Il sesto capitolo del mio libro Il cinema dell’eccesso vol. 2 - Stati Uniti e resto del mondo (Crac edizioni) è dedicato a un regista giapponese dei più particolari, Teruo Ishii. Tra gli autori che ho esaminato nel libro è di sicuro uno tra i più affascinanti, capace di cose incredibili e di film assolutamente unici.
Cresciuto all’interno del rigido sistema produttivo giapponese si è fatto le ossa con dei noir sempre più atipici e con dei bizzarri film di super eroi (Spaceman contro i vampiri e I satelliti contro la Terra, per esempio) che appartengono al regno delle stranezze assolute. Poi è stato capace di creare una serie carceraria (almeno all’inizio) di enorme successo in Giappone (Abashiri bangaichi) nella quale ha fatto vedere delle qualità registiche innegabili e delle doti inventive di rara brillantezza. Sempre desideroso di cambiare e di cimentarsi con i limiti dell’apparato produttivo, Ishii si è poi dedicato a film estremi che anche adesso sono in grado di sorprendere, con al centro vicende truci e selvagge ambientate in quello che si può definire il Medio Evo giapponese. Con effetti speciali rudimentali, ma efficaci, Ishii ha tracciato un solco poi seguito da molti, quello del cinema della tortura: l’ha fatto senza particolare condivisione spirituale, ma con il desiderio di fare comunque del suo meglio. Riuscendoci.
I successi commerciali gli hanno permesso di dedicarsi a progetti più personali come il suo capolavoro assoluto, Horrors of Malformed Men, tratto dall’opera di Edogawa Rampo, scrittore del mistero e dell’orrore giapponese (che aveva assunto uno pseudonimo che foneticamente richiamava il nome di Edgar Allan Poe, il suo nume tutelare). Il film è un turbinoso insieme di bizzarria, inventiva, orrori malsani e tortuosi deliri psicologici: assolutamente da vedere. Purtroppo, è anche un insuccesso commerciale che si ripercuote un po’ sulla carriera di Ishii, costretto a dedicarsi anche a progetti meno personali. La sua carriera successiva comprende però capolavori come Bohachi Bushido, mirabile sinfonia di morte ed erotismo incentrata sulla ieratica figura di un samurai interpretato dal grande Tetsuro Tamba.
Dopo uno iato ultradecennale, Ishii, anziano ma mai domo, ritornò alla regia con una serie di film a basso budget totalmente liberi, spesso tratti dai manga, con esiti alterni, ma di notevole interesse. Nel corposo capitolo a lui dedicato ho cercato di tracciare nel dettaglio la sua incredibile e lunga carriera: meno celebrato di altri registi giapponesi, è però uno degli autori più interessanti provenienti da quella cinematografia. Se non tutto quello che ha fatto è eccellente, quasi tutto è godibile, molto è notevole e parecchio è imperdibile.
mercoledì 30 novembre 2016
venerdì 11 novembre 2016
Il cinema del disastro su Segnocinema 202
Nel numero 202 (novembre-dicembre 2016) di Segnocinema, quello attualmente in distribuzione, c'è la prima parte di un lungo articolo che ho scritto. L'articolo si intitola Il cinema del disastro e proprio di quello parla: del cinema catastrofico, uno dei generi che prediligo. L'articolo - la cui frase di richiamo è: "Tormentata genesi e incerte prospettive del cinema catastrofico" - in questa prima parte traccia la storia del cinema catastrofico nel suo divenire, nei suoi tentativi, cioè, di arrivare alla solidificazione di una formula che l'avrebbe trasformato in un genere vero e proprio. Ciò sarebbe successo solo con i kolossal degli anni '70, di cui, assieme a ciò che avvenne dopo, si occupa la seconda parte dell'articolo, che verrà pubblicata nel prossimo numero di Segnocinema. In questa prima parte, quindi, spazio ai precursori che nel corso di vari decenni hanno cercato di trovare la via alla catastrofe. Inoltre, qualche riflessione sulla fascinazione invincibile verso le catastrofi rappresentate sullo schermo (diversamente, è il caso di dirlo, da quelle reali, che affascinano ben poco e anzi atterriscono e sgomentano).
Se l'argomento vi interessa, penso che possa interessarvi anche l'articolo (non si sa mai). In ogni caso, come sempre, il numero di Segnocinema presenta parecchie altre cose interessanti, a partire dallo speciale L'uomo immaginario del XXI secolo a cura di Luca Bandirali e Stefano Cristante, passando poi per le numerose recensioni e le puntuali rubriche.
Qui sopra la copertina del dvd di La crociera del terrore, uno dei film protocatstrofici di cui parlo nell'articolo. Bel film, tra l'altro.
Se l'argomento vi interessa, penso che possa interessarvi anche l'articolo (non si sa mai). In ogni caso, come sempre, il numero di Segnocinema presenta parecchie altre cose interessanti, a partire dallo speciale L'uomo immaginario del XXI secolo a cura di Luca Bandirali e Stefano Cristante, passando poi per le numerose recensioni e le puntuali rubriche.
Qui sopra la copertina del dvd di La crociera del terrore, uno dei film protocatstrofici di cui parlo nell'articolo. Bel film, tra l'altro.
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mercoledì 9 novembre 2016
Morgan
Oggi esce Morgan, un film diretto da Luke (figlio di Ridley, nipote di Tony) Scott che rielabora in chiave fantahorror il classico mito di Frankenstein, ponendo la classica domanda sui confini tra etica e scienza. Se vi interessa leggere la recensione che ho scritto per MYmovies, non avete che da cliccare qui ed essere catapultati sulla giusta pagina del sito di MYmovies dove, poi, se vorrete potrete soffermarvi anche per molte altre cose interessanti.
Qui sopra un'immagine dal film, con la protagonista Anya Taylor-Joy in evidenza. Forse qualcuno di voi se la ricorderà come protagonista del recente horror The Witch: io me la ricordavo di certo. Nel cast c'è anche Jennifer Jason Leigh, un po' lontana dai suoi fasti, ma sempre efficace, anche se in un piccolo ruolo.
Qui sopra un'immagine dal film, con la protagonista Anya Taylor-Joy in evidenza. Forse qualcuno di voi se la ricorderà come protagonista del recente horror The Witch: io me la ricordavo di certo. Nel cast c'è anche Jennifer Jason Leigh, un po' lontana dai suoi fasti, ma sempre efficace, anche se in un piccolo ruolo.
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Evil Selfie di Eros Bosi
Tempo fa ho scritto di un film, La mano infernale, di cui Eros Bosi era protagonista. Adesso ho potuto vedere un cortometraggio, Evil Selfie, di circa undici minuti di cui Eros Bosi è regista, oltre che essere interprete principale. Diciamo subito che si tratta di un corto simpatico, che non si prende troppo sul serio (e fa bene). L’idea è quella di ironizzare sulla manie dei selfie e di farlo all’interno di un contesto horror di stampo tradizionale, con qualche richiamo all’iconografia dell’horror giapponese, ma senza farsi troppe domande sul perché certi fenomeni soprannaturali avvengano.
La storia è semplice, come si conviene a un corto. Isabella (Chiara Palombi) rompe inavvertitamente uno specchio e per evitare la conseguente sfortuna mette in atto un rimedio trovato su internet. Porta i frammenti, tenuti sotto acqua per una settimana, tra la vegetazione, ma l’effetto non è proprio quello sperato. Il padre (Maurizio Bolli) la cerca di notte e trova uno dei frammenti dello specchio, insanguinato. Poi, nel buio, gli si presenta la figura fantasmatica della figlia. Tempo dopo una coppietta - Fabiano (Eros Bosi) e Mara (Diletta Vedovelli) - si apparta in auto nel prato vicino. Lui è sbronzo e si addormenta, lei insiste per fare dei selfie. Quando lui si sveglia vede, nel selfie contenuto nel telefonino di Mara, che non c’è più (è andata, vedremo, in un boschetto per bisogni fisiologici), la figura zombesca di Isabella, che gli compare minacciosa anche nella realtà. Fabiano è braccato da Isabella, ma riesce a fermarla facendole delle foto, dato che lei è sensibile alla cosa e si presta mettendosi in posa. Quando Mara torna e vede le foto di Isabella nel telefonino di Fabiano si ingelosisce e si infuria incurante delle proteste di Fabiano che vorrebbe filarsela prima del ritorno di Isabella.
Il soggetto è di Eros Bosi, mentre la sceneggiatura è di Luca Alessandro: lo spunto di base è abbastanza originale e la storia è condotta con buona vivacità, pur con qualche ripetitività. Alcuni momenti propriamente horror dimostrano che, volendo, le qualità per una messa in scena più attinente al genere ci possono essere: certi passaggi nel montaggio, certe inquadrature, certe atmosfere sono suggestive. La scelta di affrontare il tema con ironia è comunque vincente e appropriata alla materia e sono diverse le scene in cui lo stravolgimento umoristico degli stilemi tipici dell’horror funziona bene. Ci sono poi altri momenti in cui l’effetto comico, ricercato, non scatta, ma sono difetti di scorrevolezza e uniformità chiaramente dovuti al budget e, probabilmente, all’inesperienza. Lo stesso può dirsi della prova del cast che alterna momenti di buona aderenza ai personaggi ad altri un po’ meno convincenti.
L’intervento di Gene Gnocchi (nientemeno!) uno se lo aspetta, quantomeno avendo visto il nome nei titoli di testa, ma è comunque davvero notevole per effetto ed efficacia.
La storia è semplice, come si conviene a un corto. Isabella (Chiara Palombi) rompe inavvertitamente uno specchio e per evitare la conseguente sfortuna mette in atto un rimedio trovato su internet. Porta i frammenti, tenuti sotto acqua per una settimana, tra la vegetazione, ma l’effetto non è proprio quello sperato. Il padre (Maurizio Bolli) la cerca di notte e trova uno dei frammenti dello specchio, insanguinato. Poi, nel buio, gli si presenta la figura fantasmatica della figlia. Tempo dopo una coppietta - Fabiano (Eros Bosi) e Mara (Diletta Vedovelli) - si apparta in auto nel prato vicino. Lui è sbronzo e si addormenta, lei insiste per fare dei selfie. Quando lui si sveglia vede, nel selfie contenuto nel telefonino di Mara, che non c’è più (è andata, vedremo, in un boschetto per bisogni fisiologici), la figura zombesca di Isabella, che gli compare minacciosa anche nella realtà. Fabiano è braccato da Isabella, ma riesce a fermarla facendole delle foto, dato che lei è sensibile alla cosa e si presta mettendosi in posa. Quando Mara torna e vede le foto di Isabella nel telefonino di Fabiano si ingelosisce e si infuria incurante delle proteste di Fabiano che vorrebbe filarsela prima del ritorno di Isabella.
Il soggetto è di Eros Bosi, mentre la sceneggiatura è di Luca Alessandro: lo spunto di base è abbastanza originale e la storia è condotta con buona vivacità, pur con qualche ripetitività. Alcuni momenti propriamente horror dimostrano che, volendo, le qualità per una messa in scena più attinente al genere ci possono essere: certi passaggi nel montaggio, certe inquadrature, certe atmosfere sono suggestive. La scelta di affrontare il tema con ironia è comunque vincente e appropriata alla materia e sono diverse le scene in cui lo stravolgimento umoristico degli stilemi tipici dell’horror funziona bene. Ci sono poi altri momenti in cui l’effetto comico, ricercato, non scatta, ma sono difetti di scorrevolezza e uniformità chiaramente dovuti al budget e, probabilmente, all’inesperienza. Lo stesso può dirsi della prova del cast che alterna momenti di buona aderenza ai personaggi ad altri un po’ meno convincenti.
L’intervento di Gene Gnocchi (nientemeno!) uno se lo aspetta, quantomeno avendo visto il nome nei titoli di testa, ma è comunque davvero notevole per effetto ed efficacia.
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