Una donna si sveglia felice sul suo letto dopo, evidentemente, una notte d’amore. Allunga la mano verso il suo partner, girato di lato, e la ritrae sporca di sangue: l’uomo è stato massacrato. La donna si chiama Lauren (Lauren Jane Matic) ed è la moglie di Robert Williams (David White) che, assieme al socio Giuseppe Torre (Giuseppe Ragone), è al momento impegnato in una trattativa per un misterioso prodotto che la sua società sta proponendo a un’interessata che rappresenta un governo straniero. Katia (Martina Palmitesta) e Daniel (Daniel Brooks) sono una coppia di fidanzati: Daniel vorrebbe che lei smettesse di lavorare, anche perché non gli piace il luogo in cui lavora né il suo datore di lavoro, Joshua Merlo (Tiziano Cella), sfasciacarrozze. Quando Robert arriva a casa, trova la moglie Lauren in lacrime e la polizia in loco. La polizia interroga Robert, che spiega d’essere stato al lavoro. Lauren è troppo scioccata per essere interrogata e così i poliziotti, per il momento, se ne vanno. Giuseppe telefona a Robert spiegando che c’è interesse per il loro progetto. Robert se ne compiace, ma vuole sapere dalla la moglie che cosa è successo. La rimprovera di mettere a repentaglio la sua carriera: è evidente che l’uomo trovato morto era il suo amante. Joshua, a casa, riceve le proteste di una vicina cinese per il rumore prodotto dalla televisione che sta tenendo accesa in sottofondo. Il morto si chiama Giorgio De Rosa, spiega la polizia interrogando Lauren alla presenza di Robert. Robert dice di non conoscerlo. Lauren invece ammette che era il suo amante da tempo. Robert è scagionato perché ha un alibi. La polizia, al momento, non ha indizi. Joshua trova Katia che sul lavoro bacia Daniel e la rimprovera Katia per essere in ritardo. Daniel reagisce bruscamente e Katia gli dice di andarsene, dopo aver detto a entrambi d’aver esagerato. Presto però anche Katia si rende conto che Joshua ha dei comportamenti strani e comincia ad averne paura. Lauren rivela a Robert di essere incinta, ma che lui non è il padre, perché lui è sterile. Il padre probabilmente è il morto. Robert le dice che lui l’ama ancora. Comunque, è molto preso dall’affare che sta cercando di condurre in porto e che è legato al controllo sugli altri. I delitti si susseguono e la connessione tra i vari personaggi rende evidente che c’è sotto qualcosa di terribile, che ha a che fare con ordini subliminali.
Il tema del controllo delle altre persone in funzione anche omicida, per realizzare in modo vicario ciò che non si può o non si vuole fare di persona, è affascinante e il suo utilizzo risale agli albori del cinema, sin dai tempi de Il gabinetto del dottor Caligari. Jesus Franco ne ha fatto un uso intensivo con i suoi molti automi umani spesso telecomandati con parafernalia fantascientifici non lontani concettualmente dall’apparecchio usato in questo film, ma spesso più scanzonati nell’uso e nell’ideazione. Si può ricordare, tra i tanti, anche il curioso essere biomeccanico teleguidato del bizzarro film messicano Orlak, el infierno de Frankenstein.
Per il suo esordio nel lungometraggio, Tiziano Cella sceglie un approccio visuale realistico e inserisce il gimmick come motore motivazionale di una vicenda thriller nella quale si punta a una umanizzazione dell’incolpevole colpevole (viene in mente anche il classico fantapolitico Va’ e uccidi, anche se naturalmente contesto e situazioni non potrebbero essere più diversi), inconsapevole - sino a un certo punto - strumento del male altrui. La dinamica narrativa non sempre è persuasiva (l’elemento, per così dire, fantascientifico è dato forse troppo per scontato), ma si vedono ottimi momenti di cinema. Spesso ci sono sequenze orchestrate con notevole maestria visuale e le pause nella narrazione sono gestite con suggestione: in genere l’interazione dei personaggi è ben studiata.
La storia però si presenta nella sostanza prevedibile negli sviluppi e talvolta un po’ debole. La concatenazione logica di alcune svolte, come quella che coinvolge il ragazzo delle pizze, è architettata con attenzione e funziona. La parte più debole, come spesso accade in questi casi, è quella delle indagini della polizia, ma è un difetto intrinseco per la necessità di spiegare, che invece le sequenze più immaginifiche dei delitti o della loro preparazione possono evitare: le parti investigative sono anche quelle nelle quali Cella sembra arrendersi al budget, inscenandole con una certa piattezza.
Scandito in giorni, il film è comunque in genere elegante e ben diretto. Nel complesso apprezzabile anche la prova del cast, nel quale si ritaglia una parte significativa il regista, che del resto ha già dato buone prove di interprete nel passato: chi legge questo blog può ricordare che ne ho parlato quando è stato protagonista assoluto di Doll Syndrome di Domiziano Cristopharo.
Curata la fotografia e in genere adeguati i valori di produzione sia pure nell’ambito di un budget che non dev’essere stato consistente, ma è stato ben utilizzato. Una nota di merito per la colonna sonora, varia e appropriata. E di grande importanza nell’economia della narrazione spesso affidata a sequenze senza parole accompagnate dalla musica significativa anche, talvolta, nelle sue dissonanze. Valido anche il montaggio (di Valerio Perini), preciso e accurato.
La dinamica sanguinosa dei delitti e l’utilizzo, in funzione eye candy, di qualche tocco di erotismo vouyeristico, rimandano alla tradizione dei thriller all’italiana degli anni ’70 e costituiscono un rimando che non dovrebbe essere sgradito allo spettatore.
Nell’insieme, un tentativo coraggioso e fondamentalmente riuscito a livello di intrattenimento, che avrebbe beneficiato da una più solida base narrativa, ma segnala in modo inequivocabile le doti di Cella nella messa in scena e vale senz'altro la pena di vedere.
venerdì 26 giugno 2015
Subject 0: Shattered Memories di Tiziano Cella
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