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giovedì 24 settembre 2015
Il cinema dell’eccesso (CRAC Edizioni): cosa c’è dentro. Cap. 6 José Ramon Larraz
Per logica ineluttabile, non poteva che arrivare la fine della presentazione del contenuto del mio nuovo libro, Il cinema dell’eccesso - Vol. 1 Europa (Crac Edizioni). Dopo i primi cinque capitoli dedicati a Pete Walker, Jean Rollin, Jesus Franco, Paul Naschy e Norman J. Warren, è quindi la volta del sesto e ultimo capitolo dedicato allo spagnolo José Ramon Larraz.
Quando ero ragazzino e collezionavo gli albi editi dai Fratelli Spada (non preoccupatevi: ce li ho ancora tutti, gli albi) mi aveva colpito un disegnatore che si firmava Larraz e, con stile eminentemente raymondiano, illustrava le avventure di un paio di eroi di contorno, che venivano pubblicati all’interno, dopo le storie di Mandrake o dell’Uomo Mascherato. Il tratto era elegante, fluido, molto professionale. Si capiva che si trattava di strisce giornaliere, o almeno così sembrava, ma chiaramente d’impronta francese, quindi vagamente esotiche. Com’erano comparse, quelle storie poi scomparvero dopo qualche numero per essere rimpiazzate da altre. Ne avrei lette volentieri ancora, per il clima leggermente adulto che le permeava, ma non successe.
Quando qualche anno dopo mi imbattei in un Larraz regista di film di exploitation assai particolari non mi venne minimamente in mente il collegamento. Il dubbio mi venne dopo, quando mi imbattei di nuovo nei miei vecchi albi, ma la certezza la ebbi soltanto diversi anni dopo quando lessi della doppia (o tripla, è stato anche un notevole fotografo professionista) vita di Larraz, capace di essere disegnatore sopraffino per molti anni e di passare, con in mezzo la fotografia, alla regia cinematografica senza alcun problema, realizzando film del tutto diversi, per tematica e spirito, dai suoi fumetti, ma altrettanto ricchi di personalità. Conosciamo altri fumettisti che, per poco o per molto, si sono prestati al cinema, ma quello di Larraz è un caso del tutto particolare perché è forse l’unico capace di essere un professionista in entrambi i campi.
Nel capitolo dedicato a Larraz, scritto appositamente per questo libro, questo aspetto viene esaminato compiutamente, dando conto anche della singolare personalità del regista, emersa anche in un recente libro autobiografico, Memorias - del tebeo al cine, con mujeres de pelicula (EDT, 2012), in cui fa la summa della sua tumultuosa vita, divisa tra la Spagna, la Francia e la Gran Bretagna.
Nel corso di una lunga carriera cinematografica, Larraz ha diretto molti film, quasi tutti interessanti e particolari. Alcuni, molto interessanti e particolari. Tra questi mi sembra il caso di segnalare almeno Symptoms l’incubo dei sensi e Ossessione carnale, i più celebri. Ma anche L’ombra dell’assassino ed Emma, puertas oscuras o il curioso La morte incerta (con Rosalba Neri) sono notevoli e lo stesso si può dire per diversi dei suoi film del ritorno in Spagna, come Vedova di giorno amante di notte o il torbido La ocasion.
Nel libro la carriera di Larraz è ripercorsa nei dettagli e penso possa essere un’opportunità per scoprire o riscoprire in tutte le sue sfaccettature un autore notevole e ricco di personalità.
venerdì 8 maggio 2015
Il cinema dell’eccesso (CRAC Edizioni): cosa c’è dentro. Cap. 3 Jesus Franco
Dato che non c’è due senza tre, soprattutto in un libro con sei capitoli, proseguo nell’opera di presentazione del contenuto del mio nuovo libro, Il cinema dell’eccesso - Vol. 1 Europa (Crac Edizioni), occupandomi, dopo i primi due dedicati a Pete Walker e Jean Rollin, al terzo capitolo che ha per oggetto Jesus Franco.
Franco è forse il paradigma del regista di exploitation perché nessun altro come lui è andato sino in fondo al significato stesso della parola, realizzando un numero incredibile di film e spaziando per ogni genere e sottogenere, in produzioni che con il passare degli anni hanno visto i budget assottigliarsi sempre più - tranne qualche rara eccezione - arrivando a livelli quasi da cinema amatoriale, sempre senza perdere l’aplomb del regista in qualche modo comunque “autore”.
In questo caso il mio articolo su Segnocinema, pubblicato nell’ormai lontanissimo 2000, ha fornito poco più di una traccia e il capitolo, che è decisamente il più lungo del libro, è stato oggetto di una notevole riscrittura e di un altrettanto notevole ampliamento, per coprire non solo la produzione successiva di Franco, ma anche e soprattutto quella antecedente che allora non avevo potuto vedere. Sembra difficile immaginarlo adesso, infatti, ma in questi 15 anni la quantità di film che sono riemersi dal dimenticatoio dei magazzini cinematografici è soprendente e pellicole che si pensava non sarebbero più state visibili sono tornate più belle e più superbe che pria. Nel 2000, ricordo, già pareva molto poter accedere alle vhs della Redemption, ma poi si sono aperte le cateratte. Per fortuna, inutile aggiungere. Un giorno bisognerà fare una riflessione ampia e articolata sull’importanza del passaggio al dvd che si è rivelato un formato assai più cinefilo rispetto al vhs (e se qualcuno questa riflessione l’ha già fatta, magari me la sono persa o l’ho dimenticata).
Rientro in tema per sottolineare che il capitolo ripercorre con dovizia in oltre 100 pagine la straordinaria carriera di Franco dagli albori spagnoli all’epilogo un po’ malinconico e altrettanto spagnolo (con film come Paula-Paula e Al Pereira vs. the Alligator Ladies, da vedere per credere), con parecchio girovagare in mezzo, da ogni paese europeo agli Stati Uniti. Dalle commedie come Vampiresas 1930 ai primi horror come Il diabolico dott. Satana e il notevole Sinfonia per un sadico, dai noir crepuscolari come La spia sulla città al “west” singolarissimo di Sfida selvaggia, da deliri pop fumettistici di Agente speciale L.K. a quelli ancora più pop e sensuali di Rote lippen a quelli esistenzial-godardiani di Delirium. Per poi passare ai fasti del periodo dei film prodotti da Harry Alan Towers - chi si ricorda la Justine con Romina Power? (tutti, penso) - al cosiddetto periodo Dietrich e via via, senza trascurare l’importanza delle sue muse, da quella olimpica e inarrivabile (Soledad Miranda) a quella più carnale e disponibile e per questo forse meno apprezzata dai più (Lina Romay).
Ma qui non posso nemmeno provare a tracciare un percorso che nel libro invece compio con una certa dovizia: troppi sono i film, troppe le suggestioni, troppi i temi e gli spunti di un regista capace di dirigere film antitetici su temi analoghi come Il conte Dracula, Dracula contro Frankenstein e Vampyros Lesbos. Nel cinema di Franco il “troppo” è forse l’elemento caratterizzante, ma a segnalare un eccesso voluto e di per se stesso da considerarsi una sfida al destino e alle convenzioni. Anticonvenzionale e anticonformista, Franco non ha voluto conformarsi alla moderazione e ha filmato contro ogni moderazione, anche, forse, contro il suo stesso interesse, sminuendo in parte, con una convulsa filmografia affastellata di titoli anche trascurabili, la sua caratura di autore costruita con pellicole invece di indubbio interesse che testimoniavano anche un rigore artistico e delle invenzioni non comuni.
Figura controversa ma certamente non trascurabile, Franco ha riassunto in sé gli splendori e le miserie dell’exploitation, ma è stato, forse anche per questo, un autore a tutto tondo. Un autore capace, per tanti motivi, di grandi squilibri qualitativi all’interno della sua produzione e in questo senso, forse, questo capitolo può essere utile, oltre a chi lo conosce e lo apprezza, anche a chi voglia cominciare ad approfondire la sua opera.
Inutile dire che la copertina del libro è dedicata proprio a Jesus Franco.
Franco è forse il paradigma del regista di exploitation perché nessun altro come lui è andato sino in fondo al significato stesso della parola, realizzando un numero incredibile di film e spaziando per ogni genere e sottogenere, in produzioni che con il passare degli anni hanno visto i budget assottigliarsi sempre più - tranne qualche rara eccezione - arrivando a livelli quasi da cinema amatoriale, sempre senza perdere l’aplomb del regista in qualche modo comunque “autore”.
In questo caso il mio articolo su Segnocinema, pubblicato nell’ormai lontanissimo 2000, ha fornito poco più di una traccia e il capitolo, che è decisamente il più lungo del libro, è stato oggetto di una notevole riscrittura e di un altrettanto notevole ampliamento, per coprire non solo la produzione successiva di Franco, ma anche e soprattutto quella antecedente che allora non avevo potuto vedere. Sembra difficile immaginarlo adesso, infatti, ma in questi 15 anni la quantità di film che sono riemersi dal dimenticatoio dei magazzini cinematografici è soprendente e pellicole che si pensava non sarebbero più state visibili sono tornate più belle e più superbe che pria. Nel 2000, ricordo, già pareva molto poter accedere alle vhs della Redemption, ma poi si sono aperte le cateratte. Per fortuna, inutile aggiungere. Un giorno bisognerà fare una riflessione ampia e articolata sull’importanza del passaggio al dvd che si è rivelato un formato assai più cinefilo rispetto al vhs (e se qualcuno questa riflessione l’ha già fatta, magari me la sono persa o l’ho dimenticata).
Rientro in tema per sottolineare che il capitolo ripercorre con dovizia in oltre 100 pagine la straordinaria carriera di Franco dagli albori spagnoli all’epilogo un po’ malinconico e altrettanto spagnolo (con film come Paula-Paula e Al Pereira vs. the Alligator Ladies, da vedere per credere), con parecchio girovagare in mezzo, da ogni paese europeo agli Stati Uniti. Dalle commedie come Vampiresas 1930 ai primi horror come Il diabolico dott. Satana e il notevole Sinfonia per un sadico, dai noir crepuscolari come La spia sulla città al “west” singolarissimo di Sfida selvaggia, da deliri pop fumettistici di Agente speciale L.K. a quelli ancora più pop e sensuali di Rote lippen a quelli esistenzial-godardiani di Delirium. Per poi passare ai fasti del periodo dei film prodotti da Harry Alan Towers - chi si ricorda la Justine con Romina Power? (tutti, penso) - al cosiddetto periodo Dietrich e via via, senza trascurare l’importanza delle sue muse, da quella olimpica e inarrivabile (Soledad Miranda) a quella più carnale e disponibile e per questo forse meno apprezzata dai più (Lina Romay).
Ma qui non posso nemmeno provare a tracciare un percorso che nel libro invece compio con una certa dovizia: troppi sono i film, troppe le suggestioni, troppi i temi e gli spunti di un regista capace di dirigere film antitetici su temi analoghi come Il conte Dracula, Dracula contro Frankenstein e Vampyros Lesbos. Nel cinema di Franco il “troppo” è forse l’elemento caratterizzante, ma a segnalare un eccesso voluto e di per se stesso da considerarsi una sfida al destino e alle convenzioni. Anticonvenzionale e anticonformista, Franco non ha voluto conformarsi alla moderazione e ha filmato contro ogni moderazione, anche, forse, contro il suo stesso interesse, sminuendo in parte, con una convulsa filmografia affastellata di titoli anche trascurabili, la sua caratura di autore costruita con pellicole invece di indubbio interesse che testimoniavano anche un rigore artistico e delle invenzioni non comuni.
Figura controversa ma certamente non trascurabile, Franco ha riassunto in sé gli splendori e le miserie dell’exploitation, ma è stato, forse anche per questo, un autore a tutto tondo. Un autore capace, per tanti motivi, di grandi squilibri qualitativi all’interno della sua produzione e in questo senso, forse, questo capitolo può essere utile, oltre a chi lo conosce e lo apprezza, anche a chi voglia cominciare ad approfondire la sua opera.
Inutile dire che la copertina del libro è dedicata proprio a Jesus Franco.
lunedì 9 marzo 2015
Il cinema dell'eccesso (CRAC Edizioni): il mio nuovo libro
Come da oggetto, è uscito il mio nuovo libro. Si intitola Il cinema dell'eccesso - vol. 1 Europa (da cui i più arguti intuiranno che non è finita qui) ed è edito da Crac Edizioni (318 pagine, € 24). Tornerò a scriverne abbondantemente nei prossimi giorni. Per il momento mi preme segnalare che, oltre che in libreria, il libro è acquistabile presso la casa editrice e presso i consueti siti di vendita on line, tra cui Amazon, Ibs, Mondadori e Libreria Universitaria.
A titolo informativo, riporto quanto è contenuto nella scheda sul volume, così potete avere un'idea di cosa contiene:
"Alieni proteiformi e assassini coinvolti in strani ménage a trois ad alto tasso erotico, casalinghe col vizio del cannibalismo e la passione per il trapano elettrico, prigioni femminili in località tropicali con torride rivoluzionarie contro il potere, irsuti licantropi ispano-polacchi contro i samurai nel Giappone medievale, vampire di ogni ordine e grado assetate di sangue (e non solo), giustizieri della notte privati della parola ma non della capacità di reagire con violenza inaudita, bizzarre riletture fumettistiche e metacinematografiche della figura dell’agente segreto, psicopatici e psicopatiche di vario tipo, ognuno con il suo trauma (infantile e non), irriverenti rivisitazioni ucroniche della storia di Giovanna la Pazza, improbabili rock band contro Dracula...
Di questo e molto altro sono fatti i film di exploitation, un genere trasversale che attraversa tutti i generi - dall’horror alla fantascienza, dal thriller all’action, dal noir all’erotico - e fa del profitto la sua stessa ragione di vita. Però, usando una materia così “vile” come mezzo di espressione, un drappello di spavaldi registi ha avuto la libertà di realizzare anche opere profonde, complesse e artisticamente uniche.
Questo libro - il primo di due volumi separati - compie un affascinante viaggio tra una moltitudine di film autenticamente originali, ripercorrendo con rispetto e rigore critico la carriera di alcuni dei maggiori autori di questo “super genere”, presente nelle cinematografie di tutto il mondo.
Il secondo volume si occuperà dei registi appartenenti al cosiddetto “Resto del Mondo”, a voler essere un po’ eurocentrici. In questo primo volume, invece, sono di scena i registi europei, di ciascuno dei quali viene tracciata la parabola artistica in modo ampio e articolato: Pete Walker (La casa del peccato mortale), alfiere dell’horror politico e crudele; Jesus Franco (Vampyros Lesbos), infaticabile autore di circa 200 film, alcuni inguardabili, altri sublimi; José Ramón Larraz (Symptoms l’incubo dei sensi), fumettista passato con successo al cinema; Jean Rollin (Fascination), poeta dell’exploitation erotica; Paul Naschy/Jacinto Molina (El caminante), il licantropo che volle farsi regista; Norman J. Warren (Inseminoid), abile e tenace rielaboratore di trame fantahorror.
In appendice al capitolo su Pete Walker, un’intervista esclusiva a David McGillivray, sceneggiatore dei migliori horror di Walker e non solo, oltre che saggista, commediografo, attore e molto altro ancora."
A titolo informativo, riporto quanto è contenuto nella scheda sul volume, così potete avere un'idea di cosa contiene:
"Alieni proteiformi e assassini coinvolti in strani ménage a trois ad alto tasso erotico, casalinghe col vizio del cannibalismo e la passione per il trapano elettrico, prigioni femminili in località tropicali con torride rivoluzionarie contro il potere, irsuti licantropi ispano-polacchi contro i samurai nel Giappone medievale, vampire di ogni ordine e grado assetate di sangue (e non solo), giustizieri della notte privati della parola ma non della capacità di reagire con violenza inaudita, bizzarre riletture fumettistiche e metacinematografiche della figura dell’agente segreto, psicopatici e psicopatiche di vario tipo, ognuno con il suo trauma (infantile e non), irriverenti rivisitazioni ucroniche della storia di Giovanna la Pazza, improbabili rock band contro Dracula...
Di questo e molto altro sono fatti i film di exploitation, un genere trasversale che attraversa tutti i generi - dall’horror alla fantascienza, dal thriller all’action, dal noir all’erotico - e fa del profitto la sua stessa ragione di vita. Però, usando una materia così “vile” come mezzo di espressione, un drappello di spavaldi registi ha avuto la libertà di realizzare anche opere profonde, complesse e artisticamente uniche.
Questo libro - il primo di due volumi separati - compie un affascinante viaggio tra una moltitudine di film autenticamente originali, ripercorrendo con rispetto e rigore critico la carriera di alcuni dei maggiori autori di questo “super genere”, presente nelle cinematografie di tutto il mondo.
Il secondo volume si occuperà dei registi appartenenti al cosiddetto “Resto del Mondo”, a voler essere un po’ eurocentrici. In questo primo volume, invece, sono di scena i registi europei, di ciascuno dei quali viene tracciata la parabola artistica in modo ampio e articolato: Pete Walker (La casa del peccato mortale), alfiere dell’horror politico e crudele; Jesus Franco (Vampyros Lesbos), infaticabile autore di circa 200 film, alcuni inguardabili, altri sublimi; José Ramón Larraz (Symptoms l’incubo dei sensi), fumettista passato con successo al cinema; Jean Rollin (Fascination), poeta dell’exploitation erotica; Paul Naschy/Jacinto Molina (El caminante), il licantropo che volle farsi regista; Norman J. Warren (Inseminoid), abile e tenace rielaboratore di trame fantahorror.
In appendice al capitolo su Pete Walker, un’intervista esclusiva a David McGillivray, sceneggiatore dei migliori horror di Walker e non solo, oltre che saggista, commediografo, attore e molto altro ancora."
domenica 4 dicembre 2011
Dizionario dei film horror nuova edizione: il regista più presente

Come scrivevo in questo post, l’indice dei registi contenuto nel mio Dizionario dei film horror (Corte del Fontego) è utile non solo per ricostruire filmografie e seguire i percorsi nel genere compiuti dai registi che l’hanno percorso, ma anche per piccole ricerche statistiche un po’ futili, ma divertenti (almeno per me, che, ribadisco, mi diverto anche con poco, ma più spesso ancora non mi diverto affatto). In quel post (e ripeto, se volete leggerlo, andate in quel post, senza reconditi doppi sensi ma in senso puramente letterale), rinviavo a un post successivo lo svelamento del risultato matematico che, partendo da quell’indice, consentiva di ricavare il regista più presente nel Dizionario.
È passato abbastanza tempo (quasi 20 mesi) perché chiunque si sia dimenticato di quello che avevo scritto allora, perciò posso tornare sull’argomento e rivelare il nome del regista in questione, conscio che ormai non interessa più a nessuno, se mai a qualcuno è interessato. Questo è quindi un esempio di informazione del tutto libera (nei fini) e gratuita (sotto tutti i profili). Ma c’è di più: allora avrei potuto dire chi era il regista con più film nel vecchio Dizionario, mentre ora posso dire qual è quello che ha più film nella nuova edizione del Dizionario, che come ben sapete è assai più ampia e corposa.
Se avessi dovuto dare una risposta prima di dare un’occhiata all’indice, avrei detto che il regista più presente era David DeCoteau, ma pur essendo ben piazzato con i suoi 20 film, il regista canadese non è al primo posto: è che vedere i suoi film è stato spesso così soporifero che mi sono sembrati un numero impressionante. Anche Wes Craven ha 20 titoli all’attivo, ma di ben altro spessore, almeno mediamente. Il terzo che può vantare 20 film è Lucio Fulci, maestro dell’horror italiano. Più film di questo terzetto ce li ha Freddie Francis, grandissimo direttore della fotografia e buon regista con punte di eccellenza: 21 dei suoi film sono compresi nel Dizionario dei film horror (Terence Fisher, altro maestro britannico - di qualità superiore, va detto - si ferma a 18). Ma il vincitore, il più presente, non poteva che essere Jesus Franco, inarrivabile a 28 titoli: dire che è prolifico sarebbe sottovalutare la quantità della sua produzione. Non ho fatto conteggi precisi, ma non escluderei che sia in assoluto il regista con il maggior numero di film all’attivo (e, diciamocelo, con qualcuno anche al passivo) della storia del cinema. A titolo di curiosità, posso rilevare, tra i molto presenti, anche due coppie padre-figlio. Lamberto Bava batte (numericamente) il suo glorioso papà Mario per 16 a 14, mentre René Cardona sr batte il suo omonimo junior per 9 a 5.
Detto questo, i numeri sono solo numeri: quello che conta è vedere i film e, ça va sans dir, leggere il Dizionario dei film horror (o almeno comperarlo, va bene lo stesso).
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