martedì 6 novembre 2018

Il votice dei ricordi, once again

Mi pare giusto cercare di ricordare, anche a me stesso, Il vortice dei ricordi (Alcheringa Edizioni), il mio primo romanzo. E non solo perché il tema del romanzo è proprio l’importanza dei ricordi. Ci sono romanzi autobiografici in senso stretto e questo non lo è, ma in tutte le cose che un autore scrive ci sono frammenti di vita che si insinuano a caratterizzare la scrittura. Sono dettagli che forse sfuggono a chi legge, ma che per chi scrive rappresentano un aspetto molto importante e significativo.
Sono sempre stato affascinato dalle citazioni che pochi o forse nessuno può cogliere. Sono sempre stato abituato a farne anche nei posti più impensati. Per esempio, quando ho scritto la mia monografia su Hal Ashby (Il Castoro Cinema) ho voluto fare un omaggio a questo sfortunato e grande regista scrivendo una storia per Topolino che probabilmente solo io ho colto come un omaggio ad Ashby. Ma a me bastava così. Le citazioni evidenti sono uno sterile sfoggio di cultura, le citazioni nascoste sono migliori: essendo nascoste perdono la loro stessa natura, ma riescono a dare spessore e significati che possono essere colti anche da chi non le percepisce come tali. Anche ne Il vortice dei ricordi ce ne sono, qua e là. C'è, per esempio, un'evidente citazione di un film svedese degli anni '50 che, a suo tempo, mi colpì. Ma non l'ho fatta perché volevo fare una citazione, l'ho fatta perché in quel punto ci stava bene: dava significato.

Cinema e fumetti hanno segnato la mia vita. Mi hanno appassionato e mi hanno anche occupato. Cinema e fumetti e Bob Dylan, aggiungerei. Ma in questo caso mi limito al cinema e ai fumetti, principalmente. Nel vortice dei mei ricordi cinema e fumetti hanno un ruolo importante e nel mio romanzo la loro presenza è fondamentale. Il cinema è l’elemento portante della storia e i fumetti sono la passione del protagonista, che ama farli e ama leggerli, come capita quasi sempre. Se ci pensate, accade molto spesso che chi legge fumetti voglia anche farli. Questa non è una cosa negativa, anzi è una cosa naturale, anche se spesso comporta e porta a delusioni perché non sempre la passione si accompagna al talento. È una cosa naturale perché leggere stimola la creatività, favorisce l’emulazione, accende la fantasia. E la fantasia - e la sua importanza - è un altro degli elementi fondamentali del romanzo. Sviluppare la fantasia è necessario. Tiene viva l’immaginazione, alimenta la speranza. E io spero che chi legge questo romanzo si possa sentire ispirato, in qualche modo.

Ma un’altra cosa che mi è sempre piaciuta - ed è presente in questo romanzo - è il raccontare frammenti, idee, spunti per dare l’idea di qualcosa che poi dev’essere lasciato sedimentare nella testa dei lettori. E questo ci porta a Kurt Vonnegut, un altro dei miei numi tutelari, sempre presente in quello che scrivo. Se leggete Vonnegut, avete presente anche Kilgore Trout, lo scassatissimo scrittore di fantascienza pulp di nessun successo. I romanzi di Vonnegut spesso presentano le idee di Trout sotto forma di riassunti di romanzi, di spunti bislacchi e di solito sono cose fulminanti, esilaranti, a dimostrazione di come certe volte i riassunti siano meglio delle opere complete. Ci sono trame, cioè, che è più divertente leggere in riassunto che nello sviluppo completo. Come gli spunti di Kilgore Trout sono il condimento di molti romanzi di Vonnegut, così ho cercato di fare anch’io con alcune delle creazioni fumettistiche del protagonista de Il vortice dei ricordi. Capitan Equità, in particolare, il super eroe con il comitato etico che regola le sue imprese, è un esempio di sottotrama raccontata per spunti e riassunti. Una cosa che mi piace e che credo possa avere un effetto benefico sulla storia, anche per il suo paradossale significato.

E poi, naturalmente, uno dei personaggi secondari del romanzo ha delle caratteristiche che rispecchiano molto da vicino qualcuno che conosco molto bene, in una rappresentazione un po’ idealizzata, probabilmente, ma che avrebbe forse potuto essere. Se le cose fossero andate meglio.


Qui sopra la copertina del romanzo e mi fa piacere ricordare ancora che è opera del bravo Nicola Pasquetto.

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