giovedì 22 settembre 2016

Curtis Hanson (1945-2016)

Ci sono registi da cui ti aspetti sempre il colpo d’ala che porti a compimento la loro carriera dandole una sommità che realizzi appieno il potenziale. Il colpo d’ala sembra non arrivare mai e poi arriva invece la morte del regista a porre compimento alla sua carriera e anche a tutto il resto. Allora guardi indietro e vedi che in effetti, invece, la carriera è stata una bella carriera e i film realizzati erano già un corpus notevole. Curtis Hanson era, per me, uno di questi registi. Forse non ha diretto capolavori, ma ha fatto parecchi film interessanti.

A partire dai primi, Sensualità morbosa (1972) ed Evil Town (1977), ha fatto capire di non disdegnare di sporcarsi le mani con i generi “bassi”. Poi ha trovato modo di salire di categoria e di farsi notare con un gioiellino come l’hitchockiano La finestra della camera da letto (1987) che all’epoca mi colpì per la nitidezza degli intenti e la bravura registica che palesava. Dopo la conferma con Cattive compagnie (1990), La mano sulla culla (1992), uno psycho-thriller pressoché perfetto con una Rebecca DeMornay grandissima. Quando le ambizioni autoriali crescono, emergono opere talvolta affascinanti, ma spesso imperfette. L.A. Confidential (1997), pur geniale rivisitazione del noir, sembra mancare del mordente del romanzo di Ellroy, in parte smussato negli angoli e “nostalgizzato”, probabilmente per una precisa scelta di campo. Wonder Boys (2000) resta un film con molti pregi, ma anche con qualcosa di irrisolto nel sottofondo non direi buonista, ma forse sin troppo ottimista. Lo stesso, ma con un grado di irresolutezza maggiore, può dirsi di Le regole del gioco, un film che affronta una tematica classica del cinema hollywoodiano senza forse riuscire ad attualizzarla. E poi ci sono altri film, anche di grande successo, come 8 Mile. Una carriera che forse poteva essere più cospicua, ma non è per nulla irrilevante.



 


E soprattutto, per quel che mi riguarda, è interessante il rapporto che ha legato Hanson a Bob Dylan, che per lui ha scritto due delle sue rare canzoni per il cinema. Una è la meravigliosa Things Have Changed (per Wonder Boys) e l’altra è la toccante Huck’s Tune (per Le regole del gioco). In entrambi i casi, Dylan è riuscito a cogliere l’essenza dei film, approfondendola e portandola a vette di concisa perfezione. In particolare Things Have Changed, come, se ci si pensa, Knockin' on Heaven's Door, ha la peculiarità di essere perfettamente aderente allo scopo e funzionale al film e di essere al tempo stesso così autonoma da guadagnare col tempo significati ulteriori e così profondi da renderla sempre attuale.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

è morto anche Herschell Gordon Lewis. Che puoi dire di lui?

Rudy Salvagnini ha detto...

Notevole personaggio, un profondo conoscitore dei gusti del pubblico e del marketing (non a caso quello è stato il suo lavoro una volta abbandonato il cinema). I suoi film potevano essere profondamente brutti e anche sciatti, nei casi peggiori, ma raramente fallivano il colpo dal punto di vista commerciale. Sicuramente è stato un innovatore e ha espresso una personalità unica.