Stimolato da un post di Tim Lucas (il maggior esperto mondiale, direi, su Mario Bava), ho riesumato un ritaglio di giornale che avevo messo da parte molti anni fa. La data del ritaglio che ho riportato nell'album dove l'ho conservato è semplicemente "dicembre 1973", senza una precisazione sul giorno (ero un po' approssimativo, lo so). Non ho neanche scritto di quale quotidiano si trattava, ma guardando l'impaginazione direi che si trattava del Corriere d'Informazione, retaggio di tempi in cui alcuni quotidiani uscivano nel pomeriggio (ne ricordo in particolare due: il Corriere d'Informazione, appunto, e La Notte).
Già all'epoca l'horror mi interessava parecchio e da anni. Mario
Bava mi interessava di conseguenza parecchio anche lui perciò ritagliato quell'articolo in attesa di poter vedere il film. Quello che non sapevo era che l'attesa sarebbe durata decenni. Infatti di quel film, con quel titolo, Il diavolo e i morti, si persero subito le tracce. Gli orrori del castello di Norimberga, il film immediatamente precedente, non mi era piaciuto molto, ma Bava era sempre Bava perciò - anche lusingato dagli articoli che gli erano stati dedicati sulla influente rivista Horror qualche anno prima - lo volevo assolutamente vedere. Avevo recuperato altri suoi film al cineclub cittadino (Cinema1), Operazione paura in particolare, e quindi sapevo di cosa era capace. Ma Il diavolo e i morti non usciva mai né sarebbe mai uscito. Rimaneggiato e pesantemente modificato con scene aggiunte, sarebbe stato trasformato in La casa dell'esorcismo per cercare, qualche tempo dopo, di lucrare un po' sul successo de L'esorcista. Poi, ma solo con l'avvento del dvd, sarebbe uscito, prima all'estero e infine anche in Italia, nella versione originariamente pensata da Mario Bava con il titolo Lisa e il divaolo.
Questo breve articolo è perciò significativo di un'epoca che stava terminando. Di particolare interesse è la dichiarazione di Mario Bava stesso riportata alla fine, nella quale l'autore spiegava un po', brevemente, quello che aveva cercato di conseguire. Lisa e il diavolo è uno dei film più strani di Bava: un miracolo di estetica e di atmosfera per una trama molto complessa e articolata, quasi ermetica. Se non l'avete visto, guardatelo.
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lunedì 7 gennaio 2019
domenica 4 dicembre 2011
Dizionario dei film horror nuova edizione: il regista più presente

Come scrivevo in questo post, l’indice dei registi contenuto nel mio Dizionario dei film horror (Corte del Fontego) è utile non solo per ricostruire filmografie e seguire i percorsi nel genere compiuti dai registi che l’hanno percorso, ma anche per piccole ricerche statistiche un po’ futili, ma divertenti (almeno per me, che, ribadisco, mi diverto anche con poco, ma più spesso ancora non mi diverto affatto). In quel post (e ripeto, se volete leggerlo, andate in quel post, senza reconditi doppi sensi ma in senso puramente letterale), rinviavo a un post successivo lo svelamento del risultato matematico che, partendo da quell’indice, consentiva di ricavare il regista più presente nel Dizionario.
È passato abbastanza tempo (quasi 20 mesi) perché chiunque si sia dimenticato di quello che avevo scritto allora, perciò posso tornare sull’argomento e rivelare il nome del regista in questione, conscio che ormai non interessa più a nessuno, se mai a qualcuno è interessato. Questo è quindi un esempio di informazione del tutto libera (nei fini) e gratuita (sotto tutti i profili). Ma c’è di più: allora avrei potuto dire chi era il regista con più film nel vecchio Dizionario, mentre ora posso dire qual è quello che ha più film nella nuova edizione del Dizionario, che come ben sapete è assai più ampia e corposa.
Se avessi dovuto dare una risposta prima di dare un’occhiata all’indice, avrei detto che il regista più presente era David DeCoteau, ma pur essendo ben piazzato con i suoi 20 film, il regista canadese non è al primo posto: è che vedere i suoi film è stato spesso così soporifero che mi sono sembrati un numero impressionante. Anche Wes Craven ha 20 titoli all’attivo, ma di ben altro spessore, almeno mediamente. Il terzo che può vantare 20 film è Lucio Fulci, maestro dell’horror italiano. Più film di questo terzetto ce li ha Freddie Francis, grandissimo direttore della fotografia e buon regista con punte di eccellenza: 21 dei suoi film sono compresi nel Dizionario dei film horror (Terence Fisher, altro maestro britannico - di qualità superiore, va detto - si ferma a 18). Ma il vincitore, il più presente, non poteva che essere Jesus Franco, inarrivabile a 28 titoli: dire che è prolifico sarebbe sottovalutare la quantità della sua produzione. Non ho fatto conteggi precisi, ma non escluderei che sia in assoluto il regista con il maggior numero di film all’attivo (e, diciamocelo, con qualcuno anche al passivo) della storia del cinema. A titolo di curiosità, posso rilevare, tra i molto presenti, anche due coppie padre-figlio. Lamberto Bava batte (numericamente) il suo glorioso papà Mario per 16 a 14, mentre René Cardona sr batte il suo omonimo junior per 9 a 5.
Detto questo, i numeri sono solo numeri: quello che conta è vedere i film e, ça va sans dir, leggere il Dizionario dei film horror (o almeno comperarlo, va bene lo stesso).
lunedì 5 settembre 2011
Storia del cinema horror italiano Vol. 1 - Il Gotico

L’horror italiano è partito con grave ritardo rispetto ad altre cinematografie, ma, quando l’ha fatto, l’ha fatto innestando il turbo, accumulando in breve tempo film originali e significativi e consacrando autori apprezzati e imitati anche all’estero. Gordiano Lupi - scrittore e critico cinematografico con un curriculum comprendente una impressionante quantità di volumi - si è posto l’obiettivo di tracciarne la storia partendo dalle origini e arrivando ai nostri giorni, quando dell’horror italiano restano solo tracce ed episodi singoli. Storia del cinema horror italiano da Mario Bava a Stefano Simone Vol. 1 - Il Gotico (Edizioni Il Foglio, 224 pagine, € 15) è il primo volume di una serie che - come si legge nel piano dell’opera con cui inizia il libro - dovrebbe comprendere altri cinque volumi con un ritmo di due uscite all’anno, se l’iniziativa incontrerà il favore del pubblico. Gli altri volumi saranno questi: Vol. 2 - Dario Argento e Lucio Fulci; Vol. 3 - Joe D’Amato e il cannibal movie; Vol. 4 - Splatter, esorcistico e horror metropolitano; Vol. 5 - Horror Anni Ottanta; Vol. 6 - Horror Anni Novanta e Duemila.
Ogni libro, al di là di considerazioni generali, va giudicato sempre in relazione agli obiettivi che si prefigge. Il risvolto di copertina indica con evidenza gli intenti dell’autore che sono quelli tracciare una storia del cinema horror italiano senza pretese di completezza, ma puntando "a fare un po’ di ordine in un panorama poco studiato". Per far questo, Lupi ha scelto di ordinare la materia per registi, aderendo all’ormai consolidata consuetudine che vede nel regista il vero “autore” dei film, fermo restando che ogni film è comunque il risultato di uno sforzo collettivo. È una convenzione non priva di fondamento, nata dalla cosiddetta politique des auteurs a opera dell’allora critico Françoise Truffaut. Per quanto riguarda i nomi principali dell’horror esaminati nel libro, c’è da dire che tale convenzione si rivela del tutto veritiera: Riccardo Freda, Mario Bava, Antonio Margheriti - per nominarne solo alcuni - sono registi che danno un’impronta personale ai loro film, tale da contraddistinguerli in modo assoluto. In particolare Mario Bava, il cui stile è così unico e originale da aver dato luogo a imitazioni in ogni epoca e latitudine: il suo uso del colore, per fare solo un esempio, è rimasto proverbiale e l’aggettivo “baviano” è tradotto in tutte le lingue.
Lupi esamina la carriera horror dei registi principali - oltre a quelli su nominati anche Giorgio Ferroni (autore dell'indimenticabile Il mulino delle donne di pietra) - ma non trascura la miriade di registi che hanno realizzato film più o meno minori o si sono dedicati al genere in modo assai sporadico, spesso realizzando solo un film. Per ogni regista traccia la parabola della carriera dando specifico risalto, naturalmente, alle loro incursioni nell’horror, anche quando talvolta è solo un elemento tra i diversi che compongono un film: è il caso di diversi pepla, che spesso prendevano una deriva fantasy sconfinante nell’orrore puro. L’approccio è quello divulgativo: la scrittura è semplice e scorrevole e non mancano dati e aneddoti. Per ogni film trattato, viene esposta la trama (anche, ahimè, raccontandone più di qualche volta colpi di scena e finale: è una questione di preferenze personali, ma io meno so di un film che devo vedere e meglio sto), seguita da un commento critico e da un breve compendio dei pareri di altri critici per dare un quadro più completo dell’accoglienza ricevuta dal film. Inoltre - e questo è un aspetto sicuramente interessante - ci sono più di qualche volta le reminiscenze di Dardano Sacchetti ed Ernesto Gastaldi, relativamente a pellicole alle quali hanno collaborato come sceneggiatori. Gastaldi - autore tra l’altro del copione di La frusta e il corpo e L’orribile segreto del dr. Hichcock, due classici dell’horror italiano - scrive anche la simpatica introduzione al volume ed è protagonista di una delle tre interessanti interviste a cura di Emanuele Mattana - gli altri intervistati sono Dardano Sacchetti e Antonio Tentori - che chiudono il libro. Nell’insieme, il volume rappresenta una buona introduzione all’argomento e può essere senz’altro di interesse a chi voglia un agile compendio su una materia su cui c’è sempre molto da scrivere.
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