venerdì 12 febbraio 2010

Bob Dylan alla Casa Bianca


(Ma solo per suonare: per la Presidenza vedremo).

Bob Dylan ha preso parte a un concerto alla Casa Bianca tenuto per celebrare, alla presenza di Barack Obama, il movimento dei diritti civili. Dylan aveva suonato anche nel 1963 alla marcia su Washington quando a capo del movimento c’era Martin Luther King. Qualcuno ha ritenuto inopportuno che Dylan abbia suonato alla Casa Bianca, presidio del potere capitalista. Ma siamo in tanti e c’è sempre qualcuno che pensa qualunque cosa. Non si capisce bene perché Dylan non avrebbe dovuto suonare per celebrare un movimento di cui, in fondo, aveva fatto parte. Non si capisce inoltre perché non avrebbe dovuto suonare per Obama visto che aveva già suonato (una grande e bizzarra versione di Chimes of Freedom) quando si era insediato Bill Clinton. Se avesse suonato per George W. sarebbe stato un altro discorso, ma temo che avrei potuto metabolizzare anche quello.


Comunque, il punto è un altro. Come ha suonato? Potete vederlo da voi facilmente andando su Expecting Rain o Maggie’s Farm o direttamente su YouTube. Per me è stata un’ottima interpretazione ed è stata un’altra dimostrazione di come le sue canzoni possano cambiare significato a seconda del modo di interpretarle. La canzone che Dylan ha scelto di cantare è The Times They Are A-Changin’, una delle canzoni più legate ai tempi in cui l’ha scritta. Contenuta nell’album omonimo (1964) era all’epoca una sorta di inno al cambiamento, forse la canzone più “politica” di un album e di un periodo “politico”. Oggi sappiamo che quel cambiamento non c’è stato e probabilmente non ci sarà mai. Lo sa anche Bob Dylan e forse lo sapeva anche allora, ma, come tutti, ci sperava. Da inno positivo, quindi, la canzone si è trasformata, in questa versione rallentata e soffusa di tristezza, in una sorta di requiem, quasi un lamento funebre al cambiamento mancato, dove la speranza di un miglioramento sociale e politico è riaffermata, ma senza alcuna illusione. Il mutamento di significato (e di umore) è nel modo in cui le parole vengono cantate dalla voce ormai mirabilmente rotta di Bob Dylan (anche se decisamente più melodica di quella che si sente nei concerti degli ultimi anni). Ed è anche nell’arrangiamento acustico (ma era acustica, ovviamente, anche la versione originale) e ricco di atmosfera.


La foto qui sopra l'ho trovata su internet ed è accreditata come "Official White House Photo by Pete Souza": se metterla in questo umile blog infrange qualche copyright sono disposto a toglierla immantinente sostituendola con una mia interpretazione astratta dell’evento (ma speriamo di no).

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Come mai la voce già abbastanza "mirabilmente rotta" si riaggiustò improvvisamente ai tempi di Lay lady lay? Quel mutamento piuttosto sorprendente si è verificato altre volte o no?
Sono anni che mi faccio queste domande.

Rudy Salvagnini ha detto...

Leggenda vuole che il cambio di voce, piuttosto sorprendente, nell'album Nashville Skyline (cui appartiene Lay Lady Lay) sia dipeso dal fatto che Dylan aveva smesso di fumare. La verità è probabilmente più complessa e cuirosa. Diverse delle persone che avevano conosciuto Dylan ai tempi in cui viveva a Hibbing, Minnesota, avevano raccontato d'essere state stupite quando avevano sentito la voce di Dylan nei dischi perché era molto diversa da come se la ricordavano quando cantava da ragazzo: era molto più simile a quella di Lay Lady Lay.

Rudy Salvagnini ha detto...

Quando poi sono emersi alcuni nastri registrati in quegli anni se ne è avuta conferma: per esempio quel poco che si è sentito del nastro registrato nel 1960 da Karen Wallace - la canzone Two Sisters per esempio - testimonia come effettivamente la voce del Dylan ragazzo era molto simile a quella da crooner di Nashville Skyline. Quindi, probabilmente Dylan ha diverse voci nel suo repertorio e le usa quando vuole. O quando può: adesso mi pare che gli sia rimasta soprattutto quella stile Tom Waits. Sempre interessante, ma con minore ampiezza di spettro vocale.