venerdì 3 gennaio 2025

Atanomia di un massacro

 


Atanomia di un massacro di Michelangelo Bertocchi è un film che presenta diversi motivi di interesse nel suo modo di affrontare una tematica spigolosa come quella della scuola, del suo ruolo, del suo significato, della sua incapacità di intercettare il mondo giovanile, dell’inesorabile e sempre maggiore distacco tra professori perlopiù vecchi e sfiduciati e studenti perlopiù poco interessati a quanto la scuola stessa può offrire. Il tutto poi si concretizza nell’impossibilità/incapacità di prevenire/evitare un massacro che risulta opaco nelle motivazioni - se non per il vuoto nichilista che si è palesato in precedenza - e perciò apparentemente inevitabile. Nella sua contenuta durata da mediometraggio cospicuo o se vogliamo da vecchio B-movie (un’oretta), il film rifugge da una narrazione lineare e preferisce abbozzare quadretti e situazioni che rendono l’idea, grazie anche a una particolare scelta stilistica, quella di raggelare talvolta in fotogrammi fissi l’immagine, che dà un tono originale e inquietante a quanto accade. L’uso quasi esclusivo del bianco e nero aiuta inoltre a dare un approccio quasi documentaristico e crudo a quanto si vede. Ogni tanto il film si apre quasi improvvisamente alla narrazione e abbiamo allora dei siparietti significativi, con lo studente che viene incaricato dal preside di girare un video sulla scuola per un concorso, o con l’altro studente che ha probabilmente una relazione con una insegnante problematica, o ancora con il professore sull’orlo della sospirata pensione che cerca un incontro o meglio uno scontro con uno studente oppositivo, mentre tenta nel contempo di educare gli altri ben conscio dell’inutilità dello sforzo. Alcuni studenti filosofeggiano, altri fanno i bulli, altri ancora entrambe le cose. Certi dialoghi sono forse improbabili in ambito studentesco (“Come stai?” “Come la casa degli Usher di Allan Poe”), ma rendono anch'essi l’idea. L’insieme è un quadro desolante e desolato del degrado dell’istituzione educativa che diventa il brodo di coltura del sopruso e della violenza. Che il massacro, pur evidente, resti in sostanza fuori dal campo visivo è una soluzione interessante che ne sottolinea ancor più la natura sfuggente.
Consistente è l’uso di canzoni più o meno famose nella colonna sonora. Talvolta si ottiene una sorta di effetto juke-box, o se vogliamo da video-clip, con le immagini che si riducono a fare da sfondo alle canzoni più che viceversa. La scelta è però molto varia: si va dai Beatles a Friend of the Devil dei Grateful Dead (canzone ben nota anche nell’intensa versione live di Bob Dylan), passando per il Van Morrison accattivante di Brown-Eyed Girl.
Tra i professori si vede anche, in un simpatico cameo, il regista Antonio Bido (Solamente nero)