mercoledì 28 ottobre 2009

Diary of the Dead su MyMovies


Chi è interessato - e chi può non esserlo? - a leggere la mia recensione di Diary of the Dead di George A. Romero, può trovarla qui, sul sito di MyMovies.it. Buona lettura. Altre interessanti novità seguiranno sotto questo profilo.
L'illustrazione qui sopra è tratta dalla copertina del dvd inglese della Optimum Releasing.

mercoledì 21 ottobre 2009

Christmas in the Heart


È uscito da qualche giorno l’album natalizio di Bob Dylan, Christmas in the Heart. L’annuncio qualche tempo fa dell’uscita aveva causato sconcerto, scatenato prevedibili discussioni e, perché no, anche qualche polemica sul valore artistico e sull’opportunità di una scelta del genere da parte di Dylan, ancor oggi visto da molti - ma non da lui, la sua posizione è molto più sottile - come un esponente della controcultura o giù di lì.

Le critiche più frequenti, basate anche su frammenti delle canzoni percolati come al solito su internet, vertevano sulla presunta vieta tradizionalità della scelta delle canzoni e degli arrangiamenti, quasi che Dylan, se proprio voleva fare un disco sul Natale, dovesse per forza essere antinatalizio. Critiche aprioristiche e a mio personalissimo avviso miopi, generalmente avanzate da chi conosce solo superficialmente l’opera di Dylan o, pur conoscendola, sembra non comprenderla appieno ed è rimasto ancorato a parametri quelli sì vieti e tradizionalisti.

Chi conosce il percorso sulla memoria, alla ricerca del tempo perduto o mai esistito, che ha caratterizzato il Dylan degli ultimi venti anni, probabilmente non si è stupito molto e ha compreso la coerenza della scelta. Il che non vuol dire che sia stata una scelta prevedibile, ma che l’imprevedibilità è fisiologica in Dylan e si può solo eventualmente giudicarne a posteriori la coerenza artistica.

Inoltre, non dimentichiamo che è un album che Dylan ha realizzato per beneficenza, per i poveri, con una scelta che le superstar che fanno gli alfieri della lotta contro la fame con i soldi degli altri si guardano bene dal fare (va bene, ci sono le eccezioni, ma lasciatemi un minimo di vis polemica). Su questo argomento, Dylan ha più volte avuto qualcosa di diverso da dire, come dimostra anche il suo breve discorso in occasione del Live Aid (ne ho parlato anch’io, ne Il cinema di Bob Dylan).

Detto questo, il disco com’è? Bello, a parer mio. Sembra uscito da una macchina del tempo settata sugli anni ‘50, una macchina del tempo non perfettamente funzionante, che ha lasciata intatta la musica e ha riportato in modo deformato la voce. Infatti, musica e arrangiamenti sono prevalentemente old style, mentre la voce rasposa e sempre più rauca di Dylan si inserisce in tanto zucchero con un mirabile effetto di contrasto, dando all’insieme una qualità unica. Chi contesta la mancata avventurosità degli arrangiamenti dovrebbe meditare sul fatto che è proprio quella a magnificare il contrasto tra la musica e la voce di Dylan che canta in modo oggettivamente antitetico a quello di Dean Martin o Bing Crosby, per restare in tema natalizio.

Sentire Dylan che, come un orco che vuole compiere una buona azione redimente, canta Adeste fideles in latino è decisamente curioso e non sgradevole, ma tutto il disco - con la parziale eccezione di Little Drummer Boy che personalmente ho trovato indigeribile e glicemica - è di piacevole ascolto con punte di eccellenza. La mia preferita è la scatenata polka Must Be Santa che Dylan aveva fatto sentire, nella versione dei Brave Combo, in una puntata della sua trasmissione radiofonica, Theme Time Radio Hour, a testimoniare un gusto musicale eclettico e assai personale.

Un’ultima cosa: qualunque posizione uno abbia su questa questione, se c’è un disco che non bisogna duplicare o prendere per vie traverse, è questo. È per beneficenza: to live outside the law you must be honest. Chi vuole può trovare anche l’edizione limitata con cinque cartoline natalizie (io ho scelto quella).

Ultimissima cosa: l’illustrazione qui sopra è tratta dal booklet del disco. Personalmente mi piace di più della slitta in copertina, chissà perché.

lunedì 19 ottobre 2009

Solamente nero


Nel marzo del 1978 (o forse era febbraio, è passato un po’ di tempo), sono stato per un giorno intero sul set di Solamente nero, a Murano. Allora il film era ancora intitolato, provvisoriamente, Dietro l’angolo il terrore, con ironico riferimento alla classica domanda che in quel periodo Maurizio Costanzo faceva agli ospiti nel suo pionieristico talk-show Bontà loro.

Avevo saputo delle riprese in corso on location dal gentilissimo Erwin Wetzl, che mi aveva fatto avere l’accesso al set e che in quel film ricopriva - come nel precedente film di Antonio Bido, Il gatto dagli occhi di giada, parzialmente girato a Padova - il ruolo di aiuto regista. Conoscevo Wetzl perché era una delle colonne del Cineclub Padova, che supportava i film a passo ridotto (il super8, in particolare) e organizzava annualmente il Gattamelata d’Oro, un concorso dedicato proprio a quel genere di pellicole. Un paio d’anni dopo avrei partecipato al concorso ottenendo il prestigioso Sigillo di Bronzo per un film che si chiamava Il canonico del bufalo parla davvero con la Madonna e la vede spesso, realizzato assieme a mio fratello Massimo. Be’, non so se il Sigillo era davvero prestigioso, ma di certo pesa parecchio (non era il primo premio e neanche il secondo o il terzo: credo che fosse un premio per la stranezza del film, più o meno. O magari l'hanno dato a tutti i partecipanti: alla premiazione non c'ero, ero militare). Io, comunque, con i film super8 non sono andato da nessuna parte, mentre - e qui torniamo a bomba ponendo termine a questa digressione proprio quando pensavate che me ne fossi andato per la tangente - Antonio Bido si è formato proprio con i film a passo ridotto, ottenendo subito premi importanti e ponendo le basi per la sua successiva carriera professionale.

Torniamo al 1978. Sono andato sul set per conto del Mattino di Padova, un quotidiano che ancora non esisteva, ma sarebbe esistito di lì a poco (ed esiste ancora, pensate un po’, vivo e vegeto dopo tutti questi anni). Saputo del film, infatti, avevo proposto il servizio al redattore degli spettacoli e mi ero fiondato sull’occasione.

Ho intervistato praticamente tutti: da Bido a Wetzl, da Capolicchio a Stefania Casini, a Emilio Delle Piane, Mario Vulpiani, Carlo Leva e così via. Craig Hill, invece, purtroppo non l’ho intervistato perché credo che quel giorno non ci fosse. Di gran parte delle interviste conservo ancora l’audiocassetta che un giorno prima o poi sbobinerò (come si dice) per farne un servizio sui vecchi tempi. Non che non le abbia usate, però, le interviste. Al giornale infatti presentai una serie di pezzi e loro, non casualmente, scelsero di pubblicare l’intervista a Stefania Casini che comparve proprio sul primo numero del quotidiano, qualche giorno dopo.

Con me c’era l’incontestabile Danilo De Faveri, autore di un bel numero di foto, alcune delle quali sono state pubblicate sul Mattino di Padova, mentre una - inedita - la trovate qui sopra. Ce ne sono molte altre, da riservare a future occasioni. Nella foto qui sopra sono riconoscibili Antonio Bido (con berretto di lana e sciarpone felliniano), Stefania Casini, Lino Capolicchio e, sulla porta dell'osteria, Erwin Wetzl.

Di quel film - che ho sempre ritenuto decisamente superiore al pur pregevole Il gatto dagli occhi di giada - mi aveva particolarmente colpito sin da quando ero sul set la scelta dell’ambientazione, volutamente non nella già allora sin troppo usata Venezia, ma nella più quietamente inquietante e insolita Murano. Sul set si respirava un’aria positiva, molto collaborativa, una bella atmosfera. Non so se sia per questo che ne è venuto fuori un bel film, ma di sicuro credo che abbia aiutato.

martedì 13 ottobre 2009

Men At Work e la prescrizione (o viceversa)





Quanto sopra è un piccolo commento sulla situazione del nostro sistema giudiziario in seguito anche alla quantità di ottime riforme “commesse” negli ultimi anni. Sulla prescrizione come la subiamo oggi ci sarebbe molto da dire e niente di buono.

La striscia appartiene alla serie Men At Work, creata da me e da Stefano Intini (ai disegni), per La Gaggetta Ufficiale, supplemento satirico di L’Unione Sarda. È stata pubblicata nel 2007, mi pare. Alla Gaggetta siamo stati invitati a collaborare dall’immarcescibile Silvio Camboni, che colgo l’occasione per ringraziare ancora.

A proposito di Silvio Camboni. Una decina d’anni fa io e alcuni disegnatori veneti di cui taccio il nome pensavamo di essere diventati - dopo anni di esercizio - dei provetti giocatori di calcio balilla. Lo pensavamo, cioè, sin quando non ci siamo imbattuti in Silvio che ci ha stracciato senza alcuna difficoltà. Pensate, non solo è un asso a calcio balilla, ma disegna bene (non so quale delle due qualità sia più importante, decidete voi).

A onor del vero, comunque, il mio massimo come giocatore di calcio balilla l’ho raggiunto quando ero militare grazie alla ferrea applicazione del catenaccio (si può, anche nel calcio balilla).

Nota di servizio per i meno avvezzi: per vedere meglio l'immagine, cliccateci sopra.

mercoledì 7 ottobre 2009

Il fuorigioco mi sta antipatico


Per la serie “non è che devo sempre parlare di cose mie”, mi viene da segnalare questo libro che meriterebbe un premio anche solo per aver avuto l’idea di farlo. Il fuorigioco mi sta antipatico (Stampa Alternativa, 384 pagine, € 16,50) raccoglie infatti praticamente tutto quello che Luciano Bianciardi ha scritto per il Guerin Sportivo e che altrimenti là sarebbe rimasto, effimero e disperso sulle pagine di un settimanale di quasi quarant’anni fa (che esce ancora, ma è molto diverso da allora e in ogni caso lì Bianciardi non c’è più).

Il grosso del volume è rappresentato dalla rubrica della posta che Bianciardi teneva su quel settimanale sportivo e la sua lettura è un vero spasso. Bianciardi, per chi non lo sa, è stato uno dei più significativi scrittori del suo tempo e il suo romanzo più famoso (La vita agra) è anche diventato un film di successo con Ugo Tognazzi per la regia di Carlo Lizzani.

Stampa Alternativa, che edita anche questo volume, sta procedendo speditamente a una serrata riscoperta delle sue opere meno note e, ancora più interessante, alla raccolta degli articoli sparsi sulle riviste. Tra cui appunto il Guerin Sportivo di quegli anni - si parla del 1970 e 1971 - una rivista dedicata allo sport diretta da Gianni Brera che, non sorprendentemente visto il direttore, era diversa da ogni altra rivista del genere, passata, presente e futura. Di questi tempi sembra impossibile pensare di trovare su un giornale sportivo - o anche di altro genere - una rubrica della posta come quella che teneva Bianciardi (o anche come quella che teneva Gianni Brera stesso, prima e dopo Bianciardi). Citazioni fuminanti, sprazzi di cultura mai pedante, umorismo brillante, improvvise profondità, momenti ironici e momenti personali, giudizi trancianti a tutto campo e battute a raffica: il tutto senza mai perdere di vista l’oggetto del discorso - lo sport generalmente, il calcio in particolare - e senza alcuna supponenza nei suoi confronti.

A parte questo, c’è anche - per chi in quegli anni c’era - il piacere di entrare in una sorta di capsula del tempo che rimanda a un’epoca così lontana da sembrare leggendaria (ma è esistita davvero ed era proprio così). Si ritrovano così personaggi indimenticabili sui quali Bianciardi si esprime con arguzia: Manlio Scopigno, il filosofo, allenatore capace di vincere uno scudetto a Cagliari (impresa cui è paragonabile negli anni seguenti solo quella di Bagnoli col Verona), Helenio Herrera (che Bianciardi non aveva in grande simpatia), Gigi Riva (il calciatore più simile a Superman che il calcio italiano abbia mai avuto), Nino Benvenuti (anche lui poco apprezzato da Bianciardi che lo definiva un ballerino e gli preferiva il più sanguigno Sandro Mazzinghi), Heriberto Herrera e tanti altri, oggetto di descrizioni vivide e di pareri schietti da parte di Bianciardi che allo stesso tempo trovava modo di parlare di Mao, di Moravia, di Cassola e di tante altre figure della politica e della cultura del tempo. Cristallizzati nel tempo, ma vividissimi nelle descrizioni che li riportano alla memoria di chi li ha visti e li materializzano in quella di chi li ha solo sentiti nominare. Consigliatissimo, anche a chi non leggerebbe mai un giornale sportivo.

giovedì 1 ottobre 2009

Corte del Fontego a Libri in cantina


Sabato 3 e domenica 4 ottobre, l’editore Corte del Fontego è a Libri in cantina, mostra della piccola e media editoria che si tiene a Susegana (TV) nel medievale castello di San Salvatore. La mostra, nata nel 2003, si preannuncia molto interessante e ricca di avvenimenti. Per dettagli e orari, visitate il sito dell'iniziativa. Corte del Fontego sarà presente con i suoi libri tra i quali, inutile dirlo, c’è anche il Dizionario dei film horror. Vale la pena di andarci.