È in edicola (io non l’ho ancora trovato, ma dovrebbe esserci), un meritevole volumetto edito dall’Editoriale Cosmo e dedicato a Smalto & Jonny, personaggi creati da Giorgio Pezzin ai testi e Giorgio Cavazzano ai disegni. In appendice due storie “libere”, per così dire. Una di queste è Carcere modello, scritta da me e magistralmente disegnata da Giorgio Cavazzano. Questa è, in linea di massima, la prima ristampa dopo oltre trent’anni per cui mi sembra interessante raccontare la sua travagliata genesi.
La storia di Carcere modello nasce infatti da molto lontano. La prima forma in cui si è materializzato è quella di un racconto, che ho finito di scrivere il 17 maggio 1977 ed è rimasto inedito. L’avevo proposto a The Time Machine, una fanzine padovana di fantascienza con cui ogni tanto collaboravo, ma non l’avevano voluta. Successivamente, mi resi conto che avrebbe potuto funzionare meglio come fumetto e quindi ne ho tratto una sceneggiatura, completata il 24 febbraio 1978. In quel periodo, collaboravo con Giorgio Cavazzano per alcune storie di fantascienza pubblicate sul Mago, perciò gli proposi anche quella. Gli piacque e provò a disegnarla, ma, fatti alcuni disegni preparatori, si rese conto, mi disse, di non avere il “segno” giusto per realizzarla. Mi suggerì allora di proporla a Milo Manara che, secondo lui, avrebbe potuto essere interessato per l’argomento e le tematiche sottese. Così spedii via posta, come si faceva allora, la sceneggiatura (assieme a qualche altra, credo) a Manara. Giorgio mi aveva dato il suo numero di telefono e così, dopo un certo lasso di tempo (non ricordo quanto, ma non moltissimo), gli telefonai. Il numero di telefono corrispondeva a un indirizzo del veronese, un paesino di campagna. Giorgio mi aveva avvertito che la cosa sarebbe stata un po’ particolare perché Manara non rispondeva direttamente a quel numero di telefono. Non so se non fosse il suo o se comunque lui stesse a una certa distanza, in ogni caso sapevo che poteva volerci un po’ di tempo. Al telefono, mi rispose una voce femminile che mi disse di restare in linea. Sentii i suoi passi allontanarsi, poi, dopo un certo periodo di tempo, sentii dei passi, diversi, che si avvicinavano. La cornetta fu sollevata e Milo Manara mi parlò, in prima persona. Molto gentilmente, mi disse che aveva letto le sceneggiature, ma, proprio in quel periodo, aveva preso la decisione di scriversi da solo le storie che avrebbe disegnato. Oggi, a ripensarci, spero che una tale drastica decisione Manara non l’abbia presa dopo aver letto le mie sceneggiature, come conseguenza diretta. Non mi disse se Carcere modello gli era piaciuto: era dirimente il fatto che aveva deciso di fare da sé. Lo ringraziai - era stato molto cortese - e lo salutai. Appresa la notizia, Giorgio mi disse che, se per me andava bene, avrebbe tenuto lui la sceneggiatura per vedere se, col tempo, gli veniva l’ispirazione per il segno giusto con cui disegnarla. A me andava benissimo, così gli dissi che poteva considerarla sua in esclusiva. Gli anni passarono e io ormai davo per persa la possibilità di vedere Carcere modello diventare un fumetto. Invece, nel settembre 1984, Giorgio mi telefonò: aveva trovato l’ispirazione e aveva già disegnato Carcere modello. Ma c’era di più: aveva fatto leggere la sceneggiatura - non so se prima o dopo averla disegnata, probabilmente prima, a pensarci - a Luigi Bernardi, allora curatore di Orient Express, e questi gli aveva detto che era la più bella sceneggiatura che aveva letto negli ultimi anni, o, adesso non ricordo più bene, la più bella sceneggiatura che aveva letto nell’ultimo anno o, più probabilmente, la più bella sceneggiatura che aveva letto negli ultimi cinque minuti. Insomma, gli era piaciuta. Carcere modello sarebbe stato pubblicato su Orient Express. Non solo, avremmo avuto la possibilità di creare una serie ex novo per Orient Express. Proposi a Giorgio un noir con protagonista un detective ironico e disincantato (il riferimento era il Marlowe di Elliott Gould, anche graficamente), ma hard boiled, da ambientare a Pittsburgh (ero romeriano già allora). Scrissi il soggetto, molto lungo e dettagliato, per la prima storia, dura, che toccava tematiche all’epoca assai scabrose, di un pessimismo cosmico alla Chinatown di Polanski. A Giorgio piacque e cominciò a fare i disegni preparatori (molto belli, li ricordo ancora), ma questa è un’altra storia (che naturalmente non ha portato a niente). Tornando a Carcere modello, Orient Express cessò le pubblicazioni prima di poterlo pubblicare. A quel punto, l’entusiasmo si dissolse come una bolla di sapone e rimanemmo col cerino in mano. Nel corso degli anni, Carcere modello è stato vicino alla pubblicazione più di qualche volta e ogni volta sembrava fatta: a un certo punto sembrava che sarebbe stato pubblicato in pompa magna in Francia, ma non se ne fece nulla. Sembrava certo, certissimo, anzi probabile che sarebbe stato nel primo numero di una nuova e ambiziosa rivista a fumetti, mi pare che dovesse chiamarsi Odeon o qualcosa del genere (comparve la notizia su Fumo di china, quando ancora era in formato piccolo), ma l’iniziativa si chiuse improvvisamente prima di aprirsi veramente. E ce ne sono state altre ancora: ogni volta Giorgio - era lui che si occupava di tutto, molto generosamente - mi telefonava entusiasta dicendomi: “Questa volta ci siamo”. E invece non c’eravamo mai. Gli anni passavano e io rischiavo di acquisire l’infausto titolo dello sceneggiatore dell’unica storia inedita di Giorgio Cavazzano, un disdoro che mi avrebbe inserito per sempre nell’elenco dei paria dei comics. Di punto in bianco, Giorgio mi avvertì - si era arrivati al 1990 - che Carcere modello sarebbe stato pubblicato su Fumo di china. Sì, certo, bene, risposi io, pensando che cosa sarebbe potuto succedere: che so, un asteroide che si schianta sulla sede di Fumo di china? Un po’ mi dispiacque apprendere la notizia, comunque, perché Fumo di china era l’unica rivista di critica fumettistica che usciva in edicola: vista la rogna che Carcere modello si portava addosso, pubblicarlo avrebbe di certo significato la sua repentina scomparsa e di ciò non avrei voluto essere responsabile. Ma non avevo voce in capitolo e d’altronde se l’erano voluta loro. Ma non sapevo che, come dicono gli americani, the joke was on me. Carcere modello fu finalmente pubblicato nel numero 3-4 di Fumo di china del 1990 e avrei potuto esserne contento anche se la pubblicazione avveniva a distanza di anni e in una rivista di limitata diffusione per cui era prevedibile non avrebbe avuto alcun impatto sulla mia carriera (infatti, non ne ebbe). Ma quello che inizia male non può che finire male. Mi accorsi infatti con sorpresa e con sgomento che qualcuno era intervenuto pesantemente su parte dei dialoghi. Il senso, il contenuto e il significato della storia non era possibile alterarli, ma l’ironia e l’equilibrio di alcuni dei dialoghi erano stati trasformati, in peggio secondo me. Chi l’aveva fatto? L’ho scoperto solo nei giorni scorsi quando, sempre in occasione della ristampa su Smalto & Jonny, chi l’ha fatto ha “confessato”. E ho apprezzato la cosa. Perché l’aveva fatto? Evidentemente, ritenni all’epoca (oggi, sapendo come sono andate le cose, ho una visione un po' diversa), perché pensava di saper scrivere meglio di me (il che, in astratto, è anche possibile: molti scrivono meglio di me, ma, avvedutamente, si scrivono le loro storie, non le mie). Qualcuno mi avvisò di tale massacro? No. E perché mai avrebbe dovuto? In fondo, ero solo l’autore. Così Carcere modello che avrebbe potuto essere, se fosse uscito al momento giusto e nel posto giusto, un fumetto importante nella mia storia fumettistica, è diventato, sempre nella mia storia fumettistica (se ne esiste una), un fumetto irrilevante e deludente. Preparai - e ce l’ho ancora - un file con le modifiche per ripristinare il testo originario in caso di ristampa, ma per anni il fumetto non è mai stato propriamente ristampato (se non, surrettiziamente, nel volume Percorsi dedicato a Giorgio Cavazzano: in quel volume sono state pubblicate, come illustrazioni al testo, tutte le tavole del fumetto, com’erano uscite su Fumo di china). E adesso che è stato ristampato, naturalmente non è stato possibile ripristinare il testo originario perché questo avrebbe significato riletterare il tutto con costi insostenibili. Perciò, tutto è ormai cristallizzato. Avevo pensato - e in effetti qualche tempo fa per un paio d’ore su questo blog l’avevo anche fatto (prima di cancellare il post) - di pubblicare qui il testo originale di Carcere modello per consentire a chi fosse interessato di fare una collazione (non cappuccino e brioche, ma un confronto tra i testi). Poi però mi balzata prepotentemente addosso l’evidenza che a nessuno gliene sarebbe importato qualcosa e quindi ho pensato di farne a meno e di chiuderla qui.