mercoledì 9 novembre 2016

Evil Selfie di Eros Bosi

Tempo fa ho scritto di un film, La mano infernale, di cui Eros Bosi era protagonista. Adesso ho potuto vedere un cortometraggio, Evil Selfie, di circa undici minuti di cui Eros Bosi è regista, oltre che essere interprete principale. Diciamo subito che si tratta di un corto simpatico, che non si prende troppo sul serio (e fa bene). L’idea è quella di ironizzare sulla manie dei selfie e di farlo all’interno di un contesto horror di stampo tradizionale, con qualche richiamo all’iconografia dell’horror giapponese, ma senza farsi troppe domande sul perché certi fenomeni soprannaturali avvengano.

La storia è semplice, come si conviene a un corto. Isabella (Chiara Palombi) rompe inavvertitamente uno specchio e per evitare la conseguente sfortuna mette in atto un rimedio trovato su internet. Porta i frammenti, tenuti sotto acqua per una settimana, tra la vegetazione, ma l’effetto non è proprio quello sperato. Il padre (Maurizio Bolli) la cerca di notte e trova uno dei frammenti dello specchio, insanguinato. Poi, nel buio, gli si presenta la figura fantasmatica della figlia. Tempo dopo una coppietta - Fabiano (Eros Bosi) e Mara (Diletta Vedovelli) - si apparta in auto nel prato vicino. Lui è sbronzo e si addormenta, lei insiste per fare dei selfie. Quando lui si sveglia vede, nel selfie contenuto nel telefonino di Mara, che non c’è più (è andata, vedremo, in un boschetto per bisogni fisiologici), la figura zombesca di Isabella, che gli compare minacciosa anche nella realtà. Fabiano è braccato da Isabella, ma riesce a fermarla facendole delle foto, dato che lei è sensibile alla cosa e si presta mettendosi in posa. Quando Mara torna e vede le foto di Isabella nel telefonino di Fabiano si ingelosisce e si infuria incurante delle proteste di Fabiano che vorrebbe filarsela prima del ritorno di Isabella.

Il soggetto è di Eros Bosi, mentre la sceneggiatura è di Luca Alessandro: lo spunto di base è abbastanza originale e la storia è condotta con buona vivacità, pur con qualche ripetitività. Alcuni momenti propriamente horror dimostrano che, volendo, le qualità per una messa in scena più attinente al genere ci possono essere: certi passaggi nel montaggio, certe inquadrature, certe atmosfere sono suggestive. La scelta di affrontare il tema con ironia è comunque vincente e appropriata alla materia e sono diverse le scene in cui lo stravolgimento umoristico degli stilemi tipici dell’horror funziona bene. Ci sono poi altri momenti in cui l’effetto comico, ricercato, non scatta, ma sono difetti di scorrevolezza e uniformità chiaramente dovuti al budget e, probabilmente, all’inesperienza. Lo stesso può dirsi della prova del cast che alterna momenti di buona aderenza ai personaggi ad altri un po’ meno convincenti.

L’intervento di Gene Gnocchi (nientemeno!) uno se lo aspetta, quantomeno avendo visto il nome nei titoli di testa, ma è comunque davvero notevole per effetto ed efficacia.

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