Dopo ben oltre 30 anni ho rivisto Weekend di Jean-Luc Godard - in una vecchia videocassetta General Video
comperata un sacco di anni fa e rimasta ancora cellofanata - e mi sono
ricordato perché mi piaceva così tanto Godard. Non che me lo fossi
dimenticato, ma si fa per dire. Neanche all'epoca prendevo troppo sul
serio le sue posizioni politiche. Per come le presentava mi pareva
evidente che le prendesse in giro mentre le esponeva e prendesse in giro
se stesso e soprattutto gli spettatori. Ma mi interessava molto
il suo lavoro sul linguaggio cinematografico: in questo è stato un
profondo innovatore, portatore di uno sguardo fresco e nuovo. Capace di
rivoluzionare il linguaggio e le regole lasciando un segno profondo su
moltissimo cinema successivo. Capace di essere un vero rivoluzionario proprio perché profondo conoscitore
delle regole e capace di infrangerle consapevolmente. In Weekend - che
considero il suo miglior film - ci sono momenti di eccezionale bellezza,
su tutti la spettacolare carrellata sulle macchine incidentate che dura
una vita e fa trattenere il fiato da quanto è bella. Per non parlare
della telefonata cantata di Jean-Pierre Leaud, che a distanza di tutti
questi anni non mi ero mai dimenticato. E comunque, non solo forma. Il
ritratto del tremendo declino di una civiltà occidentale che si
autodistrugge tra litigi, avidità, indifferenza ed egoismo è tuttora attuale e
terribile.
A chi non lo ha ancora visto consiglio di colmare subito questa lacuna, non se ne pentirà. La prima volta che l'ho visto - nell'ambito di una rassegna godardiana su TV Capodistria (mitica!) curata se non sbaglio da Enrico Ghezzi - è stata una rivelazione. Poi l'ho rivisto in un'altra rassegna godardiana, stavolta in sala, organizzata dal Centro Universitario Cinematografico della mia città ed è stata una conferma. Insomma, a guardarlo e riguardarlo non si sbaglia mai.
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