domenica 6 settembre 2009

Teruo Ishii su Segnocinema


È uscito il numero 159 (settembre-ottobre 2009) di Segnocinema che, come di consueto, comprende l’imperdibile speciale Tutti i film dell’anno, con la rassegna di tutto quanto è uscito nella stagione cinematografica appena terminata, un compendio completo, brillante e un appuntamento di cui la consuetudine non può diminuire l’importanza.

Ma, come di consueto, c’è anche il nuovo articolo della serie
Kings of Exploitation che ormai da tempo scrivo per Segnocinema, una serie dedicata a registi che hanno dedicato la parte predominante della loro attività a quel genere trasversale ormai noto anche in Italia con il nome di exploitation (dall’inglese to exploit, sfruttare), il cinema più spiccatamente commerciale, che spesso però cela capolavori piccoli e grandi e autori di forte personalità.

La puntata di questa volta è dedicata a Teruo Ishii, illustre maestro giapponese la cui apparizione al Far East Film Festival di qualche anno fa è stata assolutamente folgorante. Morto nel 2005 a 81 anni, Ishii ha fatto fortunatamente in tempo a vedere la sua rivalutazione critica e penso (spero) che la cosa - anche se un certo ironico disincanto era una delle sue caratteristiche - gli abbia fatto piacere. Come altri autori di
exploitation, Ishii ha anche avuto la brillantezza e l’inventiva per tornare al lavoro in tarda età sfornando ancora film molto interessanti, superando i confini del tempo cui sembrava destinata la sua opera e dimostrando di poter essere ancora al passo con l’epoca in cui viveva.

Super eroi alieni, noir urbani, torture e sevizie, samurai stoici, mostri deformi, belle e disinvolte spadaccine, bikers ribelli, antieroi esistenziali, sette pseudoreligiose da mandare all’inferno, bestie cieche e nani assassini: Teruo Ishii - scrivo su Segnocinema nella presentazione dell’articolo - non si è fatto (e non ci ha fatto) mancare niente, riuscendo a unificare generi tanto diversi con la sua personalità di autore indiscutibile. Un tratto unificante è il pessimismo di fondo nel mostrare come la sopraffazione e l’ingiustizia siano così profondamente radicati nella natura umana da lasciare poco spazio al riscatto. I suoi (anti)eroi devono difendersi dalla società oppure ne sono disgustati. È in genere la società criminale a essere raffigurata come governata da ingiustizia e regole spietate, ma poiché non v’è altra società nell’orizzonte, è chiaro che si tratta di una metafora della società in generale, governata dai potenti contro i deboli. C’è spesso compiacimento - un componente tipico dell’
exploitation - nella raffigurazione di tale ferocia, ma l’atmosfera amara e cupa che accompagna le vicende conforta il punto di vista per nulla accondiscendente di Ishii, un autore che ha lasciato una mole imponente di film, molti dei quali ancora da riscoprire.

Per la cronaca elenco gli autori cui ho dedicato i capitoli precedenti della serie:
Jesus Franco (
Segnocinema 104/2000)
Jean Rollin (
Segnocinema 111/2001)
Pete Walker (
Segnocinema 117/2002)
Jack Hill (
Segnocinema 123 e 124/2003)
Doris Wishman (
Segnocinema 129/2004)
Eddie Romero (
Segnocinema 135/2005)
Paul Naschy (
Segnocinema 141/2006)
René Cardona e Juan Lopez Moctezuma (
Segnocinema 147/2007)
Michael e Roberta Findlay (
Segnocinema 153/2008)

2 commenti:

Samuele Zàccaro ha detto...

E' un regista che mi ispira molto, credo che prima del tuo articolo ben pochi sono stati gli articoli approfonditi su di lui. Anzi, so solo di qualche accenno sul Nocturno Dossier dedicato al cinema della tortura.
Quindi grazie due volte anche per aver colmato un vuoto di critica.
Però un dizionario sul cinema d'exploitation non sarebbe male...

Rudy Salvagnini ha detto...

Sì, non sarebbe male. C'è già l'ottimo Stracult di Marco Giusti, ma si riferisce solo agli italiani, per cui lo spazio ci sarebbe. Fin troppo sterminato, però... in inglese sotto questo profilo è consigliabile la Psychotronic Video Guide di Michael Weldon, un precursore sotto molti aspetti.