sabato 27 agosto 2011
Jimmy Sangster (1927-2011)
Nell’ultimo post, del tutto casualmente, parlavo della Hammer e oggi torno a parlarne per commemorare uno dei suoi esponenti più brillanti e decisivi, lo sceneggiatore, produttore e regista Jimmy Sangster, morto il 19 agosto scorso a 83 anni d’età (era nato il 2 dicembre 1927).
Il sarcasmo, il brillante umorismo, la capacità di trovare chiavi di lettura innovative in materiale consunto sono solo alcune delle qualità che rendono così valido il lavoro come sceneggiatore di Sangster nei primo horror della Hammer. La maschera di Frankenstein è tipica in questo senso e il ritratto complesso e articolato che Sangster fa del Barone, aiutato in questo dall’eccellente interpretazione di Peter Cushing, parla da solo. La vendetta di Frankenstein avrebbe portato alla perfezione questo insieme di umorismo nero e orrore, aggiungendovi un pathos melodrammatico tale da arricchire la tenuta e la presa della storia. Ma Sangster era anche capace di produrre copioni stringati che andavano dritti al cuore della storia, senza dilungarsi in divagazioni e scevri da quell’umorismo che pure gli era evidentemente tanto caro: Dracula il vampiro, insuperata versione del romanzo di Bram Stoker, pur con tutte le libertà che Sangster si era dovuto prendere rispetto alla fonte, è un esempio più che probante. Tutto ciò tenendo presente che Sangster non provava un particolare interesse per l’orrore gotico, essendo più orientato verso lo psycho-thriller e i meccanismi del giallo, un genere che avrebbe molto praticato anche come romanziere.
Infatti, una volta consolidata la sua posizione come sceneggiatore principe della Hammer, ne aveva approfittato per dare il via a una serie di psycho-thriller di stile hitchockiano (ma tendenzialmente un po’ più macabri e perversi) a partire con il sottile e raffinato La casa del terrore diretto da Seth Holt (un autore da riscoprire, per chi non lo conosce): sarebbero poi seguiti diversi altri titoli di questo genere, come Il rifugio dei dannati, Il maniaco, L’incubo di Janet Lind, Hysteria e il notevole Nanny la governante con un cast fantastico capitanato da Bette Davis e con Jill Bennett e Pamela Franklin in evidenza (anche la regia di quest’ultimo film è di Seth Holt).
Per quanto il distacco e la modestia lo portassero a sottovalutare con ironia il proprio apporto al genere, l'horror gli deve molto per la sua capacità di svecchiare le convenzioni e di formularne di nuove: in quei pochi anni a cavallo tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60, Sangster è stato capace di osare l'inosabile e di farlo con una levità e una brillantezza che lasciano capire come il suo talento fosse del tutto naturale, sbocciato dopo una dura gavetta che l'aveva visto partire sedicenne dai gradini più bassi della scala gerarchica dell'industria cinematografica. Uno degli ultimi testimoni di un'epoca se n'è andato, ma, naturalmente, restano le sue opere.
Il passaggio alla regia sarebbe stato più problematico. Il tentativo di Gli orrori di Frankenstein è chiaro: realizzare una commedia nerissima. Il risultato ha alcuni momenti decisamente divertenti, ma l’insieme manca di una focalizzazione precisa degli intenti. Mircalla l’amante immortale è un altro tentativo sostanzialmente fallito di abbinare horror ed erotismo, mentre Paura nella notte è forse il suo film più riuscito, anche se non necessariamente il più brillante.
Dopo aver lasciato la Hammer, Sangster ha avuto una lunga carriera spaziando per vari generi e mettendo decisamente in secondo piano l’horror, che però ha toccato ancora, come nel peraltro non troppo riuscito (ma non per colpa sua), Il testamento.
La brillantezza di scrittura, l’ironia e l’inventiva di Sangster permeano anche il suo spassoso e acuto libro di memorie, Do You Want It Good or Tuesday? (il cui titolo suona familiare a chiunque abbia dovuto lavorare nel campo dell’intrattenimento o dell’editoria popolare), che consiglio di leggere. Ne ha scritto anche un altro, Inside Hammer, più specificamente dedicato ai suoi tempi alla Hammer, ma non sono mai riuscito a trovarlo, purtroppo.
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