mercoledì 7 settembre 2011

Alcune cose che si possono imparare dalle canzoni di Bob Dylan


L’altro giorno mi è capitato di leggere questo post in un blog, SometimesRhymes: il titolo è 10 Life Lessons from Bob Dylan. Mi ha incuriosito e l’ho trovato interessante: l’autore (R.T. Packard) trae dalle canzoni (e non solo) di Bob Dylan dieci “lezioni di vita” e spiega il motivo per il quale le considera tali. Ho pensato di farlo anch’io, per una specie di gioco, senza alcuna pretesa: non mi sono messo a elaborare teorie o a studiare i testi per trarne i versi più significativi sotto il profilo che qui interessa. Ho semplicemente elencato i versi che mi sono venuti in mente e che più si adattavano allo scopo e invece di metterne 10 ne metto 12, tanto per strafare (ma potrebbero essere 100 senza troppo sforzo). Sono a volte consigli, altre delle piccole perle di saggezza, altre ancora suggerimenti che potrebbe darvi vostra nonna, con la sapienza degli anni. Ho tralasciato quelli più noti (come To live outside the law you must be honest, che vengono subito in mente e sono ancora brillantissimi, ma sarebbero una scelta un po’ ovvia) per privilegiarne alcuni che penso meno conosciuti. Prendetelo come un divertissement, niente di più, ma se volete ascoltare le canzoni da cui sono tratti i versi, vi farete senz’altro un favore:

1. I was born here and I’ll die here against my will. Rielaborazione talmudiana, d’accordo, ma fulminante nella sua riflessione sull’impotenza umana a incidere sul proprio destino. Tratto da Not Dark Yet, inclusa nell’album Time Out of Mind del 1997.

2. God is in heaven/And we all want what’s his/But power and greed and corruptible seed/Seem to be all that there is. In poche parole, un quadro simpatico che ci spiega come mai le cose vanno come vanno: è una cosa da tenere a mente, serve per capire il mondo in cui viviamo. Tratto da Blind Willie McTell, outtake di Infidels del 1983 e incluso in The Bootleg Series 1-3 (1991).

3. Behind every beautiful thing, there’s been some kind of pain. Dove il riferimento non riguarda tanto o non solo la sofferenza dell’artista, quanto il fatto che dietro ogni cosa c’è qualcuno che ha sofferto e/o è stato sfruttato per farla. Questi versi sono anche nella lista che ho citato sopra, ma repetita iuvant. Ancora tratto da Not Dark Yet.

4. He said every man’s conscience is vile and depraved/You cannot depend on it to be your guide/When it’s you you must keep it satisfied. Il contesto è più ampio e in realtà, nella canzone, è una frase riportata, ma il succo del discorso è chiaro, la riflessione è nitida e ciò che ne risulta è una ricerca di valori trascendenti o quantomeno provenienti dall’esterno, da una morale maiuscola. In termini più noirish, è quello che si ricava da un altro verso proveniente da una delle grandi canzoni sottovalutate, Brownsville Girl, che ha il torto di essere capitata nel disco sbagliato (Knocked Out Loaded, 1986): You always said people don’t do what they believe in/They just do what’s most convenient, then they repent.

5. Some people never worked a day in their life/Don’t know what work even means. Questa è una verità che dobbiamo ricordarci per cercare di capire perché le cose siano così eminentemente sbagliate: perché questi versi non sono certo per descrivere dei disoccupati, ma delle persone che se la passano benissimo alle spalle degli altri senza nemmeno conoscere cosa sia il lavoro. E anche il verso precedente (I can live on rice and beans) è significativo nel contesto. Tratto da Workingman’s Blues #2, incluso nell’album Modern Times del 2006 (non a caso anche il titolo di un film di Chaplin sull’aberrazione del lavoro in fabbrica). Dalla stessa canzone un altro verso che va molto bene per questi tempi: The buying power of the proletariat’s gone down/Money’s getting shallow and weak, assieme all’altro: They say low wages are a reality/If we want to compete abroad. E cose come queste ci sono anche in canzoni assai antiche di Dylan come North Country Blues del 1964. Dedicato ai maestri della globalizzazione e del lavoro flessibile.

6. You got something better, you’ve got a heart of stone. Questo invece è dedicato al cinismo opportunista di chi preferisce distruggere le convinzioni altrui invece che svilupparne di proprie. Tratto da Property of Jesus, nell’album Shot of Love (1981).

7. The world is old, the world is grey/Lessons of life can’t be learned in a day. Ovvero la rassegnazione di fronte all’incessante ripetersi degli stessi errori. Come non puoi imparare la lezione di una vita in un giorno, così non puoi sperare di trasmettere ciò che hai imparato a chi vorresti non commettesse errori di inesperienza che tu magari hai già commesso. Tratto dalla maestosa e amarissima Cross the Green Mountain dalla colonna sonora del film Gods and Generals (2003).

8. When you cease to exist then who will you blame? Lo so, questa è criptica, ma fa riflettere. Da una canzone altrettanto criptica e affascinante, Angelina, un outtake di Shot of Love (1981), riemersa solo molti anni dopo in The Bootleg Series 1-3 (1991).

9. But even the President of the United States sometimes must have to stand naked. Ovvero l’aggiornamento e la rivisitazione del re è nudo: una verità che veniva accolta regolarmente con un boato nella tournée del 1974, all’epoca del Watergate. Vale ancora oggi. Tratto da It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding) dall’album Bringing It All Back Home (1965).

10. May you have a strong foundation when the winds of changes shift. Perché i venti del cambiamento non sono qui quelli del progresso sociale, ma quelli che ti fanno dimenticare le tue convinzioni e i tuoi valori per convenienza o comodità. Sembra - e forse è - una banalità, ma è un augurio sincero. È nella canzone Forever Young, una canzone piena di luoghi comuni riscattati dall’interpretazione. Ne ho già parlato ampiamente qui. Dall’album Planet Waves (1974).

11. So when you see your neighbor carryin’ somethin’/Help him with his load/And don’t go mistaking Paradise/For that home across the road. Solidarietà senza illusioni e una riflessione sulla religione istituzionalizzata. Questi versi appartengono a The Ballad of Frankie Lee and Judas Priest, dall’album John Wesley Harding (1967).

12. When you think that you’ve lost everything/You find out you can always lose a little more. Un’evoluzione amara del verso “when you ain’t got nothing/you got nothing to lose” contenuto in Like a Rolling Stone: questi nuovi versi danno il senso di come nemmeno non avere nulla ti liberi sul serio: c’è sempre qualcosa in più che si può perdere con tutto quello che ne consegue. Da Tryin’ To Get to Heaven, contenuta nell’album Time Out of Mind.

E per il momento, that’s all folks.

1 commento:

Vanessa Valentine ha detto...

Bello e ispirante/ispirato.
Quando ascolto Like a Rolling Stone, poi, mi commuovo sempre un po'.