentare o deformare in modo credibile. Anche qui i disegni di Giorgio Cavazzano sono un plus inarrivabile.
Quando Ciccio va fare la spesa è uno dei miei classici, se così si può dire. Avevo già provato a rendere Ciccio protagonista assoluto con la storia I sogni di Ciccio, disegnata da Paolo Ongaro. Qui ho perfezionato la formula cercando di sfruttare al meglio le caratteristiche di un personaggio particolare che fa del sonno e delle mangiate pantagrueliche le sue peculiarità (ed è quindi difficile da utilizzare). La formula è venuta piuttosto bene e l’ho riutilizzata più volte per altre storie con Ciccio cercando sempre di apportare le dovute variazioni per non stancare (e non stancarmi io stesso). I disegni di Stefano Intini sono perfetti e valorizzano alla grande situazioni che tendono sempre più all’assurdo per poi rientrare in un’apparente normalità.
Topolino e l’incredibile situazione è una di quelle storie che mi ero dimenticato d’aver scritto. Guardando nel mio database per fare la scelta mi ci sono imbattuto e, vedendo che era disegnata da Enrico Faccini (autore che per inciso è sempre in grado di divertirmi e che trovo assolutamente spassoso anche come sceneggiatore), mi sono incuriosito e sono andato a rileggermela. Quindi l’ho scelta perché mi è piaciuta e mi sono ricordato di quando, ere fa, l’ho scritta. Il divertimento era quello di mettere in difficoltà Topolino in modo che lui, onesto e buono, si ritrovasse a essere ingiustamente sospettato di atti di vandalismo e non trovasse sponda in alcuno dei suoi amici o conoscenti. I disegni di Faccini sono perfettamente in linea con la storia e la valorizzano. Il colpo di scena finale adesso può sembrare un po’ scontato, ma all’epoca della prima uscita era piuttosto buono (e, si sa, a volte bisogna contestualizzare). Inoltre, mi è sempre piaciuta l’ultima vignetta con un Topolino che, in parte, perde la sua bonarietà.
Paperino e il supertraining da concorso è una tipica vicenda in cui Paperino e Paperoga si confrontano in un crescendo distruttivo di detonante assurdità sino a un finale che mi pare simpatico e a un sottofinale che riporta ancor più le cose nella sfera della credibilità. Scrivere queso genere di storie non è facile perché bisogna mantenere un buon ritmo e disseminarle di trovate comiche, ma è anche molto divertente perché ci si può scatenare, soprattutto se si è coadiuvati da un grande come Stefano Intini che riesce a rendere perfettamente espressivi i suoi disegni.
Paperino procuratore sopraffino è un’altra storia calcistica, un po’ diversa. In questo caso affrontavo il fenomeno dei procuratori calcistici che è diventato sempre più preminente nel mondo del calcio, affidandone il ruolo a un Paperino perfettamente a suo agio in un lavoro che gli piace perché gli permette di sfruttare le proprie passioni e le proprie competenze. Ma soprattutto, in questo caso, mi era piaciuto tratteggiare la figura del calciatore che garantisce un gol a partita e solo quello per poi scandagliarne prerogative e superstizioni. Ottimi come sempre i disegni di Alessandro Gottardo, un altro amico con cui ho collaborato spesso anche in ambiti extra disneyani. Da una vignetta di questa storia è tratta la copertina del volume.
Topolino, Pippo e il rubinetto irriducibile è un esempio dei cosiddetti filler (riempitivi), vale a dire storielle corte e comiche che completano gli albi. Sono storie semplici che però permettono di affrontare, in genere, la quotidianità dei personaggi alle prese con le piccole cose della vita, che nel caso di Pippo possono essere strambe e divertenti. Ai disegni un’altra valente disneyana dalla lunga carriera come Maria Luisa Uggetti.
Topolino e la principessa del lago invisibile è la storia più recente tra quelle pubblicate ed è disegnata magistralmente da un altro degli indiscutibili grandi del fumetto disneyano, Massimo De Vita. De Vita ha disegnato diverse delle mie storie - tra cui due delle primissime, Topolino e il ricattatore misterioso e Topolino e il fantomatico ritorno di Macchia Nera - ed è sempre stato un piacere vederle perché è uno di quei disegnatori che aggiunge sempre valore alle storie. Anche in questo caso i suoi disegni sono eccezionali e accompagnano una storia nella quale ho cercato di inserire un colpo di scena finale e di dare una densità narrativa particolare. Paradossalmente, può essere che in questo caso il colpo di scena risulti migliore che al momento della prima pubblicazione.
sabato 30 settembre 2017
La Top Ten dei (miei) disegnatori
1 Rodolfo Torti 1802
2 Giorgio Cavazzano 629
3 Gianni Salvagnini 573
4 Lino Gorlero 425
5 Luciano Gatto 389
6 Stefano Intini 364
7 Alessadro Gottardo 354
8 Silvio Camboni 265
9 Studio Bargadà 261
10 Valerio Held 226
Naturalmente si tratta di una mera classifica quantitativa, ma comunque è indicativa. I disneyani la fanno da padroni, ma in diversi casi non soltanto con materiale disneyano. L’inarrivabile primo posto è però del grande Rodolfo Torti con il quale ho diviso l’onore di proseguire per tanti anni Rosco e Sonny sul Giornalino (ma in quel numero astrononomico ci sono anche altri, seppur pochi, fumetti). Lo stesso vale per Giorgio Cavazzano, che mi introdusse a Topolino e col quale ho fatto anche altri fumetti, non disneyani. Mio fratello è stato insostituibile sodale di mille avventure dagli inizi ai giorni nostri. Il bravo Lino Gorlero è stato l’imprescindibile partner nella mirabolante avventura dei Mercoledì di Pippo che, come ho detto più volte, non sarebbero esistiti senza il suo intervento. I posti successivi sono di ottimi disneyani: con alcuni di loro ho fatto con piacere anche altri fumetti e spero di farne ancora.
Ma poiché questa è una classifica quantitativa, restano fuori molti autori (ne ho contati 129 in tutto). Restano fuori di sicuro gli autori non identificati e quelli che hanno disegnato storie mie che non sono riuscito a vedere pubblicate (ma che so esserlo state). Ma restano fuori soprattutto i molti che hanno disegnato poche (o tante, ma non abbastanza da entrare in classifica) mie storie. Tutti, naturalmente, per me sono importanti. Alcuni, però, lo sono di più, per varie ragioni. Per esempio essere nell’elenco degli sceneggiatori di autentiche leggende del fumetto italiano come Antonio Canale, Nevio Zeccara, Renato Polese o Ivo Pavone è per me un grande piacere. Come lo è aver diviso sia pure poche pagine con l’indimenticato Aldo Capitanio. E un piacere è anche collaborare adesso con Luca Salvagno e gli altri ragazzi (e ragazze) della Banda, la mia ultima (nel senso di attuale, stiamo calmi) serie a fumetti, così come lo è stato con Davide Perconti, appena poco prima di quest’ultima serie. Ma è stato anche molto bello poter scrivere le storie per alcuni fumetti disegnati da Pinù Intini (il papà di Stefano, che invece è ben presente nella Top Ten): Pinù è stato il primo a credere che potessi essere uno sceneggiatore pubblicando i miei primi lavori e quindi poter collaborare con lui qualche anno fa (per dei fumetti che, a mio parere, sono molto riusciti) è stato di particolare soddisfazione.
Giuliano Piccininno, l’ispiratore di questa Top Ten, non ce l’ha fatta (colpa sua, però, io gli avrei scritto vagoni di sceneggiature, potendo) a entrarvi, ma è ben rappresentato e potrebbe forse essere nella Top 20 (che però non stilerò). Ah, dimenticavo: nel fare la classifica ho tenuto conto solo in parte di vignette e strisce (troppo difficile calcolarle), ma in ogni caso il totale delle pagine è di 11.361. Non sono poche, forse, ma di certo avrei voluto fare di più.
Qui sopra, ça va sans dire, un paio di immagini da Rosco e Sonny, disegnate da Rodolfo Torti.
mercoledì 19 giugno 2013
50 anni di Messaggero dei Ragazzi
Dei fumetti vengono riprodotte parecchie pagine significative, dalle quali emergono firme di assoluto prestigio come Giorgio Cavazzano, Dino Battaglia, Lino Landolfi, Massimo Mattioli e altri ancora. Tra loro, mi fa piacere ricordare qui la presenza di Pinù Intini, che del Mera è stato a lungo redattore rappresentandone una sorta di continuità e di "anima": di suo viene presentata nella mostra la pagina di apertura del fumetto Quel giorno a Dallas, dedicato a JFK. Mi fa anche piacere ricordare con l'occasione che, proprio per il Mera, io e Pinù abbiamo collaborato per diverse storie, tra cui una piuttosto lunga che prendeva spunto dalla leggenda della fortezza di Sigiriya a Sri Lanka.
Ma dato che ho anche sempre avuto un debole per me stesso, segnalo la mia presenza nel pannellone degli anni '90 (la mia collaborazione è durata dal 1987 al 2003), assieme a mio fratello Gianni (che disegnava le mie storie) con la prima tavola di un'avventura di Ronnie Camera, il documentarista d'assalto (vissuto dal 1993 al 2003 sulle pagine del Mera).
La mostra è a ingresso gratuito e durerà sino a ottobre. Purtroppo non è stato realizzato un catalogo.
Qui sopra una foto con la pagina di Ronnie Camera nel pannellone.