In questi giorni è uscito La madre, film d'esordio nel lungometraggio (si potrà ancora dire così ora che non si usa più la pellicola?) di Andy Muschietti. Si tratta di un horror ed è presentato da Guillermo del Toro, autore di notevole rilievo nel genere sia per le opere che ha realizzato come regista (Cronos, Hellboy, La spina del diavolo e anche Il labirinto del fauno che non è un horror, ma è comunque bello), sia per quelle che ha in qualche modo incentivato (The Orphanage, Con gli occhi dell'assassino eccetera).
Ne ho scritto la recensione per MyMovies e chi vuole leggerla può trovarla qui.
Una nota a margine: vale la pena, prima o dopo (ma non durante) la visione di La madre, dare un'occhiata a Mamà, il cortometraggio (soli tre minuti) di Muschietti che ha dato origine al tutto. Cercando, lo si trova facilmente in rete (anche su YouTube, direi).
Nella foto, la protagonista Jessica Chastain.
venerdì 22 marzo 2013
La madre
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mercoledì 20 marzo 2013
Frammenti tardivi su Chronicles Vol. 1 di Bob Dylan
L’avevo già letto, naturalmente, appena era uscito, nella versione originale in inglese. Però recentemente l’ho riletto, nella traduzione italiana di Alessandro Carrera: la maggiore familiarità con la lingua mi ha permesso una lettura più distesa e rilassata. Gran bel libro. Parlo, come si capisce dal titolo di questo post, del volume autobiografico Chronicles Vol. 1 di Bob Dylan, ma non ci torno sopra per una recensione ormai fuori tempo massimo (tra parentesi, la lettura è consigliata a tutti, ovviamente, ma questo ça va sans dire). Ne parlo qui solo per fare un paio di osservazioni su due punti particolari, entrambi verso la fine del libro. Non che siano più brillanti o acuti di altri, ma, sapete com’è, c’è sempre qualcosa che ti colpisce di più. E se non è un randello, è di solito una cosa positiva.
La prima è una riflessione che ben si attaglia allo stato d’animo con cui mi sembra di seguire le vicende dell’attualità, politica e non. Scrive Bob Dylan, riferendosi al se stesso dei primi anni ‘60: “Perfino le notizie dell’attualità mi rendevano nervoso. Mi piacevano di più le notizie vecchie. Tutte le notizie nuove erano brutte. Meno male che non le dovevo sopportare per tutta la giornata. Ventiquattr'ore al giorno di notizie continue sarebbero state un inferno”. Non è condivisibile? Il fascino delle notizie vecchie è insuperabile: dato che sono successe da tempo, hanno perso l’urgenza e la pericolosità, fanno parte dell’ineluttabile. Mi capita spesso, quando vedo un vecchio giornale o una vecchia rivista di tanti anni fa: sfogliandolo, penso a quante brutture quelli che lo stavano leggendo al momento della prima uscita o lo avevano scritto si erano risparmiati sino a quel punto, a quante cose detestabili sarebbero accadute in seguito e avrebbero potuto essere evitate. Ovvio che questo accada soprattutto ha l'età per ricordare con maggiore affezione epoche passate, ma credo ci sia anche un fondo di verità incontestabile e cioè che le cose vanno sempre peggio. Del resto, chi apprezza Bob Dylan ricorderà anche questi versi di Caribbean Wind: “Every new messenger bring evil report/’bout armies on the march and times that is short/And famines and earthquakes and train wrecks and the tearin’ down of the wall”. Quali immagini migliori per il telegiornale della fine del mondo? C'è da immaginarseli i giornalisti frenetici per dare per primi le notizie del collasso finale per poi collassare anche loro insieme a tutti e tutto. Naturalmente, quello che paventava Dylan nel suo libro - i notiziari 24 ore su 24 - si è poi verificato (ma questo il Dylan scrittore lo sapeva bene e l'ironia non è casuale).
L’altro aspetto è una curiosità, tale soprattutto per chi segue (e, seguendolo, ogni tanto lo raggiunge) questo blog e quindi ha qualche familiarità con il cinema dell’orrore. Scrive Bob Dylan, riferendosi all’ondata di ribellione che avrebbe sconvolto la seconda metà degli anni ‘60: “Di lì a pochi anni una vera e propria bufera di merda si sarebbe scatenata. Tutto avrebbe cominciato a bruciare, reggiseni, cartoline precetto, bandiere americane, e anche i ponti alle spalle. Tutti a sognare un’eccitazione senza fine. La psiche dell’intera nazione stava per cambiare e in molti modi sarebbe stata simile alla notte dei morti viventi”. Nella versione originale Dylan fa riferimento espresso a Night of the Living Dead: lo scrive con le iniziali maiuscole, come se fosse un titolo (anche se non lo scrive in corsivo, come vengono invece indicati i titoli, anche nel suo libro), proprio il titolo dell’influente e fondamentale film di Romero. Avrà visto il film? Si sarà riferito proprio a quello? L’ipotesi è suggestiva perché indicare proprio il film di Romero come metafora dell’America di quegli anni sarebbe proprio in linea con la lettura che del film hanno dato i critici (me, umilmente, compreso). Chissà. Bob Dylan è interessato al cinema e ha citato varie volte film horror - anche piuttosto oscuri - nella sua trasmissione radiofonica, per cui tutto è possibile. Ricordo che in occasione della prima edizione del mio Dizionario dei film horror (Corte del Fontego) per un certo periodo avevo accarezzato l’idea di mettere sul retro copertina una citazione dylaniana pertinente. E cioè: “Welcome to the land of the living dead”. Tratta da Brownsville Girl, naturalmente. Curiosamente, Land of the Dead (La terra dei morti viventi, nella traduzione italiana) è diventato il titolo del quarto film di Romero sui morti viventi. Strani intrecci.
La prima è una riflessione che ben si attaglia allo stato d’animo con cui mi sembra di seguire le vicende dell’attualità, politica e non. Scrive Bob Dylan, riferendosi al se stesso dei primi anni ‘60: “Perfino le notizie dell’attualità mi rendevano nervoso. Mi piacevano di più le notizie vecchie. Tutte le notizie nuove erano brutte. Meno male che non le dovevo sopportare per tutta la giornata. Ventiquattr'ore al giorno di notizie continue sarebbero state un inferno”. Non è condivisibile? Il fascino delle notizie vecchie è insuperabile: dato che sono successe da tempo, hanno perso l’urgenza e la pericolosità, fanno parte dell’ineluttabile. Mi capita spesso, quando vedo un vecchio giornale o una vecchia rivista di tanti anni fa: sfogliandolo, penso a quante brutture quelli che lo stavano leggendo al momento della prima uscita o lo avevano scritto si erano risparmiati sino a quel punto, a quante cose detestabili sarebbero accadute in seguito e avrebbero potuto essere evitate. Ovvio che questo accada soprattutto ha l'età per ricordare con maggiore affezione epoche passate, ma credo ci sia anche un fondo di verità incontestabile e cioè che le cose vanno sempre peggio. Del resto, chi apprezza Bob Dylan ricorderà anche questi versi di Caribbean Wind: “Every new messenger bring evil report/’bout armies on the march and times that is short/And famines and earthquakes and train wrecks and the tearin’ down of the wall”. Quali immagini migliori per il telegiornale della fine del mondo? C'è da immaginarseli i giornalisti frenetici per dare per primi le notizie del collasso finale per poi collassare anche loro insieme a tutti e tutto. Naturalmente, quello che paventava Dylan nel suo libro - i notiziari 24 ore su 24 - si è poi verificato (ma questo il Dylan scrittore lo sapeva bene e l'ironia non è casuale).
L’altro aspetto è una curiosità, tale soprattutto per chi segue (e, seguendolo, ogni tanto lo raggiunge) questo blog e quindi ha qualche familiarità con il cinema dell’orrore. Scrive Bob Dylan, riferendosi all’ondata di ribellione che avrebbe sconvolto la seconda metà degli anni ‘60: “Di lì a pochi anni una vera e propria bufera di merda si sarebbe scatenata. Tutto avrebbe cominciato a bruciare, reggiseni, cartoline precetto, bandiere americane, e anche i ponti alle spalle. Tutti a sognare un’eccitazione senza fine. La psiche dell’intera nazione stava per cambiare e in molti modi sarebbe stata simile alla notte dei morti viventi”. Nella versione originale Dylan fa riferimento espresso a Night of the Living Dead: lo scrive con le iniziali maiuscole, come se fosse un titolo (anche se non lo scrive in corsivo, come vengono invece indicati i titoli, anche nel suo libro), proprio il titolo dell’influente e fondamentale film di Romero. Avrà visto il film? Si sarà riferito proprio a quello? L’ipotesi è suggestiva perché indicare proprio il film di Romero come metafora dell’America di quegli anni sarebbe proprio in linea con la lettura che del film hanno dato i critici (me, umilmente, compreso). Chissà. Bob Dylan è interessato al cinema e ha citato varie volte film horror - anche piuttosto oscuri - nella sua trasmissione radiofonica, per cui tutto è possibile. Ricordo che in occasione della prima edizione del mio Dizionario dei film horror (Corte del Fontego) per un certo periodo avevo accarezzato l’idea di mettere sul retro copertina una citazione dylaniana pertinente. E cioè: “Welcome to the land of the living dead”. Tratta da Brownsville Girl, naturalmente. Curiosamente, Land of the Dead (La terra dei morti viventi, nella traduzione italiana) è diventato il titolo del quarto film di Romero sui morti viventi. Strani intrecci.
lunedì 11 marzo 2013
Pactum sceleris in e-book
Qualche tempo fa, in un apposito post avevo dato conto del buon esito che un mio racconto (intitolato Pactum sceleris) aveva avuto in un concorso organizzato dal sito Corpi Freddi e non a caso intitolato (il concorso) appunto Corpi freddi.
Adesso, a poco più di un anno di distanza, quel racconto è uscito in formato e-book pubblicato dalla Chichily Agency. Chi vuole può trovarlo su Amazon in formato per il kindle (al prezzo di € 1,49) oppure anche qui e qui, al medesimo prezzo, in formato epub per coprire una varietà di lettori e-reader. La lingua indicata è il tedesco (l'editore è tedesco e l'e-book è nato per quel mercato), ma sul sito di Corpi freddi (nei commenti al post che annuncia la pubblicazione) si assicura che il testo è in italiano (io, in effetti, posso assicurare d'averlo scritto in italiano, benché, devo ammetterlo, col titolo in latino).
Il racconto è molto nero e sono piuttosto soddisfatto di come è venuto. Per cui chi dovesse essere interessato (e chi potrebbe non esserlo?) a scoprire un altro aspetto del mio lavoro, non dovrebbe, credo e spero, restarne deluso. Queste di seguito sono le parole con cui il racconto è presentato:
"Arnoldo non ama il suo nome.
Arnoldo non ama la sua vita.
Arnoldo non ama il suo lavoro.
Arnoldo non ama sua moglie.
Ma soprattutto non ama le sorprese e invece, tornando a casa dal lavoro, ne trova una che lo aspetta tranquillamente seduta su una poltrona del salotto.
Arnoldo non ama le sorprese perché sa che di solito non sono buone sorprese. Ha ragione. Anche questa non è una buona sorpresa. Sangue, orrore e morte sono in attesa. Assieme ad altre sorprese."
Sono parole piuttosto appropriate (anche perché le ho scritte io), tenuto conto che, come in ogni buon trailer, la lotta è tra l'esigenza di rendere interessante il racconto e quella di non dare via svolte narrative importanti.
Ricordo che gli autori degli altri racconti selezionati in quel concorso sono questi: Simone Togneri, Sam Stoner, Riccardo Carli Ballola, Paolo Bartolozzi, Luca Rinarelli, Federico Pergolini, Fabio Giofrè, Damiano Celestini, Antonino Fazio, Afra Tresoldi. Ognuno di questi racconti è uscito in un e-book per cui a chi ama il genere la notizia potrà senz'altro interessare.
Adesso, a poco più di un anno di distanza, quel racconto è uscito in formato e-book pubblicato dalla Chichily Agency. Chi vuole può trovarlo su Amazon in formato per il kindle (al prezzo di € 1,49) oppure anche qui e qui, al medesimo prezzo, in formato epub per coprire una varietà di lettori e-reader. La lingua indicata è il tedesco (l'editore è tedesco e l'e-book è nato per quel mercato), ma sul sito di Corpi freddi (nei commenti al post che annuncia la pubblicazione) si assicura che il testo è in italiano (io, in effetti, posso assicurare d'averlo scritto in italiano, benché, devo ammetterlo, col titolo in latino).
Il racconto è molto nero e sono piuttosto soddisfatto di come è venuto. Per cui chi dovesse essere interessato (e chi potrebbe non esserlo?) a scoprire un altro aspetto del mio lavoro, non dovrebbe, credo e spero, restarne deluso. Queste di seguito sono le parole con cui il racconto è presentato:
"Arnoldo non ama il suo nome.
Arnoldo non ama la sua vita.
Arnoldo non ama il suo lavoro.
Arnoldo non ama sua moglie.
Ma soprattutto non ama le sorprese e invece, tornando a casa dal lavoro, ne trova una che lo aspetta tranquillamente seduta su una poltrona del salotto.
Arnoldo non ama le sorprese perché sa che di solito non sono buone sorprese. Ha ragione. Anche questa non è una buona sorpresa. Sangue, orrore e morte sono in attesa. Assieme ad altre sorprese."
Sono parole piuttosto appropriate (anche perché le ho scritte io), tenuto conto che, come in ogni buon trailer, la lotta è tra l'esigenza di rendere interessante il racconto e quella di non dare via svolte narrative importanti.
Ricordo che gli autori degli altri racconti selezionati in quel concorso sono questi: Simone Togneri, Sam Stoner, Riccardo Carli Ballola, Paolo Bartolozzi, Luca Rinarelli, Federico Pergolini, Fabio Giofrè, Damiano Celestini, Antonino Fazio, Afra Tresoldi. Ognuno di questi racconti è uscito in un e-book per cui a chi ama il genere la notizia potrà senz'altro interessare.
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