lunedì 31 agosto 2020
A.N.I.M.A.
Anio Modor (Pino Ammendola) è un navigato onorevole che ha dedicato tutta la vita alla politica e al suo partito. Improvvisamente, mentre litiga al telefono per questioni politiche con i vertici del partito, è colpito da un ictus ed è ricoverato in coma in ospedale. Al capezzale la moglie attende invano buone notizie, mentre il figlio adolescente sembra serenamente disinteressato alle sorti del babbo. Anio riprende conoscenza in uno strano aeroplano dove una persona in divisa da ufficiale di bordo gli si presenta come capolinea, contrassegnato con la sigla K666 (Adolfo Margiotta). Viene poi accompagnato da un altro uomo in divisa che gli viene presentato come il suo tutor ed è contrassegnato con la sigla AP39 (Massimo Olcese). I due gli spiegano che lui è nella Zona Nera, la peggiore. È lì a causa dei suoi comportamenti poco commendevoli. Anio obietta d’essersi sempre comportato bene, ma i due, con rilassato puntiglio, cominciano a mostrargli in video episodi della sua vita e le conseguenze causate dalle sue azioni in modo che prenda coscienza di quello che ha fatto.
Come un lungo episodio di Ai confini della realtà, il film utilizza con sapienza il formato del racconto metafisico per soffermarsi in modo suggestivo sulla finitezza della vita e sull’importanza delle scelte che si fanno nel suo corso. Il protagonista, che ha svenduto alla ricerca del successo personale i suoi principi morali, è posto di fronte alle conseguenze degli atti che, con irresponsabile leggerezza unita a gretto opportunismo, ha compiuto durante la sua carriera politica, quando avrebbe avuto la possibilità di fare il bene collettivo e invece l’aveva sacrificato al proprio interesse. Sono tematiche già affrontate altre volte nel cinema, ma mantengono sempre validità e interesse.
I toni sono quelli della commedia agrodolce con momenti comici e ironici ad accoppiarsi ad altri suggestivi e tristi, nei quali il ricordo delle cose irrimediabilmente perdute si rende struggente. Talune situazioni sono forse un po’ scontate e la denuncia dei mali della politica è percepibile forse come un luogo comune, ma l’andamento e le svolte del racconto sono spesso azzeccati e la narrazione è gradevole e avvincente, grazie anche alla buona prova di un cast nel quale si vedono volti noti e dalla sicura professionalità. L’uomo politico è forse un personaggio un po’ troppo tipico, nella percezione popolare, del malaffare e delle opportunità sprecate, ma il personaggio va preso in termini generali, come modello per identificare chiunque abbia sprecato le sue possibilità e comunque è chiaro che chi ricopre un ruolo pubblico quelle possibilità le avrebbe in misura maggiore, almeno per la capacitò di incidere nella vita degli altri. La parte conclusiva, in una sorta di tribunale metafisico che viene definito postazione di revisione, vira sul grottesco e sul didascalico perdendo in parte di efficacia, ma il finale riprende vigore e non lascia spazio a facili redenzioni.
L’alternanza tra colore e bianco e nero garantisce una varietà formale interessante e la regia è sicura e attenta. La firmano il protagonista Pino Ammendola, che offre anche un’autorevole e variegata prova d’attore, e Rosario M. Montesanti, che, già collaboratore, quale fotografo di scena, di Alberto Cavallone nell’ultramitico Maldoror, firmò qualche anno fa un interessante e spettrale film ambientato sul lago di Bolsena, Oltre la notte. Oltre ad Ammendola, brillano anche le prove di Adolfo Margiotta e Massimo Olcese, mentre sono simpatici e riusciti i cameo di Andrea Roncato e Franco Oppini. Si fa notare anche Maria Letizia Gorga che, quale presidente del “tribunale”, sfoggia un look simpaticamente alieno che sembra uscire da Spazio 1999.
Il film è visibile su Amazon Prime.
sabato 29 agosto 2020
Paolo Mottura e La valle della dimenticanza
In questi giorni mi è capitato di prendere un volume dedicato alle opere di Paolo Mottura, un disegnatore molto bravo e simpatico. Si intitola Disney d’autore - Paolo Mottura oltre il Duemila (Panini Comics, 194 pagg, € 14,90, cartonato) ed è il secondo di due volumi a lui dedicati. Disney d’autore perché Mottura è anche (ma non solo) un disneyano. Il volume lo consiglio perché contiene alcune belle storie arricchite dai disegni sempre notevoli di Mottura. Ne parlo soprattutto però perché una delle storie che sono contenute nel libro l’ho scritta io. Si intitola Topolino e la valle della dimenticanza ed è stata originariamente pubblicata su Topolino n. 2390 del 18 settembre 2001.
Paolo Mottura la presenta nel volume con alcune belle parole - e di questo lo ringrazio molto - definendola “la mia storia del cuore” e spiegando, riferendosi a Seamus O'Fog. il personaggio che accompagna Topolino specificamente in quella storia, che “anche Topolino, come me, vorrebbe incontrarlo una seconda volta”.
Ricordo bene quella storia e la fatica che ho fatto a scriverla in modo da farla venire esattamente come volevo che fosse. Era una storia che si basava su un’idea forte (un’idea simile è stata poi usata anche dai fratelli Pang per un apprezzabile dark fantasy, Re-Cycle) che mi piaceva molto e volevo che diventasse una storia importante. Per me lo è diventata ed, evidentemente, lo è diventata anche per Paolo che l’ha disegnata in modo magistrale, arricchendola enormemente e non risparmiandosi in impegno e creatività. Anche a me sarebbe piaciuto dare un seguito a quell’avventura riportando Topolino a incontrare Seamus O’Fog nella valle della dimenticanza (e dintorni) e, dato che se mi piace una cosa cerco di realizzarla, un seguito l’avevo scritto, già nel dicembre 2001, e mi piaceva pure parecchio. Però non è andato: è stato giudicato troppo complesso e perciò è stato rifiutato. Quindi Topolino e la valle della dimenticanza è rimasto un unicum. Almeno in ambito disneyano perché le idee che erano alla base del sequel mi piacevano troppo per non utilizzarle e quindi le ho utilizzate per creare una cosa del tutto diversa, una delle migliori che ho scritto.
Un unicum è rimasta comunque La valle della dimenticanza anche nel senso che è l'unica mia storia per Topolino disegnata da Mottura (i Burton La Valle realizzzati un po' prima per PK sono un'altra cosa) e questo è un vero peccato.
Qui sopra un'immagine da Topolino e la valle della dimenticanza.
Beyond the Omega - Il tuo sepolcro… la nostra alcova
Il timido e complessato Aristodemo, detto Aris (Lorenzo Lepori), è rimasto traumatizzato dall’uccisione della promessa sposa Iris (Lucia Pirchak) a opera di un maniaco seriale che, prima di ucciderle, violenta le sue vittime. Aris ha lasciato la città ed è andato a vivere in una casetta isolata ai margini del bosco. Iris era vergine al momento della morte: nonostante le imminenti nozze, infatti, tra Aris e iris non c’erano intercorsi sessuali, si presume per la religiosità di lei. L’irruente amico Pietro (Alex Lucchesi) cerca invano di scuotere Aris dal suo isolamento. Le cose si fanno ancora più strane e contorte quando Aris acquista online una bambola lifesize che sembra la sorella maggiore di Annabelle e fa l’amore con lei di gusto. Le cose si complicano quando Persefone (Benedetta Rossi), il nome della bambola, prende vita e comincia a interagire. Intanto il serial killer continua a uccidere nei boschi vicino a casa di Aris.
La derivazione dal cinema horror italiano degli anni ’80 è chiara sin dal titolo e rappresenta la chiave interpretativa specifica con cui misurare le tematiche e i risultati del film, che è il ritratto di un’ossessione - di più ossessioni - che hanno a che fare con le problematiche relazioni con l’altro sesso. La narrazione è volutamente confusa, l’atmosfera malatissima con più di qualche momento in cui la ricerca dell’eccesso si fa anch’essa ossessiva. Il ritmo è molto lento, quasi torpido, appoggiato sull’inerzia decisionale del protagonista. La deriva allucinatoria prende il chiaro sopravvento nella seconda metà del film con sfoggio di discrete qualità visionarie in alcune sequenze. In questo, è di molto aiuto l’ottima fotografia di Ruben Spizzichino, un plus che garantisce accarezza formale alle immagini anche nell’azzeccata scelta dei colori.
La storia è esile e piuttosto prevedibile: asseconda gli impulsi larvatamente (le larve in effetti non mancano) necrofili del protagonista che sprofonda sempre più nella sua ossessione. Le vicende del serial killer e di Aris si sfiorano, si intersecano e procedono congiuntamente sino al finale che riporta tutto a una difficile e ambigua unità con più di qualche inquietudine. La tematica di fondo, come è facile intuire, è un po’ già vista, ma come omaggio/rivisitazione del cinema di genere che fu il film ha una sua validità e riesce nel suo intento. La regia di Mattia De Pascali (McBetter), autore anche della sceneggiatura, è attenta e ricercata sia in termini filologici sia nell'aggiornamento ai tempi dei modelli d'origine.
Lorenzo Lepori, regista di Notte nuda, e qui anche produttore offre una buona caratterizzazione nei panni dello spiritato protagonista: una parte per niente facile da interpretare, visto quello che Aris fa (o, piuttosto, commette). Ancor più notevole è la prova di Benedetta Rossi che, nel ruolo di Persefone, riesce a dare toni genuinamente alieni al proprio personaggio. Tra erotismo, perversione, sangue e delitti, il film, pur con qualche incertezza e qualche digressione di troppo, mantiene quel che promette.
venerdì 28 agosto 2020
The Vigil
Nei prossimi giorni esce al cinema The Vigil, un nuovo horror che segna l'esordio alla regia di un lungometraggio per Keith Thomas, autore anche della sceneggiatura.
Chi vuole sapere che cosa ne penso non deve fare altro che cliccare qui e andare sul sito di MYmovies per leggere la recensione che ho scritto.
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giovedì 27 agosto 2020
Il passaggio segreto
Il passaggio segreto è il nuovo mediometraggio con cui il regista Stefano Simone torna sui territori di arcano mistero che negli ultimi lavori aveva abbandonato per tematiche di carattere più sociale.
Natalie (Natalie La Torre) incontra casualmente al bar l’amica d’infanzia Rosa (Rosa Fariello). Dopo i prevedibili convenevoli, la conversazione si sposta su un argomento un po’ scomodo, un ricordo dei vecchi tempi rimasto in qualche modo irrisolto: un passaggio segreto nel quale, secondo quanto credevano da ragazzine, chiunque fosse andato da solo non sarebbe mai tornato. Detto fatto, nonostante entrambe ritengano sia una sciocchezza, le due ragazze decidono di affrontare separatamente il passaggio segreto senza portare con sé i cellulari (“Altrimenti sarebbe troppo facile”). Rosa, più paurosa, attende che Natalie compia il tragitto misterioso per prima, ma le cose non filano lisce.
Il tema un po’ kinghiano dei patti tra ragazzi, da rispettare anche da adulti, e dell’amicizia che si perpetua anche e soprattutto di fronte ali pericolo, vero o immaginato, è esplorato con un profondo radicamento sul territorio supportato da location di discreta suggestione e unito a un'interessante riflessione su quanto ciò che vediamo è reale e quanto invece non lo è. L’andamento è molto lento, come se tutto fosse rallentato per dare solennità al tentativo di attraversare il fantomatico e misterioso passaggio. Il mistero, per quanto bizzarro, è ben posto e suscita una certa curiosità e una certa tensione nell’attesa di scoprire il suo svelamento, che è quello sulla cui efficacia poi si deve inevitabilmente misurare, data la struttura narrativa, l’efficacia del film nel suo insieme.
La soluzione, dopo una lunga conversazione che cerca di riportare le cose sul piano della razionalità e della normalità, ma è piuttosto protratta e piatta, torna ad appoggiarsi alle immagini e alla narrazione senza parole in modo efficacemente evasivo, richiamando, per certi aspetti, Picnic ad Hanging Rock, anche se qui atmosfere e tematiche sono ben diverse.
Buona la prova delle due protagoniste, Rosa Fariello e Natalie La Torre, che danno intensità ai loro ruoli. Positivo anche l’apporto della suggestiva musica di Luca Auriemma che contribuisce a creare un’efficace atmosfera sospesa.
Il film è disponibile su Amazon Prime.
lunedì 24 agosto 2020
Gretel e Hansel
Il nuovo horror di Osgood (figlio fi Anthony) Perkins si intitola Gretel e Hansel e affronta in modo serio e cupo la famnosa fiaba dei fratelli Grimm.
Chi vuole leggere la recensione che ho scritto per MYmovies può cliccare qui e conseguentemente andare su quel fondamentale sito di tutto quanto è cinema.
Qui sopra un'immagine con la protagonista Sophia Lillis, resa celebre da It.
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Caleb
Caleb è il nuovo horror di Roberto D'Antona, che come sempre interpreta anche il ruolo del protagonista.
Chi vuole sapere che cosa ne penso può leggere la recensione che ho scritto per MYmovies.
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giovedì 6 agosto 2020
Nel buio, racconti horror di Rudy Salvagnini
Come ho già scritto, Nel buio è il mio nuovo libro, una raccolta di racconti horror pubblicata da Weird Book. Pur essendomi dedicato nel corso degli anni a tantissime cose diverse, anche molto diverse, l’orrore ha sempre avuto per me un’attrattiva particolare sia a livello di lettore o spettatore sia a livello creativo. O anche a un livello, naturalmente, che si pone in qualche misura in mezzo a quelli che ho indicato, vista la mia cospicua attività nel campo della crtiica cinematografica.
Anche nel campo della critica cinematografica mi sono occupato di molte cose diverse e non mi sono certo limitato all’horror, ma è evidente da quello che ho prodotto negli anni che l’horror è stato molto spesso al centro della mia attività critica. Basterebbe pensare al Dizionario dei film horror per rendersene conto.
E il cinema è speso presente anche nei racconti compresi in questa raccolta. Avrei sempre voluto fare del cinema, ma non l’ho mai fatto, tranne che per alcuni cortometraggi sperimentali a cavallo tra gli anni ’70 e anni ’80 dai titoli bizzarri (ve ne dico uno: Il canonico del Bufalo parla davvero con la Madonna e la vede spesso. È abbastanza bizzarro? L’ho realizzato nel 1979 assieme a mio fratello Massimo e abbiamo anche vinto un premio a una rassegna specializzata. Una volta o l’altra magari dedico un post ai miei film). La vita è andata in altre direzioni e si è ormai in gran parte consumata per cui posso tranquillamente pensare che non farò mai del cinema. E questo, ne sono piuttosto convinto, è un bene per gli spettatori. Ma non divaghiamo. Il cinema, dicevo, è spesso presente in questi racconti. A volte come suggestione, a volte come spunto, altre volte come luogo fisico. In particolare nell’ultimo racconto (intitolato proprio Nel buio), che chiude la raccolta in modo più che ideale ed è ambientato in un cinema. Un cinema in cui proiettano un film che cito in modo espresso e un cinema nel quale il protagonista ne ricorda altri, anch’essi citati espressamente. Naturalmente, come si sa, non tutto quello che gli scrittori scrivono è basato su fatti autobiografici, altrimenti i gialli li scriverebbero solo gli assassini, ma molo spesso ciò che è davvero successo - o la sua trasfigurazione - fornisce la materia necessaria al racconto e fa in modo di dotarlo di uno spessore concreto che favorisce realismo e identificazione. Il cinema in cui è ambientato il racconto è vero o meglio era vero: io ci sono davvero stato anche se non vi ho visto il film citato nel racconto, ma ne ho visti altri. Uno di quelli che vi ho visto l’ho citato nel racconto, ma senza rivelarne il titolo perché in effetti non me lo ricordo. E anche il topo l’ho visto davvero, in quel cinema che ormai è diventato quello che si definisce un luogo della memoria. Una memoria sempre più labile e destinata a scomparire se non la si trasferisce su carta. Anche per questo si scrive, per dare un altro po’ di tempo alla memoria e al ricordo, il tempo che ci mette la carta a degradarsi nel nulla. Un bel po’ di tempo, quindi.
Quando si scrive narrativa, come dicevo, molto del proprio vissuto fornisce la sostanza che dà credibilità ai particolari, ai dettagli che sono così importanti per le caratterizzazioni, le svolte narrative e i momenti che possono rappresentare elementi di condivisione con le esperienze di chi legge. È probabile che molti si siano trovati a sostenere conversazioni con un addetto al numero verde di una compagnia telefonica come avviene al protagonista del racconto Il telefono, o magari possano comprendere la tipologia di tassista con cui si trova ad avere a che fare il protagonista del racconto La lettera. Naturalmente, in questi casi, nei racconti citati le cose si fanno un tantino più weird di quanto non avvenga nella realtà, ma questo fa parte del gioco dell’horror, il genere metaforico per eccellenza.
Tutto in questi racconti è finalizzato all’intrattenimento del lettore, nel senso che ho scritto storie che mi sarebbe piaciuto leggere, cercando di avvincere e sorprendere. E nello stesso tempo di andare nelle profondità di quello che sentivo.
Chi è interessato, può trovare il libro sul sito dell’editore a questo link. E l’occasione è sempre buona per mostrare la meravigliosa copertina di Giorgio Finamore.
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martedì 4 agosto 2020
La Banda nel Messaggero dei Ragazzi n. 1051
Nel numero di agosto (quello attualmente in distribuzione) del Messaggero dei Ragazzi c’è una nuova storia della Banda. Si intitola Il segreto di Robertino e come sempre è scritta da me. I disegni questa volta sono di Giorgia Catelan che, come suo solito, se l’è cavata ottimamente riuscendo a dare molta espressività e anche parecchio dinamismo ai personaggi.
In questa storia viene affrontato un tema che trovo molto importante, quello del bullismo. Il bullismo nella fase adolescenziale e giovanile è una piaga che andrebbe sradicata e che fa parte di sopraffazioni più generali articolate nelle più svariate situazioni, età e stratificazioni sociali. Il nonnismo tra i militari (soprattutto tra queli di leva, quando c’era la leva) o in ambito sportivo o le deviazioni sopraffatorie della goliardia in ambito studentesco ne sono aspetti tristemente noti, ma sono in fondo tutte facce della stessa medaglia, quello del sopruso verso i più deboli. Però forse il bullismo tra i ragazzini è il fenomeno da affrontare in modo preminente proprio perché è il primo a presentarsi, per questioni anagrafiche: se si riesce a far capire a chi fa il bullo che è sbagliato che lo faccia, è probabile che si asterrà poi dal farlo anche in futuro. C’è da sperarlo, almeno. Naturalmente, la nostra pretesa con questa storia è solo di portare un piccolo mattonino di comprensione senza l’ambizione di risolvere una questione complessa.
Qui sopra alcune vignette della storia, da cui si rende evidente la maestria grafica di Giorgia Catelan.
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