Infidels, uscito nel 1983, è un album particolare e unico nella discografia di Bob Dylan, che si caratterizza per essere prevalentemente composta da dischi particolari e unici. Ma Infidels è diverso da ogni altro disco di Bob Dylan: è arrivato dopo dischi assolutamente diversi e il suo particolare sound e la particolarità delle sue canzoni sono rimasti senza seguito (un po' come avvenuto con Desire o Street Legal). All'epoca della sua uscita, Infidels venne considerato il ritorno al “laicismo” da parte di Dylan dopo la cosiddetta trilogia cristiana che tanto aveva sorpreso e diviso i suoi fan. Echi reggae, versi visionari e immaginifici assieme ad altri più apparentemente semplici, la chitarra di Mick Taylor, il ritmo sostenuto della mitica coppia composta da Sly Dunbar e Robbie Shakespeare, la meticolosa produzione (e la chitarra) di Mark Knopfler: tutto questo e molto altro rendono Infidels un disco di notevole bellezza e fascino. Anche senza considerare che due delle sue canzoni migliori, vale a dire Blind Willie McTell (una delle migliori canzoni di Dylan in assoluto) e Foot of Pride, non vennero nemmeno inserite nel disco e - a parte i benedetti bootleg - riemersero solo dopo anni in versione ufficiale nei primi volumi della cosiddetta Bootleg Series.
La storia di quel disco è ora in un ottimo libro. Surviving in a Ruthless World - Bob Dylan’s Voyage to Infidels, scritto da Terry Gans (tra le altre cose collaboratore a suo tempo di quella meravigliosa rivista dylaniana che fu The Telegraph sino alla morte del suo autore-editore John Bauldie) e pubblicato (in inglese) da Red Planet, ci dice tutto quello che c’è da sapere sulla realizzazione del disco, seguendo le mosse di Dylan a partire dalle premesse e dalla creazione delle canzoni a bordo della sua barca a vela nel mare dei Caraibi sino alle sessioni di registrazione con tutto il processo creativo a esse sotteso per poi arrivare alla post produzione e all’uscita del disco, senza trascurare i video che per la prima volta nell’epoca dei videoclip venivano realizzati su canzoni di Dylan. Il tutto con un livello di documentazione eccezionale grazie all’accesso da parte dell’autore al The Bob Dylan Archive dell’Università di Tulsa che come si sa ha acquistato da Dylan il suo archivio documentale. Così Gans ha potuto consultare tutti i note-book di Dylan, riuscendo a verificare il processo creativo con i vari spunti che via via si trasformavano - quando lo facevano - in canzoni compiute. E ha anche potuto ascoltare - dandone conto nel libro - tutti i nastri delle sessioni di registrazione, con le varie versioni delle canzoni, comprese quelle che non ce l’hanno fatta a finire sul disco e i frammenti, le cover, le warm-up songs. Il quadro che emerge è affascinante e, oltre a mettere voglia di riascoltare un disco così complesso e interessante, apre uno spiraglio unico nella mente creativa di Dylan e nei suoi processi. E nel passare in rassegna, nel dettaglio, a ciascuna delle canzoni di Infidels, il libro ci ricorda come anche un disco che di certo non è tra i più celebrati di Dylan contenga perle inarrivabili (Jokerman, giusto per citarne una) e sia ricchissimo di spunti, di stimoli e di profondità.
In sostanza, un libro del genere è imperdibile per chiunque sia interessato a Dylan (e chi non è interessato dovrebbe iniziare a farlo prima che sia troppo tardi). Dovrebbe essercene uno simile per ciascun disco di Dylan e speriamo che prima o poi ciò accada.
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