lunedì 28 dicembre 2020

Dante va alla guerra


Roberto Albanesi è noto nel panorama dell’horror indipendente italiano per i suoi film bizzarri e divertenti, come il dittico Non nuotate in quel fiume 1 e 2. Dante va alla guerra è, nell’ambito della sua produzione, un film decisamente diverso che affronta, da un punto di vista prettamente personale, problematiche esistenziali di carattere universale.

Dante (Stefano Galli) è un giovane piuttosto solitario e incerto sul da farsi, oppresso da una madre che è insieme, appunto, opprimente e assente. Ha perso il padre e sente molto questa mancanza, anche in relazione a quella che ritiene una profonda ingiustizia del destino. Va regolarmente dallo strizzacervelli e prende pastiglie per superare i suoi problemi psicologici. Ignazio Virgilio Fagaroni (Ivan Brusa) - Faga per gli amici che non ha - è un altro giovane solitario, con un fratello spacciatore e un futuro incerto, che crede di trovare in Giorgia, ragazza che ha appena apparentemente mollato il fidanzato che la tradiva, la risposta alle sue domande. I percorsi di Dante e di Ignazio si intrecciano alla ricerca di un avvenire che abbia qualche significato.

Elegia dell’emarginazione, ma anche, alla fine, della capacità e insieme della necessità di andare avanti contro ogni delusione, il film è un viaggio esistenziale alla ricerca di una ragione per vivere senza limitarsi a sopravvivere. C’è una naturale felicità di invenzione che colora spesso la storia con siparietti ironici di buon impatto. Alcune volte le trovate sono meno riuscite, soprattutto quando si abbraccia un tono per così dire felliniano, ma nell’insieme l’apologo è convincente: qualche parte un po’ scontata e qualche momento morto ci sono, quindi, ma l’impatto complessivo è buono. Il film sprigiona sincerità anche quando sembra fermarsi per esprimere i suoi concetti correndo il rischio di essere didascalico.

All’inizio prevalgono i toni ironici e divertenti, nel tratteggio di una vita senza scopo e apparentemente senza qualità, ma poi, mentre il disegno caratteriale e quello complessivo si approfondiscono, i toni si fanno più sommessi, più intimistici, più, se vogliamo, sentimentali, lasciando trasparire come questo film sia qualcosa di importante che l’autore sente di voler condividere, la sua visione del mondo. Tra parti poetiche e parti umoristiche, in una struttura narrativa composita, il film ricorda il cinema pop - libero e selvaggio - degli anni ’60 e questo è un bene. Del resto, le caratteristiche migliori degli horror di Albanesi sono sempre state quelle ironiche e umoristiche.

Il cast, composto in gran parte da fedelissimi di Albanesi, risponde in modo efficace alle necessità, mostrando buone qualità e poche incertezze: su tutti, naturalmente, i due protagonisti: Galli disinvolto e Brusa lunare. Il film dà la misura delle capacità di Albanesi come autore e credo indichi una direzione anche per i futuri sviluppi della sua attività.

Oltre che in dvd, il film è disponibile anche su Amazon Prime ed è senz’altro il caso di vederlo.

venerdì 18 dicembre 2020

Topolino Writers Edition - recensione Ventenni Paperoni


Segnalo con piacere questa bella recensione della Topolino Writers Edition dedicata alle mie storie. La trovate nel sito Ventenni Paperoni a cui potete arrivare anche premendo qui.

martedì 15 dicembre 2020

Dizionario dei film horror - recensione di Luca Ruocco


La nuova edizione del mio Dizionario dei film horror (Bloodbuster) sta affrontando la perigliosa avventura delle librerie da qualche settimana, ormai. In questo contesto, mi fa piacere segnalare una bella recensione che al Dizionario ha fatto Luca Ruocco, che ringrazio per l'attenzione, per il sito Ingenerecinema.com. Chi vuole leggerla può cliccare qui ed essere trasportato proprio lì.

domenica 13 dicembre 2020

Flesh Contagium


Nel 2029, una pandemia ha provocato migliaia di morti portando presto al collasso le strutture sanitarie nei vari stati del mondo. Le grandi case farmaceutiche hanno sprintato per produrre un vaccino che battesse il virus, ma, come si dice in Veneto, el tacon xe sta peso del sbrego. Prodotto in fretta, infatti, il vaccino ha causato effetti collaterali consistenti in orribili mutazioni negli esseri umani. I morti da migliaia sono divenuti milioni e per i sopravvissuti le cose sono state comunque terribili. L’economia ha collassato e sono fioriti regimi militari che hanno istituito gruppi armati denominati “esecutori”, incaricati di eliminare i mutanti. In preda alla fame e alla disperazione, la gente ha cercato rifugio e cibo nelle campagne, ma squadracce di esecutori battono anche quelle alla ricerca di esseri umani da eliminare. Poiché si tratta di un horror indipendente a basso budget, tutto questo ci viene raccontato in dense didascalie per poi concentrarsi sulla fuga di una coppia composta dal cinico Helmut (Lorenzo Lepori) e dall’esile e impaurita Ornella (Shiri Binder), incinta. Cercando rifugio in un casolare che sembrava abbandonato, i due sono vittima di una coppia di coniugi su cui gli effetti delle mutazioni virali si sono già fatti sentire pesantemente. Vera (Simona Vannelli) è diventata una demente cannibale: uccide Helmut e se ne ciba. Suo marito Udolfo (Pio Bisanti) invece cattura Ornella e, mentre le racconta come stanno le cose, la stupra un paio di volte. Udolfo ha una strana escrescenza sulla schiena: in sostanza, è una sorta di esserino dentuto e famelico generato in qualche modo con la moglie. L’esserino si ciba di sangue e l’idea di Udolfo è quella di dargli il sangue di Ornella che, dopo qualche iniziale e comprensibile esitazione, si dichiara disponibile. Ma le cose sono destinate a complicarsi.

Dopo Catacomba e Notte nuda, Lorenzo Lepori scrive (con gli esperti Antonio Tentori e Alex Visani), produce (con Visani e Luca Di Silverio), dirige e interpreta (in un ruolo di supporto) un nuovo horror piccolo, ma sincero. Lo spirito resta quello dei fumettacci horror erotici degli anni ’70 e ’80 cui Lepori aveva già reso omaggio più esplicitamente in Catacomba, uniti alla rivisitazione, forse più che dell’horror, del post-atomico italiano dei medesimi anni con qualche rimando naturalmente anche al romeriano La città verrà distrutta all’alba. Ne consegue una notevole insistenza su gore e frattaglie, sul nudo e sul politicamente scorretto, categoria quest’ultima che in quegli anni non esisteva nemmeno.

La storia è esile, ma con qualche svolta interessante. Il ritmo, pur con qualche cedimento nella fase centrale, è sostenuto. L’ultimo terzo del film vira decisamente verso il delirio, il che, dato il contesto e le finalità, può essere considerato un pregio. La creaturina, direi quasi henenlotteriana, è una mutazione simpatica e introduce un elemento disturbante nel già strano ménage a trois che si instaura tra Udolfo (nome che rimanda a una maestra del gotico d’epoca come Ann Radcliffe), la fragile Ornella e la delirante e affamata virago che è diventata Vera, la moglie di Udolfo. Lo scenario pandemico e apocalittico - piuttosto attuale, direi - è il pretesto per mettere in scena questo rapporto malato e seguirne gli sviluppi, con le complicazioni causate dall’intervento dei cosiddetti esecutori e anche dal sanguinoso distacco della creatura dal suo alveo. Alcune sequenze allucinate sono ben realizzate e l’apprezzabile fotografia di Visani aiuta molto la creazione di atmosfere macabre e suggestive soprattutto nelle scene in interni, con una buona scelta dei colori.

Pio Bisanti e Simona Vannelli, fedelissimi del regista, offrono buone prove, un po’ sopra le righe, ma tutto il film, intenzionalmente, lo è. Shiri Binder ha qualche momento di incertezza, ma il suo ruolo non era facile e lo svolge con impegno e discreti risultati. Il film conferma la vivacità e la personalità dell’approccio di Lepori al genere: forse talvolta eccede in entusiasmo e non sempre riesce a mantenersi focalizzato sul racconto, ma nel complesso ottiene il risultato di rivisitare e riproporre in modo efficace un cinema che era estinto.

giovedì 3 dicembre 2020

L'uomo col cilindro


Le amiche Natalie (Natalie La Torre) e Rosa (Rosa Fariello) stanno lavorando a un progetto fotografico con il quale concorrere per un premio di tremila euro che a loro farebbe molto comodo. Il bando scade tra poco e per migliorare il progetto e renderlo imbattibile servirebbero ulteriori fotografie da scattarsi a Villa Rosa, un grande edificio abbandonato e degradato sul quale girano strane voci e leggende oscure. Natalie e Rosa non si fanno condizionare e si recano nella villa anche se Rosa ha da tempo strani incubi e visioni. E anche se su tutto aleggia la strana figura di un misterioso uomo col cilindro.

Dopo una nutrita filmografia fatta di film di vari generi, Stefano Simone si cimenta con un lungometraggio che, sia pure con le sue particolarità, può essere ascritto al genere horror; genere nel quale Simone aveva iniziato anni fa con il format del cortometraggio. E forse non è un caso che il problema principale del film è che, pur durando all’incirca ottanta minuti, consta di una materia narrativa che sarebbe stata più adatta per un mediometraggio. Questo si traduce in una certa lentezza nel procedere, con l’insistere sulle pause e sui paesaggi (peraltro suggestivi e filmati in modo efficace), a volte contro la tensione che la storia suggerisce. L’ambientazione nella villa diroccata e abbandonata è interessante e riesce a dare il senso di una misteriosa desolazione e della minaccia incombente, anche se l’uomo col cilindro, a livello iconico, non è particolarmente incisivo.

Se il film soffre di un eccesso di dilatazione della storia, qualche buona atmosfera c’è e tutto è giocato sulle attese e sui momenti sospesi. Simone riprende in questo senso i toni del suo mediometraggio Il passaggio segreto, anch’esso interpretato dalle protagoniste di questo film, Natalie La Torre e Rosa Fariello che confermano il loro affiatamento e danno discreta credibilità ai loro personaggi, profondamente radicati nel territorio. La parte conclusiva, sostanzialmente senza parole, almeno prima del sottofinale, è la migliore e la più incisiva anche a livello visuale, con qualche riuscito gioco ottico, così da chiudere in modo efficace un film che avrebbe guadagnato da una maggiore articolazione della vicenda o da una riduzione della durata. Resta, comunque, il fascino di un mistero oscuro dai contorni metafisici ed esistenziali con il quale le ragazze si trovano inaspettatamente a confrontarsi, inermi e attonite. Notevoli, come sempre, le musiche di Luca Auriemma. Buone le prove di Diego Carli e di Antonio Del Nobile nei loro brevi, ma incisivi ruoli. Il film è stato prodotto da Massimo Bezzati, tra l’altro encomiabile organizzatore del festival cinematografico La Selva Nera.

Qui sopra, Natalie La Torre e Rosa Fariello in una scena dal film.

Antebellum

Antebellum è un nuovo horror (più o meno) in uscita su Amazon Prime. Diretto da una coppia di registi esordienti, Gerard Bush e Christopher Renz, punta a spiazzare lo spettatore con un paio di particolari colpi di scena.

Chi vuole leggere la recensione che ho scritto per MYmovies può cliccare qui.

Qui sopra un'immagine dal film con la protagonista Janelle Monáe in evidenza.