martedì 29 agosto 2017

Open Water 3

Domani esce nelle sale il nuovo episodio della serie di Open Water. Si intitola Open Water 3 e come si può ben immaginare è stato preceduto da due episodi: Open Water e Alla deriva (che in originale era appunto Open Water 2). I film di questa serie non hanno personaggi in comune e si limitano a utilizzare le stesse caratteristiche basilari: squali e personaggi in acqua indifesi.

Il primo film secondo me era bello e particolare, il secondo era invece molto meno riuscito (potete leggere le mie recensioni sul Dizionario dei film horror): quello che penso di questo terzo episodio - australiano, diretto da Gerald Rascionato - lo potete leggere qui, nella recensione che ho scritto per MYmovies.

lunedì 28 agosto 2017

Tobe Hooper (1943-2017)

Quando in un caldo giorno dell’estate 1974 sono andato al cinema Ducale per vedere un nuovo film, Non aprite quella porta, non mi aspettavo l’impatto che avrebbe avuto su di me e la forte impressione che mi avrebbe suscitato. Uno di quei film che, soprattutto se vai a vederlo da solo (come era capitato a me), ti fanno continuare a guardarti le spalle quando percorri la strada verso casa. Un paio d’anni dopo, la mia ragazza di quel periodo, sapendo della mia passione per gli horror e avendone visti diversi con me (roba classica per l’epoca, gli Hammer, i Poe della AIP, che avevo programmato in una rassegna in un cinema locale), mi disse che gli horror non facevano per niente paura, al massimo facevano ridere. Le dissi che c’erano anche degli horror che, in effetti, facevano paura e lei mi sfidò a mostrargliene uno. Caso volle che al cinema Arcobaleno facessero Non aprite quella porta (a quei tempi i film duravano parecchio e riemergevano quando meno te l’aspettavi). Perciò, avvertendola che era un film tosto, la portai a vederlo. Dopo penso più o meno un quarto d’oro, molto seccata e penso anche piuttosto turbata, mi ingiunse di uscire dicendo che film del genere erano per persone malate. Aveva visto un horror di quelli che lasciano il segno.

Tobe Hooper è morto un paio di giorni fa dopo una lunga carriera a lottare contro l’etichetta di one hit wonder. E che Non aprite quella porta sia stato un hit non c’è dubbio. Non solo per il grande successo, ma anche per la forte influenza che ha esercitato nel cinema horror successivo. Assieme a La notte dei morti viventi e a L’ultima casa a sinistra completa un'ideale triade di film fondamentali di quegli anni che hanno, chi più chi meno, posto le basi per gran parte del genere horror futuro. La compattezza, il profondo senso della suspense, la capacità di creare stilemi nuovi, il perfetto senso del ritmo, la sottigliezza dell’analisi sociopolitica: tutto questo e altro ancora congiurò a creare un film perfetto anche nelle sue imperfezioni.

Proprio per questo, per me fu un disappunto vedere qualche tempo dopo il suo secondo film, Quel motel vicino alla palude, così diverso e slabbrato, pieno di humor malato, ma senza la lucida ferocia del film precedente. Probabilmente ero rimasto vittima di aspettative mal riposte e Hooper aveva semplicemente fatto una cosa diversa. Col tempo avrei rivalutato (non del tutto, però) quel film, ma allora mi diede l’impressione che Hooper forse non fosse quel grande autore che mi era sembrato.

La sua filmografia successiva è stato un continuo rincorrere barlumi di quella grandezza, cercando di vederli dovunque e sempre auspicando che arrivasse il grande film che ce la restituiva intatta. Per vari motivi, Le notti di Salem e Il tunnel dell’orrore sembravano mancanti di qualcosa, anche se rimanevano film più che validi e si vedeva sempre la mano un regista capace e ricco di inventiva. Poi c’è stato Poltergeist - Demoniache presenze che, se ha restituito a Hooper il grande successo di pubblico, l’ha anche messo in una situazione poco piacevole con un produttore molto presente come Steven Spielberg, lasciando in molti il dubbio che il vero autore fosse il produttore e non il regista (come capitava ai tempi di Val Lewton). Un successo quindi sotto forma di polpetta avvelenata. Dobbiamo comunque attenerci ai credits originali e dare a Hooper quello che è di Hooper: lui è stato il regista ufficiale di Poltergeist, anche se probabilmente la sua visione è stata almeno in parte compromessa dalle ingerenze di Spielberg (che del resto, se avesse potuto, avrebbe volentieri diretto lui stesso il film).

Sull’onda di quel successo, lo sciagurato incontro con la Cannon di Golan-Globus. Sciagurato perché, per qualche motivo, i film della Cannon andavano tutti male al botteghino, anche quando sembrava che andassero bene. Però in Space Vampires abbiamo forse il miglior film di Hooper dopo Non aprite quella porta: un fantahorror apocalittico che rimanda a certe atmosfere lovecraftiane dell’hammeriano L’astronave degli esseri perduti, con una Mathilda May assolutamente stratosferica. E anche il seguito di Non aprire quella porta con un demenziale (in senso positivo) Dennis Hopper è un film tutt’altro che brutto: solo, probabilmente, non era il film che il pubblico si aspettava perché era molto diverso dall’originale, per atmosfera e per passo. Ma fare cose diverse da quelle che tutti si aspettano dovrebbe essere un pregio, non un difetto. Su Invaders, invece, stenderei il classico velo pietoso, ma dovrei dargli un’altra chance (in effetti gliel’ho data: pur avendo detestato il film, ho comperato il dvd nell’agosto 2008, ma devo ancora rivederlo).

Da lì in poi, la carriera di Hooper prende uno scivolo verso il basso che ha pochi sussulti. Non mancano momenti felici in alcuni film nel complesso infelici, non mancano nemmeno film gradevoli (ma non all’altezza della sua fama) e non mancano, naturalmente, film che qualcuno ha ritenuto grandi. Io trovo poco da salvare, per esempio, in Vestito che uccide (salvo una sempre bellissima Madchen Amick), ne I figli del fuoco o in The Mangler - La macchina infernale, tanto per citarne qualcuno. O ne Le notti proibite del Marchese De Sade, trionfo del vorrei (essere malsano) ma non posso. Qualcosa di meglio si è visto ne La casa dei massacri, buon remake di un cult dello sleaze o ne Il custode, ma siamo chiaramente in un piccolo cabotaggio alimentare, ben lontano dai fasti di quello che avrebbe potuto essere. Anche i suoi Masters of Horror sono prodotti medi, ben fatti, ma senza un’ispirazione particolare, come se a un certo punto, deposti i sogni di gloria, Hooper avesse cercato di essere (solo) un buon professionista. Niente di male, peraltro.

Come che sia - e senza la pretesa di riassumere una comunque lunga e variegata carriera in poche parole (in ogni caso non ho ancora visto Djinn, il suo ultimo film, e cercherò senz’altro di rimediare: recensioni più approfondite dei film di Hooper le trovate nel mio Dizionario dei film horror) - Hooper per quello che ha fatto ha tutto il diritto di restare negli annali dell’horror come un maestro, un innovatore, un vero autore come pochi altri. Che tutt’oggi continuino a prodursi film della saga che lui ha inventato assieme al suo amico Kim Henkel è un tributo alla grandezza della sua opera. La mia sola speranza è che ne detenesse ancora in qualche misura i diritti.



A chi vuole approfondire la conoscenza con l'opera di Hooper ricordo il libro che gli ha dedicato Fabio Zanello, Il cinema di Tobe Hooper (Falsopiano): è un po' datato (2001), ma l'Hooper migliore c'è già quasi tutto.

giovedì 24 agosto 2017

Amityville: Il risveglio

Ieri è uscito in sala il nuovo film della saga di Amityville. Si intitola Amityville: Il risveglio e il grande sospetto era che, visto l'andazzo di seguiti e remake, il titolo alludesse a ciò che sarebbe successo agli spettatori alla fine della proiezione. Fortunatamente, il film non è (così) soporifero. Lo dirige Franck Khalfoun che già si è fatto in qualche modo notare in campo orrorifico, tra l'altro con il remake di Maniac, il vecchio cult di William Lustig.

Chi vuole comunque leggere cosa ne penso nel dettaglio può andare qui a leggersi la recensione che ho scritto per MYmovies.

Qui sopra Bella Thorne, protagonista del film assieme alla gloriosa Jennifer Jason Leigh.

sabato 19 agosto 2017

I maggiori incassi horror della stagione cinematografica 2016/2017

L’avevo già fatto per diversi anni qualche tempo fa e poi avevo smesso di farlo, ma stavolta, chissà perché, mi è venuto di rifarlo e perciò lo rifaccio: per chi non l’avesse capito, parlo della classifica degli incassi dei film horror nella stagione cinematografica da poco conclusa. Perché farlo? Ne ho già parlato nei post degli anni scorsi e non mi dilungo: in sostanza, non è male dare un’occhiata ogni tanto all’andamento commerciale dei film, si capiscono molte cose. D’accordo, di solito non sono cose molto confortanti, ma sono comunque interessanti.

Come le altre volte ho preso i dati dalla classifica dei Top 100 come potete trovarla nel sito di MyMovies (se vi interessa - e come può non interessarvi? - la trovate qui), estrapolando gli horror e tirandone fuori questa classifica: la posizione tra parentesi è quella che il film occupa nella classifica generale dei Top 100 tanto per dare un’idea dell’impatto degli horror nella classifica complessiva. Il periodo di riferimento è quello della classica stagione cinematografica che va dall’agosto a luglio e la classifica è questa:

1 (36)    La mummia                                   € 4.549.859
2 (50)    Kong -  Skull Island                      € 3.198.974
3 (62)    Alien - Covenant                           € 2.557.447
4 (65)    Ouija - L’origine del male             € 2.355.511
5 (75)    Paradise Beach - Dentro l’incubo € 2.064.619
6 (87)    The Ring 3                                     € 1.661.802
7 (92)    Lights Out - Terrore nel buio        € 1.608.855
8 (96)    Life - Non oltrepassare il limite    € 1.527.315

Questi sono i film che ho giudicato appartenenti al genere, secondo il mio personale apprezzamento. Per farla breve, sono i film dei Top 100 che entrerebbero (entreranno) nella nuova edizione del Dizionario dei film horror, quando la farò (e la farò).

Otto su 100 non sono tanti, ma non sono neanche pochi: garantiscono la presenza del genere e lo mantengono una presenza costante e significativa nelle sale, al di fuori quindi del circuito dell’home video, della televisione e di tutti gli altri ormai innumerevoli metodi di fruizione casalinga del cinema. Non ci sono stati incassi eclatanti e anche i due possibili blockbuster (Kong e La mummia) che avrebbero potuto spaccare non l’hanno fatto. I motivi sono vari, ma non ultimo forse una certa stanchezza per i rispettivi format. Lo stesso può valere per l’ennesimo capitolo di Alien, una saga che, commercialmente, non è più in auge da tempo. Il primo horror puro della lista è un seguito (riuscito meglio) di un horror modesto. A seguire uno squalo-movie particolare e di buona efficacia. Quindi un altro seguito, stavolta inferiore al capostipite. Poi un buon horror di un regista che sembra promettere bene e qualcosa ha già mantenuto (si veda Annabelle 2: Creation) e un fantahorror accolto piuttosto bene. Una certa varietà, quindi. Magari non ci sono gli horror più riusciti (It Follows su tutti), ma questo è normale.

venerdì 4 agosto 2017

Annabelle 2: Creation

Ieri è uscito Annabelle 2: Creation, il prequel di Annabelle, spin-off di L'evocazione - The Conjuring: un po' incasinata, come genesi? Forse, ma il film, invece, si può seguire con facilità e non delude. Alla regia David F. Sandberg, quello di Lights Out - Terrore nel buio. Tra gli interpreti il grande Anthony LaPaglia e la brava Talitha Bateman, nel ruolo della bambina che entra in contatto con la bambola malefica. Chi vuole leggere la recensione che ho scritto per MYmovies deve solo cliccare qui.

giovedì 3 agosto 2017

Sam Shepard e Bob Dylan

Qualche giorno fa è morto Sam Shepard, 73 anni. Commediografo di vaglia, attore di successo, scrittore e anche, un paio di volte, regista (di Far North, per esempio). La sua importanza nell’ambito della cultura americana è stata esaurientemente ricordata nei vari coccodrilli e articoli rievocativi visti sul web e sui quotidiani. Si è rimarcato in particolare come fosse un intellettuale dotato di una presenza carismatica che ne ha favorito il successo come attore anche in film del mainstream hollywoodiano. Aveva il physique du role e sapeva recitare, cosa piuttosto rara in chi, come lavoro principale, scrive. In particolare, è stata ricordata con favore la sua notevole interpretazione in Uomini veri, che gli valse una nomination all’Oscar per miglior attore non protagonista. Naturalmente, non si è mancato di ricordare anche la sua lunga liaison con Jessica Lange. Insomma, una figura a tutto tondo di grande americano, profondo e, quando serve, di spettacolo.

Una cosa che però non ho visto ricordata in nessuno dei pezzi rievocativi che ho visto su di lui è il suo rapporto con Bob Dylan. Generalmente, si è dato come esordio cinematografico attoriale I giorni del cielo (1978), capolavoro di Terrence Malick. Una licenza poetica, si potrebbe dire, vista l'importanza del film, perché ben prima (1970) Shepard aveva partecipato a un bizzarro e dimenticato film, Brand X di Win Chamberlain, sorta di mockumentary. Ma soprattutto aveva partecipato a Renaldo e Clara (1978) di Bob Dylan, nel ruolo di Rodeo (non dimentichiamo che, nella realtà, Shepard ha bazzicato parecchio l’ambiente dei rodeo). Uscito nel gennaio del 1978, Renaldo e Clara, se non contiamo la stranezza di Brand X, può essere considerato il vero esordio attoriale di Shepard (d’accordo, quanto a stranezza, Renaldo e Clara se la vede con chiunque).

Ma non solo. Per partecipare a Renaldo e Clara, in realtà, Shepard ha partecipato anche alla Rolling Thinder Revue, lo scombinato ed entusiasmante tour collettivo nel quale il film, a margine, è stato girato. E sulla sua partecipazione Shepard ha addirittura scritto un libro, una sorta di diario intitolato The Rolling Thunder Logbook, affascinante e vivace: una lettura più che consigliata.

Ma non solo. Qualche anno più tardi Shepard ha scritto con Bob Dylan una canzone, New Danville Girl, che poi è diventata, probabilmente trasformata dal solo Dylan, Brownsville Girl. Outtake di Empire Burlesque (1985), New Danville Girl è stata poi pubblicata, trasformata in Brownsville Girl, in Knocked Out Loaded (1986). Grande canzone e grande interpretazione: un brano epocale che racconta una storia partendo dai dettagli ed evitando di fornire un quadro completo, ma intersecando varie vicende, con un sacco di riferimenti cinematografici e un’attenzione particolare per Gregory Peck (che infatti, compiaciuto, la citò quando introdusse Dylan a un importante premio presidenziale), ricca di versi fulminanti (“The only thing I knew for sure about Henry Porter/was that his name wasn’t Henry Porter).

Da non dimenticare inoltre il curioso atto unico/intervista che Shepard scrisse su/con Dylan in quegli anni e venne pubblicato, se non ricordo male, su Esquire (dovrei controllare, ma calura e pigrizia incombono).

Grande ammiratore di Dylan, Shepard ha avuto la fortuna di incorciarne la strada più volte e la bravura di saper cogliere l’occasione per creare qualcosa di significativo. E così, se volete ricordare il grande Sam Shepard, potreste anche valutare l’opzione di ascoltarvi Brownsville Girl: non credo ne rimarrete delusi.

Qui sopra la cover dell’edizione americana di The Rolling Thunder Logbook (quella che ho): dovrebbe comunque essere uscita anche una versione italiana.