Anche Jonathan Demme se n'è andato, prematuramente. Che poi, in fondo, quando si muore è quasi sempre prematuramente perché in linea di massima si vorrebbe restare il più possibile o comunque ancora un po'.
Ma pur essendosene andato troppo presto, Demme ha lasciato una traccia ben consistente del suo passaggio su questa Terra. Un corpus autoriale, come si dice, impressionante per qualità e anche per quantità. Se scorro la sua filmografia mi rendo subito conto di quanti dei suoi film mi sono piaciuti. A partire dai primi film cormaniani tra cui il classico dell'exploitation Femmine in gabbia che accoppiava una fantastica Roberta Collins (presenza insostituibile in quel sottogenere) a una stralunata ed efficacissima Barbara Steele. Per non parlare della meyeriana Erica Gavin e dell'angelicamente perversa Cheryl Smith della quale tanto ho scritto qui e là (era la protagonista del cult assoluto Lemora la metamorfosi di Satana). Che cast: impensabile metterlo insieme adesso. E Demme aveva realizzato un film unico che traeva spunto dalla reinvenzione operata da Jack Hill, ma la manipolava da par suo. Ma anche Fighting Mad, uno stranissimo revenge movie con Peter Fonda, è un film che non si dimentica. E infatti non l'ho dimenticato pur avendolo visto una volta sola moltissimi anni fa. O l'hitchockiano perfetto che è Il segno degli Hannan con un Roy Schedier ancora in palla.
Poi, certo, ci sono i film più importanti, quello che l'hanno reso famoso e che spesso erano dei gioielli assoluti. Come Qualcosa di travolgente o, ancor più, Una vedova allegra... ma non troppo che è riuscito a trascendere il suo orrendo titolo italiano e nel quale brillava un altro super cast capitanato da quell'attore sensazionale che è sempre stato Dean Stockwell e con la partecipazione di una deliziosa Nancy Travis (che credevo sarebbe diventata una grande star) e di una brava Michelle Pfeiffer.
E tanti altri film che hanno fatto epoca e che è inutile segnalare perché li ricordano tutti.
Potrei ricordarlo comunque per un film perfetto come Il silenzio degli innocenti, che, anche visto il genere, mi è caro e di cui ricordo ancora il piacere che mi diede quando lo vidi al cinema al momento dell'uscita: qualcosa di nuovo, di diverso. E molto di classe.
Ma preferisco ricordarlo con un film delicato, per la televisione, che Demme diresse nel 1982 e di cui ho recentemente scritto su Segnocinema nell'ambito del mio articolo su Kurt Vonnegut e il cinema. Who Am I This Time? infatti è tratto da un racconto di Vonnegut e presenta anch'esso un ottimo cast ottimamente diretto nel quale spiccano un Christopher Walken come lo si è visto di rado e una Susan Sarandon perfettamente in parte. Una riflessione sull'identità e su come crediamo di essere. Una riflessione sulla vita.
Qui sopra una scena da Who Am I This Time?
giovedì 27 aprile 2017
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