venerdì 8 maggio 2015

Il cinema dell’eccesso (CRAC Edizioni): cosa c’è dentro. Cap. 3 Jesus Franco

Dato che non c’è due senza tre, soprattutto in un libro con sei capitoli, proseguo nell’opera di presentazione del contenuto del mio nuovo libro, Il cinema dell’eccesso - Vol. 1 Europa (Crac Edizioni), occupandomi, dopo i primi due dedicati a Pete Walker e Jean Rollin, al terzo capitolo che ha per oggetto Jesus Franco.

Franco è forse il paradigma del regista di exploitation perché nessun altro come lui è andato sino in fondo al significato stesso della parola, realizzando un numero incredibile di film e spaziando per ogni genere e sottogenere, in produzioni che con il passare degli anni hanno visto i budget assottigliarsi sempre più - tranne qualche rara eccezione - arrivando a livelli quasi da cinema amatoriale, sempre senza perdere l’aplomb del regista in qualche modo comunque “autore”.


In questo caso il mio articolo su Segnocinema, pubblicato nell’ormai lontanissimo 2000, ha fornito poco più di una traccia e il capitolo, che è decisamente il più lungo del libro, è stato oggetto di una notevole riscrittura e di un altrettanto notevole ampliamento, per coprire non solo la produzione successiva di Franco, ma anche e soprattutto quella antecedente che allora non avevo potuto vedere. Sembra difficile immaginarlo adesso, infatti, ma in questi 15 anni la quantità di film che sono riemersi dal dimenticatoio dei magazzini cinematografici è soprendente e pellicole che si pensava non sarebbero più state visibili sono tornate più belle e più superbe che pria. Nel 2000, ricordo, già pareva molto poter accedere alle vhs della Redemption, ma poi si sono aperte le cateratte. Per fortuna, inutile aggiungere. Un giorno bisognerà fare una riflessione ampia e articolata sull’importanza del passaggio al dvd che si è rivelato un formato assai più cinefilo rispetto al vhs (e se qualcuno questa riflessione l’ha già fatta, magari me la sono persa o l’ho dimenticata).


Rientro in tema per sottolineare che il capitolo ripercorre con dovizia in oltre 100 pagine la straordinaria carriera di Franco dagli albori spagnoli all’epilogo un po’ malinconico e altrettanto spagnolo (con film come Paula-Paula e Al Pereira vs. the Alligator Ladies, da vedere per credere), con parecchio girovagare in mezzo, da ogni paese europeo agli Stati Uniti. Dalle commedie come Vampiresas 1930 ai primi horror come Il diabolico dott. Satana e il notevole Sinfonia per un sadico, dai noir crepuscolari come La spia sulla città al “west” singolarissimo di Sfida selvaggia, da deliri pop fumettistici di Agente speciale L.K. a quelli ancora più pop e sensuali di Rote lippen a quelli esistenzial-godardiani di Delirium. Per poi passare ai fasti del periodo dei film prodotti da Harry Alan Towers - chi si ricorda la Justine con Romina Power? (tutti, penso) - al cosiddetto periodo Dietrich e via via, senza trascurare l’importanza delle sue muse, da quella olimpica e inarrivabile (Soledad Miranda) a quella più carnale e disponibile e per questo forse meno apprezzata dai più (Lina Romay). 


Ma qui non posso nemmeno provare a tracciare un percorso che nel libro invece compio con una certa dovizia: troppi sono i film, troppe le suggestioni, troppi i temi e gli spunti di un regista capace di dirigere film antitetici su temi analoghi come Il conte Dracula, Dracula contro Frankenstein e Vampyros Lesbos. Nel cinema di Franco il “troppo” è forse l’elemento caratterizzante, ma a segnalare un eccesso voluto e di per se stesso da considerarsi una sfida al destino e alle convenzioni. Anticonvenzionale e anticonformista, Franco non ha voluto conformarsi alla moderazione e ha filmato contro ogni moderazione, anche, forse, contro il suo stesso interesse, sminuendo in parte, con una convulsa filmografia affastellata di titoli anche trascurabili, la sua caratura di autore costruita con pellicole invece di indubbio interesse che testimoniavano anche un rigore artistico e delle invenzioni non comuni.








Figura controversa ma certamente non trascurabile, Franco ha riassunto in sé gli splendori e le miserie dell’exploitation, ma è stato, forse anche per questo, un autore a tutto tondo. Un autore capace, per tanti motivi, di grandi squilibri qualitativi all’interno della sua produzione e in questo senso, forse, questo capitolo può essere utile, oltre a chi lo conosce e lo apprezza, anche a chi voglia cominciare ad approfondire la sua opera.


Inutile dire che la copertina del libro è dedicata proprio a Jesus Franco.

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