martedì 16 luglio 2024

Cieco sordo muto


David è un affermato scrittore con la caratteristica di essere cieco, sordo e muto. Intende scrivere un nuovo romanzo e la location adatta viene individuata in una villa solitaria dove lo scrittore si installa con la fedele coppia di assistenti, Pio e Simona, che lo segue e supporta da tempo. David scrive di buona lena, ispirato dal luogo, ma proprio il luogo, nei sotterranei, nasconde dei segreti oscuri che non tardano a riverberare il loro malefico influsso sulle tre persone che sono venute a dimorarvi. Con conseguenze, ovviamente, orribili.


All’origine c’è un racconto di H.P. Lovecraft, uno dei suoi racconti che possiamo definire minori, ma non per questo privo di interesse, anzi: in poche pagine presenta infatti una situazione particolare e la porta a una conclusione per certi versi sorprendente e metafisica. Lorenzo Lepori e il suo esperto collaboratore Antonio Tentori adattano il racconto prendendone gli spunti più significativi e immergendoli, soprattutto dopo la fase iniziale preparatoria, in quell’humus fatto di sangue e di torbido erotismo che è stato proprio dell’horror italiano degli anni d’oro, un horror che è chiaramente uno dei punti di riferimento principali di Lepori, come dimostra la sua ormai ricca filmografia.


Se la prima parte del film, nel presentare l’inconsueta figura dello scrittore cieco, sordo e muto, si prende i suoi tempi e procede a un ritmo rallentato per descrivere in modo preciso il particolare modus operandi dell’uomo e la sua calibrata interazione con i suoi assistenti, una volta definita la situazione la storia si inabissa nella profondità di una fase mediana in cui le parole perdono di centralità e sono le immagini a farla da padrone in lunghe sequenze onirico-erotiche caratterizzate da efficaci giochi di colori e supportate da musiche suggestive in un insieme capace di creare un’atmosfera significativamente morbosa e torrida.


La parte conclusiva è ricca di sangue e violenza in un crescendo di buona spettacolarità che mantiene le connotazioni tipiche del cinema di Lepori e incorpora, tra mostri tentacolati e oscure e sfuggenti presenze, il più tipico immaginario lovecraftiano che risulta quindi ben richiamato e presente. Meno riuscite appaiono forse alcune svolte narrative un po’ forzate e sbrigative, meramente funzionali, con personaggi secondari appena abbozzati, ma nell’insieme il film tiene e intrattiene, rappresnetando un nuovo convincente capitolo nella crescita autoriale del regista. 


David Brandon, tra le sue molte qualità, è una figura iconica dell’horror italiano (Deliria, Le foto di Gioia e altri ancora sino al relativamente recente Neverlake) per cui la sua presenza è di per sé un valore aggiunto a livello di puro carisma. Ma è anche e soprattutto attore finissimo e di grande espressività: la sua efficace e sentita interpretazione dà alla figura del protagonista uno spessore e una credibilità notevoli di cui il film si avvantaggia sensibilmente. Un’intensa Simona Vannelli e un sofferto Pio Bisanti, attori ricorrenti nel cinema di Lepori, lo supportano con bravura e dedizione.
 

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