martedì 15 settembre 2020

FRONTIERS - Il cinema horror franco-belga degli anni zero


È da poco uscito un nuovo volume di saggistica cinematografica, FRONTIERS - Il cinema horror franco-belga degli anni zero (Shatter Edizioni, 198 pagine, € 14). Curato da Fabio Zanello, il libro contiene una serie di saggi che copre il variegato panorama dell’horror franco-belga di questi anni.

L’argomento è interessante e stimolante. Ed è anche un po’ misterioso come sia avvenuta l’improvvisa fioritura dell’horror in latitudini che prima l’avevano in sostanza ignorato. Infatti, a ben guardare c’è molto poco horror nel cinema franco-belga prima dell’attuale esplosione. Si possono ricordare pochi nomi e pochi titoli: Jean Rollin, naturalmente e soprattutto, Franju, Lemoine, Mulot, Chevalier e alcuni di questi solo con uno o due titoli a testa. Harry Kümel, se vogliamo. E prima di loro praticamente nulla se non si vuole risalire al Maurice Tourneur de La mano del diavolo. Poi, improvvisamente, il diluvio: i francesi hanno cominciato a fare horror e li hanno fatti e continuano a farli bene, in modo personale e molto interessante. Qualcosa del genere era per la verità successo anche in Italia dove, prima di Freda e Bava, l’horror non esisteva e poi invece si è sviluppato un movimento significativo e per molti versi originale.

Il volume contiene saggi di Fabio Zanello (che è anche il curatore), Aurora Auteri, Danilo Arona, Gian Luca Castoldi, Francesco Saverio Marzaduri, Davide Ottini, Michele Raga ed Elisa Torsiello: tra gli autori trattati, Xavier Gens, Bustillo & Maury, Aja, Du Welz, Cattet e Forzani, Noè e via via tutti gli altri, come diceva Alessandro De Zan. Non manca nulla di quanto è horror franco-belga ed è significativo: i nomi di chi ha scritto i saggi, inoltre, sono una garanzia di autorevolezza critica.

Tra i saggi, ce n’è anche uno scritto da me. Io mi sono occupato di Pascal Laugier e va da sé che ritengo che sia uno degli autori più interessanti del gruppo. Scriverne in modo compiuto e articolato mi è stato utile perché mi ha costretto a rivedere, in sequenza, i suoi film riuscendo a coglierne le continuità stilistiche e le notevoli peculiarità. Non ha fatto molti film, ma, con l’eccezione forse del primo che rivelava qualche incertezza, non ne ha sbagliato nessuno, arrivando anche, in particolare con Martyrs, a vette di originalità notevoli. Vi consiglio quindi di leggere quanto ho scritto su di lui, ma soprattutto di vedere i suoi film. E ancor più soprattutto - se si può dire - vi consiglio di leggere questo libro che analizza uno dei movimenti più significativi nell’ambito dell’horror di questi anni e può essere foriero di visioni indimenticabili.


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