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giovedì 29 dicembre 2016

Il cinema dell’eccesso vol. 2: cosa c’è dentro. Cap. 7 Nam Nai Choi

Il settimo capitolo del mio libro Il cinema dell’eccesso vol. 2 - Stati Uniti e resto del mondo (Crac edizioni) è dedicato a Nam Nai Choi (noto, o ignoto, con varie altre traslitterazioni), una delle più curiose e insieme misteriose figure tra quelle già piuttosto variegate dei registi di cui mi sono occupato nei due volumi de Il cinema dell’eccesso.

Nam Nai Choi appartiene a una filmografia turbolenta e irrequieta, quella di Hong Kong negli anni ‘80 e ‘90, capace veramente di tutto. E alcuni dei suoi film sono tra i più significativi in questo senso perché dimostrano la grande capacità di mescolare generi e tematiche in modo sfrontato e dinamico, del tutto privo di condizionamenti che non siano eventualmente (ma molto eventualmente) quelli del mercato.

Direttore della fotografia per quella grande fucina di film che fu la Shaw Borthers, Choi si lascia convincere dall’attore e amico Danny Lee a esordire alla regia in coppia con lui nel film One Way Only, che ancora poco dice di quelle che saranno le sue tematiche e inclinazioni. Ma poi, un po’ alla volta, in un’attività frenetica e scoppiettante i film si succedono ai film, sempre più strani e sempre più eccessivi. Ci sono noir devastanti, con episodi di grande bizzarria come il feroce combattimento di pugilato tra l’eroe e un canguro in Killer’s Nocturne, e ci sono cupissimi rape & revenge come Her Vengeance, ma ci sono anche e soprattutto horror spesso uniti a frammenti di action, con ricche dosi di erotismo, come nel caso di The Seventh Curse, che è uno dei suoi film migliori. Il protagonista è nientemeno che la super star di Hong Kong per eccellenza (a parte, naturalmente, il fuori gara Jackie Chan), vale a dire Chow Yun Fat, che interpreta il ruolo di Wisely, tratto dai romanzi di Ni Kuang, anche sceneggiatore di vaglia che fa un divertito cameo nel film. Rapido, scatenato, ricco di cambiamenti di umore e di scena, è un film da non perdere.

Ma c’è molto altro ancora, come si può leggere nel capitolo dedicato a Nam Nai Choi: i due ultimi suoi film sono anche i più selvaggi. The Cat è un horror incredibile che riprende il personaggio di Wisely e va per la tangente dell’iperbole, mentre Story of Ricky, be’ è un film che va visto per credere che davvero esista, la summa del cinema bizzarro e selvaggio, senza freni, di Nam Nai Choi, un fantasmagorico e rutilante viaggio nell’atrocità sarcastica, diretto con mano ferma e determinata, da vero autore.

Dopo di che, com’era inziata, la carriera di Choi finisce lasciando il rimpianto di ciò che non è (più) stato, ma la consapevolezza di un autore da tenere presente e, se non lo si conosce, da scoprire.




Qui sopra un'immagine da Killer's Nocturne.

domenica 29 agosto 2010

Nam Nai Choi su Segnocinema


È uscito il numero 165 (settembre-ottobre 2010) di Segnocinema sul quale, oltre al classico e utilissimo compendio Tutti i film dell’anno che scheda tutte le uscite della stagione, c’è l’undicesimo articolo della mia serie Kings of Exploitation, questa volta dedicato a Nam Nai Choi.

Nam Nai Choi - ho usato questa grafia perché è quella che mi è più familiare, ma è conosciuto con traslitterazioni e pseudonimi diversi - è un regista molto interessante e molto misconosciuto. Amante dell’eccesso e caratterizzato generalmente da uno stile iperdinamico e brillante, ha percorso tumultuosamente un decennio abbondante (1981-1992) del cinema di Hong Kong per poi sparire nel nulla. Ha diretto alcuni film che sono rimasti indelebilmente nella memoria del cinema di genere -
Story of Ricky e The Seventh Curse sono forse i più famosi - ma ha dato buona prova di sé anche in opere meno conosciute e assai curiose: Killer’s Nocturne, per citarne una sola, tra le più bizzarre.

Il periodo in cui ha lavorato come regista è tra i più significativi del cinema di Hong Kong e lui ne è stato in qualche modo un emblema, pur agendo sostanzialmente sotto traccia, sempre poco considerato, almeno a livello individuale. La commistione di generi che caratterizzava quegli anni ha trovato in lui un artefice tra i più spavaldi, capace di mettere insieme elementi disparati con esiti spesso felici o comunque inconsueti.

“Maledizioni esplosive, canguri boxeur, affascinanti spiriti della natura sedotti e seducenti, gatti alieni, supermonaci contro il male, carcerati capaci di spappolare stomaci con un pugno: l’immaginario di Nam Nai Choi è variegato e multiforme, oltre ogni limite. Mostra cose mai viste e mai più riviste, a testimonianza di un momento particolare di una cinematografia in cui tutto sembrava possibile” scrivo nella presentazione dell’articolo su Segnocinema.

Della mia serie Kings of Exploitation ho già parlato qui in occasione, l’anno scorso, dell’uscita del pezzo di Teruo Ishii. Mi sembra utile aggiornare l’indice della serie:
Jesus Franco (Segnocinema 104/2000)
Jean Rollin (Segnocinema 111/2001)
Pete Walker (Segnocinema 117/2002)
Jack Hill (Segnocinema 123 e 124/2003)
Doris Wishman (Segnocinema 129/2004)
Eddie Romero (Segnocinema 135/2005)
Paul Naschy (Segnocinema 141/2006)
René Cardona e Juan Lopez Moctezuma (Segnocinema 147/2007)
Michael e Roberta Findlay (Segnocinema 153/2008)
Teruo Ishii (Segnocinema 159/2009)
Nam Nai Choi (Segnocinema 165/2010)

Buona lettura a chi deciderà di intraprenderla.