giovedì 19 aprile 2012

Unrank di Alberto Lavoradori


A parte i Cheap Trick, una grande passione culturale di Alberto Lavoradori - sommo disegnatore disneyano e non - è sempre stata la fantascienza. Ho avuto il piacere di collaborare con lui diverse volte scrivendogli appositamente delle storie di fantascienza per Topolino. Me lo aveva chiesto lui perché voleva avere la possibilità di disegnare astronavi, lo spazio esterno e se capitava anche qualche mostro. I risultati sono stati Paperino e la nube cosmica, Zio Paperone e il planetoide misterioso e Paperino e il pianeta impossibile. Erano i primi anni ‘90. Poi, sempre in ambito fantascientifico, abbiamo collaborato alla miniserie dedicata a Rave (1998), il super eroe che faceva le pulizie (e non solo). Alberto si era dedicato con impegno e fantasia alla creazione degli alieni mostruosi che erano la nemesi dell’eroe e conservo ancora innumerevoli schizzi e bozzetti realizzati per l’occasione. Ma, oltre che disegnatore, Alberto ha, soprattutto da un certo momento in poi, manifestato quella che oggi verrebbe definita un’urgenza espressiva totalizzante, che si è manifestata, sempre in ambito fantascientifico, con Gommo, un inventivo fumetto cibernetico in cd-rom realizzato interamente da lui. Dopo altri progetti e realizzazioni sempre contrassegnate dal suo stile unico e innovativo, Lavoradori è arrivato infine a coronare la sua ascesi di narratore con un romanzo, Unrank (Edizioni Montag. 136 pagine, € 18).

La storia parte da una premessa al tempo stesso classica e interessante. Mike Summerford e Lisa Keller sono due cadetti dell’accademia aerospaziale che, al termine del biennio di addestramento, si ritrovano, a sorpresa, a essere esclusi dalla promozione completa. Sarebbero destinati a ben poco ambiziosi compiti a terra e dovrebbero rinunciare a quello per cui hanno lottato - e cioè pilotare razzi spaziali - se non accettassero una sorta di esame di riparazione che consiste nel sottoscrivere un misterioso contratto Unrank. La loro missione è recuperare tre tecnici da un laboratorio su un satellite di Urano, al quale arriveranno dopo un viaggio interminabile. Circostanza aggravante: i due non si sopportano e sono caratterialmente antitetici. Circostanza ulteriormente aggravante: la missione presenta numerosi lati oscuri. Ci sarebbero tutte le condizioni per un’epica avventura in cui un uomo e una donna riscoprono se stessi e si accorgono di provare attrazione l’uno per l’altra, ma nulla è ciò che sembra e l’imprevedibilità è una costante.

Con uno stile piano, diretto ed efficace, Lavoradori costruisce una storia avvincente giocando con accortezza le notevoli carte della vicenda. Cedendo uno strato dopo l’altro, il mistero si disvela suscitando una quieta tensione senza mai tradire lo spirito dei personaggi e la loro interazione. Come nei classici della fantascienza tremendista e sociologica, la verità giunge inaspettata, ma quasi ineluttabile, rivelando i contorni amari della finitezza umana. Il racconto è serrato: anche quando sembra che ci sia spazio per un traccheggio determinato dalla presunta ripetitività del viaggio, ci si accorge che tutto è calibrato perfettamente allo scopo di far procedere la trama. Il linguaggio è ricco di quei tecnicismi fantasiosamente scientifici che rendono la fantascienza (certa fantascienza) così credibile e astratta al tempo stesso. La conclusione presenta, come accennato, notevoli sorprese, ma, terminata la lettura, non ci si può che rendere conto che non poteva esserci fine più giusta. Ogni azione, ogni intuizione, ogni sbaglio compiuto dai protagonisti rivela la loro natura e le loro debolezze e non può che trasformarsi, narrativamente, che in qualcosa di conseguente. Un libro che consiglio di leggere: teso, schietto, inventivo, brillante e, soprattutto, sincero e a tratti anche struggente. Un esordio molto promettente.

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