giovedì 11 marzo 2021

Norman J. Warren (1942-2021)


Oggi se n’è andato anche Norman J. Warren, uno degli ultimi esponenti di un certo tipo di cinema che non si fa più. Tra horror, fantascienza e sexploitation, spesso tutti assieme, Warren aveva percorso la parte finale del periodo d’oro del cinema britannico di genere cercando di crearsi uno spazio dove proporre i suoi film. Per un po’ c’è riuscito, lasciando alcune pellicole di un certo rilievo e anche di un certo fascino. Poi, quando ogni spazio produttivo si è chiuso, ha smesso di produrre film, ma è rimasto una presenza brillante e interessante nelle varie convention dedicate al cinema di genere dove la sua figura veniva giustamente celebrata, anche al di là degli evidenti limiti di alcuni dei suoi film.

Gli ho dedicato un capitolo del mio libro Il cinema dell’eccesso - Volume 2 - Europa. Un capitolo scritto appositamente per il libro - diversamente da altri che erano rielaborazioni e aggiornamenti di articoli già usciti - proprio perché mi sembrava molto opportuno che lui, nel libro, ci fosse, quale rappresentante del comunque significativo e importante crepuscolo di una tipologia di cinema. Non a caso, il capitolo a lui dedicato nel libro si intitola Norman J. Warren: l’ultimo del suo genere. In quell’occasione mi sarebbe piaciuto riuscire a intervistarlo, ma non riuscii a trovare un contatto. Intervistai però David McGillivray che, oltre a essere stato lo sceneggiatore principe deli Peter Walker in versione horror, aveva scritto anche sceneggiature per Warren. In quell’intervista gli chiesi anche di Warren e lui mi rispose tra l’altro: “Warren era un amico prima che lavorassi con lui ed è un amico ancor oggi”. Segnalandomi comunque una differenza interessante nell’approccio ai suoi copioni: Walker in genere li girava com’erano, mentre Warren interveniva speso con modifiche.

A partire dai suoi cortometraggi, Incident e Fragment, Warren mostra personalità e stile che lo conducono all’esordio nel lungometraggio con film come Her Private Hell (1967), un esempio di sexploitation d’autore con una certa ambizione, e Loving Feeling (1968), meno riuscito e meno focalizzato. Ma la strada che si rivela la più personale e produttiva per Warren è quella dell’horror che abbraccia con l’interessante Satan’s Slave (1976), scritto da McGillivray, seguito poi da Delirium House - La casa del delirio (1978), ancora su copione di McGilivray e con chiare ascendenze argentiane. Il film per cui lo si ricorda maggiormente, però, è forse il fantahorror Inseminoid - Un tempo nel futuro (1981), chiaramente derivato dal successo di Alien, ma con sufficienti connotazioni originali da renderlo autonomamente valido. Il suo film che mi sembra comunque più interessante è forse Prey (uscito in Italia in versione alterata e con l’improbabile titolo Terrore ad Amityville Park), la storia di uno strano triangolo tra una coppia lesbica e un alieno mangiatore di umani. Il suo ultimo film, dopo altri titoli meno noti, è Bloody New Year (1987), curioso horror che gioca sulle dimensioni spazio temporali per creare un’atmosfera sospesa e spiazzante.

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