sabato 28 marzo 2020

Bob Dylan - Murder Most Foul



Ieri Bob Dylan, a otto anni di distanza dal suo ultimo album di materiale nuovo (Tempest), ha pubblicato una nuova canzone. Si intitola Murder Most Foul ed è un brano di potenza poetica epica della durata di quasi 17 minuti, il che dovrebbe stabilire un nuovo record in campo dylaniano. Ma la durata non significa nulla, naturalmente. La canzone prende spunto dall’assassinio di John Fitzgerald Kennedy e anche in questo Dylan mostra di non aver paura d’essere apparentemente fuori tempo. Così come in Tempest aveva rievocato il Titanic e John Lennon molti anni dopo, qui riprende un momento epocale, quello dell’assassinio avvenuto a Dallas nel 1963, per poi andare un po’ ovunque in una canzone che sembra una summa emozioni ale di una generazione, di più generazioni. Non è una canzone consolatoria. Tutt’altro. Però nel ricordarci cosa siamo e cosa siamo stati ci può aiutare, in questi tempi di assedio da parte di un nemico invisibile, a venire a patti con quanto sta accadendo e a riflettere sulla natura umana. È una canzone straordinaria che dimostra una volta di più l’unicità di Bob Dylan. Nessun altro avrebbe potuto scrivere una canzone come questa. E nessun altro avrebbe potuto interpretarla come lui, con una voce capace di sfumature delicate e ricca di un’incomparabile espressività. Il testo è una miniera di intuizioni, suggestioni e saggezza e fornisce un accompagnamento amaro e disilluso, ma non rassegnato, alla vita di ognuno di noi, nella consapevolezza che sta a noi, al nostro comportamento, trovare la strada per una salvezza morale. "I hate to tell ya, mister, but only dead men are free".


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