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mercoledì 2 luglio 2014

Desktop di Michele Pastrello

Michele Pastrello è un giovane filmmaker indipendente autore di diversi cortometraggi molto interessanti. Di alcuni di questi (Inhuman Resources e Ultracorpo) ho già parlato in questo blog. Ora ne è in uscita un altro, Desktop, breve - quattro minuti scarsi che riescono a racchiudere molto - e fulminante.

Il film comincia con una citazione da Paulo Coelho che detta le coordinate emotive della vicenda. Le immagini livide di solitudini contrapposte in ambienti antitetici si susseguono a segnalare una ideale separazione. Il parallelo delle vestizioni per obiettivi diversi scandisce il ritmo della giornata. Il parallelo tra il caminetto virtuale e la
molto concreta stufa a legna descrive invece in un istante la distanza tra l’apparenza e la realtà, tra il benessere asettico e la concreta durezza della vita vera. Anche se poi ciò che è davvero concreto e ciò che è invece virtuale si confonde con enigmatica ironia. 

La sensazione che il corto trasmette è particolare, come particolare è il punto di contatto tra i due protagonisti. Un punto di contatto che rappresenta anche la sorpresa finale del racconto e ne chiude in modo esemplare e immaginifico la parabola emozionale.


Pastrello mostra una notevole capacità di focalizzarsi sui dettagli per raccontare l’insieme. Dettagli che raccontano cose che restano implicite: una foto su un comodino, la scritta “Still alive” su ogni giorno conquistato nel calendario. Riesce anche a realizzare una perfetta ed efficace fusione tra immagine e suono, grazie a una colonna sonora suggestiva.


Si nota una grande e matura padronanza del mezzo espressivo, con inquadrature sempre azzeccate, montaggio fluido e preciso, composizione ispirata, ottimo controllo degli attori - Viviana Leoni e Stefano Negrelli - che forniscono una bella prova aiutati ovviamente dall’assenza di dialoghi, ma capaci di fornire la fisicità e l’espressività giuste per i ruoli. 


A volte criptico, con la giusta ambiguità dell’opera complessa (pur nella sua brevità), ma sinceramente emozionale.



Qui sopra un frame dal film.

lunedì 19 marzo 2012

InHumane Resources




InHumane Resources è il nuovo cortometraggio di Michele Pastrello (del precedente, Ultracorpo, ho scritto qui) e segna una interessante deviazione nel suo percorso stilistico, allontanandosi ulteriormente - ma non del tutto - dal genere horror, anche se resta ancor più in primo piano il vero fulcro tematico centrale della sua opera, il commento socio-politico.

Una citazione di Orwell - da 1984 - apre, non casualmente, il film. Un uomo e una donna in camicia bianca e cravatta si affrontano selvaggiamente in una sorta di corridoio all’aperto, desolato e senza vita. L’arrivo di un terzo uomo e poi di un’altra donna, entrambi nelle medesime condizioni dei precedenti, alza il livello della lotta il cui scenario si amplia in una distesa post-industriale di capannoni abbandonati. I contorni dell’ambiente sono spesso soffusi e sfumati sino a quando i personaggi non si ritrovano in dettagliatissimi primi piani, come se provenissero dal nulla e guadagnassero individualità nello scontro all’ultimo sangue. La lotta è infatti senza quartiere, cruenta. Una delle donne si ricarica psicologicamente guardando le foto di una bambina - la sua, ci si immagina - sull’iPhone. Lotta anche per lei, probabilmente. Tutti, nonostante combattano crudelmente, hanno momenti di debolezza che tengono nascosti, lasciandoli uscire solo quando non sono visti, nelle pause di una battaglia che non prevede prigionieri.

L’atmosfera - più che orwelliana - è quella di certa fantascienza sociologica sarcastica e amara, tipica (per fare solo un nome) di Robert Sheckley, autore di molti racconti capaci di rendere in modo implacabile l’assurdità della società (in)umana (da uno di questi, Elio Petri trasse il film La decima vittima). Edifici abbandonati, desolati simulacri di una civiltà industriale ormai agli sgoccioli, perduta e non rimpianta, ma forse necessaria: sono lo scenario di un confronto nel quale l’uomo (e la donna) sono riportati alla bestialità delle origini. La storia, condotta con abilità usando pochissimi dialoghi, si regge sullo sviluppo di una singola situazione, ma il ritmo è abbastanza sostenuto e la buona interazione tra i personaggi permette un’adeguata varietà narrativa. Una piccola debolezza è che il film segue il suo teorema senza trovare una sorpresa assoluta, ma accontentandosi di una relativa.

Dal punto di vista formale, si notano l’eleganza delle immagini, grazie anche all’ottima fotografia di Mattia Gri, e soprattutto la padronanza del mezzo espressivo: la regia è sicura e vivace, ricca di inventiva e pienamente capace di raccontare nel modo migliore la storia. Com’è positiva consuetudine nel cinema di Pastello - che cortometraggio dopo cortometraggio ha formato un corpus autoriale di tutto rispetto, per tematiche e stile - la recitazione è buona. Gli interpreti si impegnano con risultati apprezzabili e si fa notare in modo particolare Mariasole Michielin che dispiega un registro espressivo ampio e convincente.

Ultimo aggiornamento: se volete vedere il film andate qui. Don't dare to miss it.